di FRANCESCO DI LIETO
A chi può dar fastidio una simbolica forma di sostegno all’opera che forze dell’ordine e magistratura stanno portando avanti per contrastare la criminalità? A chi può dar fastidio che semplici cittadini sentano il bisogno di dar voce alla segreta speranza di poter diradare quella cappa, opprimente e liberticida, che soffoca la nostra regione? Non si tratta di essere animati da un bieco giustizialismo o, peggio, da uno squallido bisogno di manifestare soddisfazione per aver udito il tintinnio delle manette.Perché, francamente, delle responsabilità penali non importa granché. Non servono le sentenze perché, siamo sinceri, conosciamo bene il marcio che impera in Calabria.
A Catanzaro abbiamo avuto Luigi De Magistris che, piaccia o meno, aveva provato a ficcare il naso nelle segrete stanze. Sappiamo tutti com’è finita, così come sappiamo che il marcio c’era e c’è ancora. E per questo non abbiamo bisogno di processi o di sentenze di condanna.
Lo sappiamo perché viviamo in una regione in cui il diritto viene confuso con il favore, dove ci si raccomanda anche per un buon voto a scuola o per il rilascio di una carta d’identità, dove i concorsi pubblici sono una drammatica farsa… Perché viviamo - anche se sono sempre di più quelli che scappano - nella regione che tutti gli indicatori sociali concordano nel relegare all’ultimo posto d’Europa; nella regione dove la Pubblica Amministrazione funziona peggio. O, meglio, funziona solo per chi tiene santi in paradiso.
Suvvia non facciamo gli ipocriti. Sappiamo i nomi di tutti i responsabili di questo disastro e sappiamo finanche i fatti di cui si sono resi colpevoli.
Lo sappiamo perché quei “fatti” li abbiamo subiti; li hanno subiti i tanti ragazzi che abbiamo - grazie anche al nostro colpevole silenzio - costretto ad andar via, quelli che abbiamo spinto su di un treno per aver loro rubato il futuro. Così come sappiamo che la “politica” è totalmente incapace di far pulizia, trincerandosi dietro un pilatesco principio di innocenza. Come se non esistesse l’etica, la morale. Per cui questi “farabutti” continueranno a mangiarsi ciò che resta della Calabria fino alla Cassazione…se non arriva prima la prescrizione. Per questo non ci interessano i processi. Un Calabrese di cui andar fieri scriveva, “la disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”.
Ecco perché la richiesta di visibilità mediatica, invocata dal Procuratore di Catanzaro, “serve” a ridare speranza ai tanti, troppi, calabresi umiliati, assopiti, rassegnati. Ci sono momenti in cui non si può stare con le mani incrociate ed il 18 gennaio è uno di questi.
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