di TERESA ALOI
La storia di Carlo (nome di fantasia per tutelare la privacy) è una di quelle storie che nel Terzo Millennio non dovrebbero essere raccontare o meglio non dovrebbero essere più denunciate. Eppure la disabilità, le barriere architettoniche, le leggi, le normative ancora oggi fanno a pugni con la sensibilità, la cortesia.
Carlo ha 20 anni, è diversamente abile - difficoltà motorie - ed è seguito fin dalla nascita in centri altamente qualificati al Nord. Periodicamente affronta cure e spese in quella parte d'Italia lontana dalla sua Calabria. Viaggia spesso in aereo e "su parecchi scali nazionali dove la cortesia, la sensibilità e la disponibilità nei confronti di tali soggetti vengono messi al primo posto", racconta il suo papà. Nessuna notizia. Così è e dovrebbe essere sempre e ovunque, anche nella parte più sperduta del Mondo.
Eppure all'aeroporto internazionale di Lamezia Terme sembra non sia così. "Il 19 maggio scorso - racconta il papà di Carlo - atterro, in serata, a Lamezia con un volo proveniente da Milano Malpensa insieme a mia moglie e al ragazzo. A Lamezia c'è un vero e proprio nubifragio e così preferisco fare aspettare il ragazzo e la madre all'interno dell'aeroporto e mi avvio a ritirare l'auto lasciata giorni prima al momento della partenza nel parcheggio custodito antistante lo scalo. Mi presento al dipendente di turno e porgo il tesserino pass disabile, il documento del ragazzo e la ricevuta del biglietto aereo che attesta che lo stesso era sul volo appena atterrato per l'esenzione del pagamento come normativa vigente".
Qui, i primi problemi. "La persona che in quel momento deve effettuare l'esenzione mi dice con aria alquanto infastidita che per farlo deve essere presente il disabile. Spiego che considerato l'acquazzone ho preferito lasciarlo ad aspettare in aeroporto e gli faccio notare che il biglietto aereo attesta la sua presenza, ma lui, imperterrito nella sua decisione, mi costringe a portare il ragazzo a piedi e sotto la pioggia davanti lo sportello. Da notare che il giorno dopo becca la febbre, giusto per dovere di cronaca. Resto allibito da tale comportamento che rasenta l'inverosimile ma, avendo fretta in quanto ho già perso mezz'ora per ritirare l'auto e vista la stanchezza del ragazzo, dopo una settimana di visite ed esami torno a casa demoralizzato".
Disavventura? No, per nulla. Due giorni dopo, al rientro da Bologna, la storia più o meno si ripete. "Sabato 17 giugno - spiega ancora il papà di Carlo - vado a ritirare l'auto come al solito. Questa volta il tempo è buono e il dipendente non è lo stesso. Eppure... Prima di ogni cosa non è presente nell'apposito ufficio, quindi lo chiamo come da suggerimento e arriva subito, porgo il biglietto del ragazzo, il documento e il pass disabili. La persona che ho difronte mi chiede se il ragazzo è con me, con aria infastidita. Poi controlla i documenti, ma non gli vanno bene e mi domanda se ho esposto il pass sull'auto durante la permanenza. Rispondo che negli stalli con linea bianca non devo assolutamente esporre nulla, ma solo in quelli con linea gialla, ma lui dice che non è vero facendo capire che non è in grado di fare quel lavoro perché non conosce la normativa. Andiamo avanti con molta calma come se io tornassi da una crociera e mi spiega che l'auto con il pass deve essere parcheggiata all'esterno dell'aeroporto negli stalli appositi e non dentro. Altra cosa inesatta. Gli spiego che non è così e che ho fretta perché il ragazzo deve fare la terapia farmacologica a casa ad una certa ora, ma lui resta indifferente e anzi mi dice che devo ringraziarlo che si trovava li perché a suo dire il suo lavoro può gestirlo da casa. Qui perdo la pazienza, prendo i documenti e vado a casa".
Con infinita amarezza "perché queste persone lavorano non conoscendo le normative, non hanno l'educazione, la sensibilità che in questi casi li dovrebbe contraddistinguere, parlano in dialetto e pensano che noi avendo questa agevolazione siamo dei privilegiati. Il pass disabili non è un onore al merito o una medaglia al valore, è un attestazione di invalidità a volte grave che non lascia adito a nessuno di metterla in discussione".
Certo, così è e così deve essere. Anche nell'angolo più sperduto del mondo.
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