Omaggio a Giorgio Napolitano di Sabatino Nicola Ventura                   

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Sabatino Nicola Ventura
  25 settembre 2023 15:45

di SABATINO NICOLA VENTURA

Con Giorgio Napolitano va via, l’ultimo, considerando la veneranda età, 98, non ce ne sono ancora altri in vita, della generazione dei dirigenti comunisti che condivisero, sposarono la linea politica di Togliatti, quella della così detta “Svolta di Salerno”: Napolitano ne fu uno dei più capaci interpreti. Con la svolta di Salerno il Partito Comunista Italiano avviò il lungo percorso di sganciamento dal leninismo, per approdare ad un’originale scelta ideale e politica, assieme ai comunisti francesi e spagnoli, che assunse il nome di Eurocomunismo. Una scelta socialista ma più radicale, nell’ambito del pensiero tradizionale del socialismo europeo. A promozione di tale decisione, ma per proiettarla più chiaramente verso il pensiero socialista, Napolitano, assieme, per fare alcuni nomi, ad Amendola, Chiaromonte, Iotti, Macaluso, Paietta e tant’altri ancora diede vita all’interno del PCI a un’area politica che fu denominata Migliorista.  Un’ area riformista un po' più avanzata rispetto alle posizioni, ad esempio, di Berlinguer, che in ogni caso è stato il maggiore protagonista, con la prudenza dovuta a un Segretario Nazionale, delle scelte di innovazione e rottura del PCI con il comunismo sovietico. La volontà di realizzare, in un dialogo/accordo (Compromesso Storico) un rapporto costruttivo e sinergico con la Democrazia Cristiana di Aldo Moro, ne sono la prova. Napolitano lavorò per coinvolgere, in privilegiata alleanza nel progetto “storico”, i socialisti. Uno degli argomenti sostanziale di Napolitano e dei miglioristi, a sostegno delle loro tesi, fu l’ossequio alla Costituzione: i valori espressi dalla Carta Costituzionale italiana, la più avanzata del mondo, non avrebbero potuto pienamente realizzarsi senza l’unità delle forze politiche e culturali che ne diedero vita. Un compromesso storico senza, anzi per primo, un’azione combinata con i socialisti, sarebbe stato “innaturale”.

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Napolitano fece della Costituzione la Bussola di orientamento per ogni scelta democratica, politica e sociale. Aggiunse anche un’altra scelta di fondo: l’Europa. La necessità di perseguire l’unità politica dell’Europa, partendo dai principi stabiliti dal manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, fu la Sua seconda bussola.

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Napolitano è stato un politico di prim’ordine, un uomo di grande cultura, e un sensibile cultore dell’arte e del teatro. Fu uomo importante della sinistra italiana ed europea. Scelse il Partito Comunista Italiano, intendo rimarcare italiano, per ricordare il totale impegno di quel partito a difesa della democrazia e dei grandi valori di eguaglianza sanciti nella Costituzione antifascista.

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Ho avuto l’onore di comunista, negli anni sessanta/settanta di conoscere ed apprezzare le alte qualità dell’uomo di sinistra quale fu Giorgio Napolitano. Ho anche molto stimato la grande autorevolezza dell’uomo dell’istituzioni, Presidente della Camera e poi della Repubblica.

 Con Napolitano va via, per come da tutti riconosciuto, un grande italiano ed europeo, un importante patriota legato ai valori delle Resistenza. 

Riporto il testo tratto dal discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla “Biennale democrazia” di Torino nel 2009.  Ritengo molto utile la lettura, soprattutto ai giovani. Invito, anche alla lettura dei suoi libri, in particolare “dal PCI al socialismo europeo”; I discorsi; Europa politica e passione; Una e indivisibile.

La carta non è un residuo bellico

“Avevo appena compiuto diciott’anni quando il 25 aprile del 1943 fui, come tutti gli italiani, raggiunto via radio a tarda sera dalla fulminante, imprevedibile notizia della caduta di Mussolini…Al fondo vi era naturalmente una crisi profonda via via maturata nel rapporto tra il Paese e il fascismo, a cominciare dal suo capo, per effetto dell’andamento disastroso della guerra da lui irresponsabilmente voluta, e del peso sempre più insopportabile delle sofferenze inflitte alla popolazione…Fu dunque da una realtà disperante che si dovè partire per rifondare la democrazia in Italia…L’acquisizione degli ideali e dei principi democratici non fu né immediata né incontrastata…Ma non c’è dubbio che si mise in moto un processo irresistibile, dall’alto e dal basso, di riedificazione democratica. Coronamento di tale processo fu l’elaborazione – in un clima di straordinario fervore intellettuale e politico, attraverso il confronto e l’avvicinamento tra le diverse forze politiche e correnti culturali accumunate dall’antifascismo – della Costituzione repubblicana…

 La Costituzione repubblicana non è una specie di residuato bellico, come da qualche parte si vorrebbe talvolta far intendere… Essa seppe dare fondamenta solide e prospettive di lunga durata al nuovo edificio dell’Italia democratica. Quelle fondamenta poggiavano sui valori maturati nell’opposizione al fascismo, nella Resistenza, in nuove elaborazioni di pensiero e programmatiche… I valori dell’antifascismo e della Resistenza non restarono mai chiusi in una semplice logica di rifiuto e di contrasto, sprigionarono sempre impulsi positivi e propositivi, e poterono perciò tradursi, con la Costituzione, in principi e in diritti condivisibili anche da quanti fossero rimasti estranei all’antifascismo e alla resistenza. Perciò il 25 aprile non è festa di una parte sola…

