“Stare vicino a don Giacomo Panizza e agli operatori di ‘Progetto Sud’ è un dovere morale oltre una battaglia di legalità. Questo straordinario e coraggioso sacerdote non può essere lasciato solo: tutta la comunità deve dimostrargli la propria solidarietà come ringraziamento concreto per la scelta che ha fatto. Per quel cammino partito da lontano e radicato in questa regione così bisognosa di fatti ed esempi luminosi, come lo sono gli occhi e il sorriso di don Giacomo”.
E’ quanto affermano i rappresentanti delle associazioni, dei sindacati e dei club service di Catanzaro e Lamezia che ieri pomeriggio hanno fatto visita a don Giacomo Panizza nella sede di Progetto Sud, una della costellazione di strutture che danno vita a gruppo di strutture e di reti che favorisce la diffusione dell'occupazione e di politiche di inclusione e integrazione tra soggetti differenti, dopo l’ennesimo attentato dei giorni scorsi: le gomme dei mezzi degli operatori, infatti, sono state tagliate da ignoti creando difficoltà alla attività solidale condotta quotidianamente.
A portare la propria solidarietà e vicinanza il presidente di Confcommercio Area Centrale Pietro Falbo e Giuseppe Cotroneo di Confcommercio Lamezia; Maria Marino in rappresentanza del Centro Studi Politico-sociali “Don Francesco Caporale”; il segretario nazionale del Sindacato di Polizia FSP, Giuseppe Brugnano; Anna Maria Aiello dei Lions Host Lamezia; Elena Grimaldi per il Rotary Catanzaro, e la consigliera comunale di Catanzaro, Raffaella Sestito. “La lotta alla criminalità si attua con l'impegno quotidiano e la presenza. E’ per questo che abbiamo deciso di testimoniare la nostra vicinanza e la nostra solidarietà per le tante intimidazioni subite da don Giacomo e Progetto, per ricordargli che noi ci siamo: vogliamo sostenerlo affinché prosegua il suo cammino che mette al centro la dignità della persona – affermano i rappresentanti delle associazioni e dei sindacati presenti - . L’operato di don Giacomo nel territorio si contrappone alla violenza e alla sopraffazione delle cosche della criminalità. Per questo bisogna mettere in piedi una rete di resistenza civile per rispondere alle preoccupazioni di chi vorrebbe solo lavorare per il bene della comunità, e invece si muove nel disagio e vorrebbe solo essere lasciato in pace, come ci ha ripetuto don Giacomo. L’invito che rivolgiamo prima di tutto alla cittadinanza è a stare vicino a don Giacomo: rappresenta un modello di crescita sul territorio che fa la differenza, è quello di cui abbiamo bisogno per sperare in un futuro migliore”.
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