Nonno Rocco compie 100 anni: la storia della sua vita di uomo e soldato patrimonio di Amaroni

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images Nonno Rocco compie 100 anni: la storia della sua vita di uomo e soldato patrimonio di Amaroni

  02 agosto 2024 12:00

La storia di nonno Rocco, che ha appena spento 100 candeline, unisce e appassiona un'intera comunità: quella di Amaroni, piccolo centro del Catanzarese. Marito esemplare della sua Caterina, è stato soldato e prigioniero, e ancora oggi racconta aneddoti di quella prigionia a Vienna e Norimberga, che ha inevitabilmente segnato la sua vita di uomo e militare. 

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Rocco Foderaro nasce ad Amaroni l’1/08/1924. La sua infanzia e adolescenza è stata serena coi genitori Salvatore e Barbara, ma difficile allo stesso tempo, per via delle difficoltà economiche che si avvertivano nel paese, dove ciascuno viveva in semplicità, dei prodotti della terra che riusciva a coltivare.

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All’età di 20 anni fu promesso sposo di Caterina Giampà, ma a distanza di pochissimi mesi dall’impegno di matrimonio, fu arruolato militare e dovette partire.

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I due promessi dovettero dirsi addio, con in cuore la speranza di potersi un giorno ricongiungere per costruire insieme una famiglia. Il ricordo dei luoghi che ha vissuto e degli aneddoti belli e brutti di questa grande esperienza, sono ancora vivi nella memoria di nonno Rocco, che ancora oggi non si stanca di raccontare a nipoti e pronipoti i tanti episodi in cui è stato protagonista.

Il viaggio verso la caserma assegnata di Bolzano è stato duro per nonno Rocco, che mai prima di allora aveva lasciato il suo caro paese; si sentiva disorientato e sopraffatto dalle emozioni, ma mai la paura lo ha reso insicuro o esitante.

In quel momento aveva un unico obiettivo: quello di adempiere egregiamente il suo dovere di soldato che lo impegnava alla fedeltà nei confronti del proprio paese contribuendo in prima persona alla difesa dell’integrità della Nazione e alla tutela dei suoi interessi. Ha avvertito forte la responsabilità di un mandato il cui obiettivo ultimo era la tutela della libertà di ogni individuo e dei propri cari, che tanto bramava di riabbracciare.

Nonno Rocco ha sempre avuto uno spirito positivo, sempre fiducioso di far rientro presto presso il paese tanto amato: Amaroni. Nel viaggio si faceva forza, ricordando quanti erano a casa, riaffioravano i ricordi della sua infanzia serena, dell’amore e l’affetto dei propri cari…

Giunto a Bolzano vi rimase per 10 mesi, poi prigioniero a Vienna e Norimberga.

 

Aneddoti della prigionia:

..”Giunto a Bolzano, una sera mentre passeggiavo coi miei commilitoni nel cortile della caserma, è ha accaduto qualcosa di insolito: c’erano “i cucinieddi” (i cuochi) che buttavano pentole e coltelli in mezzo alla strada, festeggiavano dicendo entusiasti che la guerra era finita ,e che era arrivato il tanto atteso Armistizio. Giunto il Sergente disse: ragazzi non abbiate paura sta arrivando l’armistizio. Tutti felici per la notizia appresa festeggiammo sino a notte tarda, ma dopo esserci ritirati nelle nostre camerate, un colpo di cannone si scagliò sulla Caserma, e causò diversi morti e feriti. Anche questa volta mi salvai, tutti ci guardavano sbigottiti poiché non comprendevano cosa stesse accadendo”.

L’8 settembre del 1943 attraverso i microfoni di Radio Algeri, gli italiani appresero dal generale Eisenhower l’annuncio dell’armistizio, firmato cinque giorni prima a Cassibile.: - Il governo italiano si è arreso incondizionatamente a queste forze armate. Le ostilità tra le forze armate delle Nazioni Unite e quelle dell’Italia cessino all’istante! Tutti gli italiani che ci aiuteranno a cacciare il tedesco aggressore dal suolo italiano avranno l’assistenza e l’appoggio delle nazioni alleate. “Noi non sapevamo che i tedeschi ora erano contro di noi e allora quella cannonata è stato per noi un atto vile e sleale.

La mattina dopo ritornò il sergente e disse: Siamo tutti prigionieri dei tedeschi, se faremo qualche passo falso moriremo tutti - e ci disse di uscire uno per uno, disfacendoci delle armi davanti la porta e nel cortile. Se lo avessimo appurato prima, saremmo scappati tutti e ci saremmo nascosti “lirtu”, sopra la montagna. Oppure, insieme ci saremmo organizzati per radunarci insieme e per difenderci al meglio. Ma non sapevamo nulla”.

