Conte aveva detto in tivù che nella prossima riunione del Consiglio dei ministri si sarebbe dovuta "chiudere la partita" della nomina del nuovo commissario della Sanità calabrese. Così non è stato. L'ennesimo pasticcio del governo giallorosso sull'incarico, in questo momento, meno ambito d'Italia si è consumato nella tarda serata di ieri. Si entra a Palazzo Chigi con il manager laziale Narciso Mostarda ad un passo dalla formalizzazione, in mezzo spunta il prefetto con qualche anno in Calabria Luigi Varratta e si chiude con un nulla di fatto. Il primo in quota Pd, l'altro più gradito al Movimento Cinque Stelle. La quadra non si trova. A nulla serve la sospensione della seduta, alla ripresa manca ancora l'accordo e così la Calabria resta senza commissario. Con lo stallo su due nomi, di solito in politica ne spunta un terzo di superamento. E forse così sarà. Addirittura viene ventilata l'ipotesi di bussare alla porta del coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo. Ma sembra più che altro una suggestione.
E se qualche giorno fa il ministro della Salute Roberto Speranza aveva definito la vicenda "incredibile", adesso si arriva al limite del grottesco. Saverio Cotticelli si è dimesso lo scorso 7 novembre dopo il 'suicidio televisivo' sul programma operativo Covid. Quella serata la ricorderà bene anche il suo successore Giuseppe Zuccatelli perché giusto il tempo di ricevere i messaggi di complimenti per la nomina che nel giro di poche ore si trova in rete il famoso video sulla non utilità della mascherina che gli costerà il posto. Dopo aver resistito per oltre una settimana e senza mai ufficialmente insediarsi, è lo stesso ministro a chiedergli un passo indietro e lui accetta di farlo il 16 novembre. Quel lunedì il governo decide di affidare le chiavi della sanità calabrese all'ex rettore de La Sapienza Eugenio Gaudio. Nemmeno il tempo dell'annuncio che già viene rispolverata l'indagine che lo vede coinvolto all'università di Catania. Il giorno dopo andrà peggio perché per giustificare la mancata accettazione dell'incarico accampa la scusa della moglie che non vuole trasferirsi a Catanzaro. Le figuracce diventano troppe, così l'esecutivo si prende una pausa di riflessione più lunga. Circolano dei nomi, fra cui l'ex commissario di Roma Francesco Paolo Tronca e Federico Maurizio D'Andrea che lentamente si appassiscono dopo i rifiuti. Fino a ieri sera.
Nessun grande manager vuole venire in Calabria. Questo è un dato assodato. Gli ultimi nomi circolati sono seconde scelte o prefetti che, da servitori dello Stato, dicono 'no' più difficilmente. Non esattamente la migliore condizione per affrontare la 'missione impossibile' di risollevare la sanità regionale.
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