 La Costituzione non è una semplice carta dei valori… Non solo non fu mai intesa come un manifesto ideologico o politico di parte… È legge fondamentale, è legge suprema, la Costituzione, anche e innanzitutto nel segnare i limiti entro cui può svolgersi ogni potere costituito… Si rifletta, a questo proposito, sul primo articolo della nostra carta Costituzionale, là dove recita: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Una volta cioè che il potere costituente espresso dal popolo sovrano con l’elezione di una assemblea investita di quel mandato si sia compiuto, ogni ulteriore espressione della sovranità popolare, ogni potere delle istituzioni rappresentative, il potere legislativo ordinario come il potere esecutivo, riconosce la supremazia della Costituzione, rispetta i limiti che essa gli pone… Limiti che non possono essere ignorati nemmeno in forza dell’investitura popolare, diretta o indiretta, di chi governa.

 Rispettare la Costituzione è dunque espressione altamente impegnativa… Rispettarla significa anche riconoscere il ruolo fondamentale del controllo di costituzionalità e dunque l’autorità delle istituzioni di garanzia. Queste non dovrebbero mai formare oggetto di attacchi politici e giudizi sprezzanti, al di là dell’espressione di responsabili riserve su loro specifiche decisioni. Tutte le istituzioni di controllo e di garanzia non possono essere viste come elementi frenanti dal processo decisionale, ma come presidio legittimo di quella dialettica istituzionale che in definitiva assicura trasparenza, correttezza, tutela dei diritti dei cittadini.

 Questo richiamo ad essenziali caratteristiche della democrazia costituzionale non ha nulla a che vedere con una visione statica della nostra Carta, con una sua celebrazione fine a se stessa o con l’affermazione della sua intoccabilità…Spetta ancora una volta al Parlamento pronunciarsi sulla possibilità di procedere in questa direzione, sugli obiettivi da perseguire, sul grado di consenso a cui tendere. Pur non potendo esprimere indicazioni di merito, ritengo che sia mia responsabilità esortare le forze presenti in Parlamento a uno sforzo di realismo e di saggezza per avviare il confronto su essenziali proposte di riforma della seconda parte della Costituzione, sulle quali sia possibile giungere alla più ampia condivisione. Lo spirito dovrebbe essere quello, come si è detto, di una rinnovata “stagione costituente” …

 Da decenni ormai si è aperto il dibattito generale sulla governabilità della società democratica…Nell’affrontare a suo tempo questo tema cruciale, Norberto Bobbio osservò che mentre all’inizio della contesa sul rapporto tra liberalismo e democrazia “il bersaglio principale era stato la tirannia della maggioranza”, esso stava finendo per assumere un segno opposto, “non l’eccesso ma il difetto di potere”. E Bobbio aggiunse, pur senza eludere il problema: “la denuncia della ingovernabilità tende a suggerire soluzioni unitarie”. Un monito, quest’ultimo, che non si dovrebbe dimenticare mai. E dal quale va ricavata l’esigenza di tenere sempre ben ferma la validità e irrinunciabilità delle “principali istituzioni del liberalismo” – concepite in antitesi a ogni dispotismo – tra le quali, nella classica definizione dello stesso Bobbio, “la garanzia di diritti di libertà (in primis libertà di pensiero e di stampa), la divisione dei poteri, la pluralità dei partiti, la tutela delle minoranze politiche”. E sempre Bobbio metteva egualmente l’accento sulla rappresentatività del Parlamento, sull’indipendenza della magistratura, sul principio di legalità.

 Tutto ciò non costituisce un bagaglio obsoleto, sacrificabile – esplicitamente o di fatto – sull’altare della governabilità, in funzione di “decisioni rapide, perentorie e definitive” da parte dei poteri pubblici. Ho evocato – ed è certo tra gli istituti non sacrificabili – la distinzione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario); e mi sarà permesso di richiamare anche il riconoscimento del capo dello Stato come “potere neutro” …

 Ho egualmente menzionato come essenziale la rappresentatività del Parlamento: a proposito della quale penso si possa dire che essa non viene fatalmente incrinata da regole vigenti in diversi paesi democratici, finalizzata ad evitare un’eccessiva frammentazione politica, ma rischia di risultare seriamente indebolita in assenza di valide procedure di formazione delle candidature e di meccanismi atti ad ancorare gli eletti al rapporto col territorio e con gli elettori.

 In definitiva, non si può ricorrere a semplificazioni di sistema e a restrizioni di diritti in nome del dovere di governare…Non c’è, sul piano democratico, alternativa al confrontarsi, al combinare ascolto, mediazione e decisioni, al giungere alla sintesi con la necessaria tempestività ma senza sacrificare i diritti e l’apporto della rappresentanza…

 Sappiamo quali orizzonti nuovi la Costituzione abbia aperto per il nostro paese: orizzonti di libertà e di eguaglianza, di modernizzazione e di solidarietà. La condizione per coltivare queste potenzialità, in termini rispondenti ai bisogni e alle istanze che maturano nel corpo sociale, nella, nella comunità nazionale – la condizione per rafforzare così le basi della democrazia e il consenso da cui essa può trarre sicurezza e slancio – è in un impegno che attraversi la società, che si faccia sentire e pesi in quanto espressione della consapevolezza e della volontà di molti, uomini e donne di ogni generazione e di ogni ceto”.

                            

 

          

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