Il giorno dopo quel bombardamento l'Italia firmò l'armistizio con gli anglo-americani, che resterà segreto fino al fatidico 8 settembre. L'armistizio segna uno spartiacque nella storia dell'Italia: finisce l'alleanza con la Germania nazista e contestualmente iniziano gli ultimi sedici mesi di guerra, mesi difficili, di stragi, di bombardamenti e di rappresaglie, che portarono al 25 aprile del 1945, alla liberazione dell'Italia, alla fine del fascismo e della guerra. Gli italiani erano allo sbando erano esasperati e già provati dalla guerra.

“Il principale obiettivo dei tedeschi con quell’assalto, era di danneggiare le infrastrutture belliche. Per l’intero paese cominciò un periodo doloroso. Ormai da mesi in Italia spadroneggiavano le truppe tedesche, in tensione crescente con quelle italiane, sempre più disorientate”.

 

Altro aneddoto:

“Un giorno, ci fecero mettere in riga all’esterno del cortile ormai di prigionia tedesca. Ci mitragliarono tutti ed io riuscì a scappare…ero arrabbiato. Non dovevano farci questo. Noi avevamo lottato al loro fianco.

… Un altro giorno, ci portarono al fiume e ci lasciarono lì per due o tre giorni senza mangiare. La gente della zona, ci offriva mele che ci lanciava come fossimo maiali all’interno di un porcile.

Poi ci fecero salire su un treno, dicendo che saremmo rientrati a casa, invece, le nostre speranze sono state vane. Siamo stati tutti dirottati a Vienna a lavorare in una fabbrica che produceva aerei da guerra e la mia nuova prigionia durò per almeno 10 mesi. Dopo fui trasferito a Norimberga dove fui prigioniero per 14 mesi fino al fatidico 25 aprile del 1945.

“…A Norimberga, in una notte fredda suonò l’allarme, poiché avevano bombardato la polveriera che si trovava in quella zona di montagna. Così per proteggerci dai bombardamenti, ci introducemmo ai piedi del bosco all’interno delle trincee che erano piene di acqua gelida. Ma noi, cercavamo di non pensarci e affrontavamo quel momento difficile cantando: “ l’acqua nelle scarpe fa ciccià domani esce il sole e asciugherà….”

 

Altro aneddoto:

“Una bella mattina i tedeschi che ci tenevano prigionieri, scapparono. Noi avevamo tanta fame e quindi prendemmo un sacco di farina, prendemmo delle pentole e cucinammo farina e patate (una specie di purè) che mangiammo a sazietà. Eravamo sfiniti e sazi, e ci addormentammo a terra. Il giorno successivo, ci mettemmo in cammino… con in mano una bandiera bianca ci avvicinammo ai carri armati che sfoggiavano i colori dell’America. Siamo arrivati vicino a loro, e ci siamo accorti che erano tutti stremati, ma in festa… Gli americani gettarono ai nostri piedi, cioccolate e sigarette… mentre mangiavamo e cantavamo allegramente, tuonò da sopra la montagna un colpo di cannone. L’ufficiale disse di metterci a riparo….. e immediatamente gli americani bombardarono tutta la montagna facendo piazza pulita” …

“Arrivammo a Roma dove ci fecero mangiare in un baraccone. Avevo tanta voglia di rivedere un mio paesano calabrese, ma erano tutti soldati del nord Italia. Avevo tanta voglia di rivedere la mia famiglia…dopo pochi giorni ripresi il treno per giungere alla stazione di Squillace.  Il mio pensiero allora, era quello di rivedere la mia famiglia, convinto che ormai quella promessa di matrimonio era stata persa. Invece con mia grande sorpresa, trovai ad attendermi Caterina… che sperava anch’ella di rivedermi e che mai aveva perso la speranza”.

Caterina era una donna con una grande forza d’animo, una grande lavoratrice della terra……., sempre fedele a quella promessa di matrimonio, lo attese senza mai vacillare, convinta che avrebbe coronato il suo sogno di matrimonio.

Il 20 agosto 1946 Rocco sposò Caterina Giampà, e concepirà 5 figli Barbara, Natalina, Salvatore, Francesca e Giuseppe. Il ricordo di nonno Rocco, dei figli e nipoti della nonna Caterina è sempre acceso, perché lei era una di quelle donne che hanno lasciato un segno indelebile. La sua tenacia la sua forza e determinazione, è stato esempio per quanti l’hanno conosciuta ed hanno avuto la fortuna di starle accanto. La nonna Caterina amava la famiglia, ed ogni momento era buono per festeggiare e organizzare grandi tavolate in cui riunire tutta la famiglia. Nonno Rocco ancora oggi dice di lei essere il perno dell’intera famiglia, che alla sua morte, lasciò un grande vuoto difficile da colmare.

Nonno Rocco si è sempre dedicato al suo rientro alla coltivazione delle terre ed all’allevamento del bestiame, sempre a fianco a sua moglie Caterina ed ai propri figli. Un uomo che con la sua estrema semplicità e bontà d’animo si è sempre circondato di amici coi quali trascorre pomeriggi in piazza e al bar di Amaroni…

 

 

 

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