Omicidio Mangone a Zagarise, chiuse le indagini senza colpevoli: la famiglia si rivolge alla Corte Europea

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images Omicidio Mangone a Zagarise, chiuse le indagini senza colpevoli: la famiglia si rivolge alla Corte Europea

  17 maggio 2025 10:07

La vedova e la figlia di Giuseppe Mangone, brutalmente assassinato nel 2013 in Calabria, nel catanzarese   hanno presentato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) per denunciare le gravi carenze investigative e la decisione delle autorità italiane di chiudere definitivamente il caso senza aver identificato i responsabili.

L’uomo è stato colpito mortalmente con un’arma bianca – verosimilmente una mannaia, un’ascia o una scure – mentre si trovava in un podere di sua proprietà. L’attacco è avvenuto di sorpresa, alle spalle, senza segni di colluttazione.

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Con il ricorso alla Corte europea, presentato dalla figlia e dalla vedova con l’assistenza dell’avv. Gianluca Piemonte, esperto in ricorsi internazionali, la famiglia della vittima chiede che venga riconosciuta la responsabilità dello Stato italiano per non aver condotto un’indagine adeguata su un omicidio irrisolto, lasciando impuniti i responsabili.

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Tra le principali lacune investigative segnalate nel ricorso alla Corte europea: Lo smarrimento  inspiegabile di tutti gli  indumenti della vittima, corpo di reato, sequestrati ma mai analizzati, che avrebbero potuto fornire tracce biologiche fondamentali per risalire agli autori dell’omicidio; Indagini condotte in modo frammentario e superficiale, senza un esame approfondito degli elementi di prova raccolti; Dichiarazioni contrastanti mai verificate, nonostante alcune testimonianze contenessero incongruenze e contraddizioni  evidenti; Strumenti compatibili con l’arma del delitto sequestrati ma analizzati solo parzialmente, senza accertamenti specifici  .sul loro effettivo utilizzo; Ritardi inspiegabili e mancata esecuzione degli accertamenti richiesti dal GIP, che in più occasioni aveva rigettato le richieste di archiviazione sollecitando ulteriori indagini.

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“Dopo anni di attesa e tre richieste di archiviazione, la giustizia italiana ha voltato le spalle a questa famiglia. Nonostante prove mancanti, dichiarazioni contraddittorie e una vittima uccisa brutalmente, si è deciso di chiudere il caso senza ulteriori approfondimenti. Ora ci rivolgiamo alla Corte di Strasburgo per denunciare queste gravi lacune” – ha dichiarato l’avv. Gianluca Piemonte, legale delle ricorrenti.

La famiglia chiede quindi alla Corte EDU di riconoscere le gravi violazioni commesse dalle autorità italiane e di sollecitare un intervento affinché il caso non venga definitivamente dimenticato.

  Giuseppe Mangone : un uomo perbene che aspetta giustizia

 “Mio padre era un uomo perbene, una persona stimata  da tutti - ha dichiarato la figlia Isabella - . La sua vita è stata sempre  improntata nel rispetto assoluto della giustizia e  delle regole. Mai una sbavatura , nessuna macchia,  nemmeno una multa per violazione del codice della strada, ma abbiamo avuto la chiara percezione, in tutti questi anni, che per la giustizia italiana era solo un caso da archiviare fin da subito perché poteva togliere tempo ed energia per indagini più importanti.   In fondo si trattava solo di un uomo vecchio e di banali rapporti di vicinato. Ma quell’uomo vecchio era un padre, un nonno, un marito, un fratello, un amico.   E’ apparso subito evidente che per noi sarebbe stata una corsa in salita. Ma non possiamo   accettare che il caso sia stato archiviato solo perché chi di competenza non ha inteso in alcun modo indagare . La sensazione che abbiamo avuto nel corso di questi anni, è stata quella di essere una  fastidiosa incombenza da sbrigare velocemente senza perderci tempo ed energie.  Magari non si sarebbe potuto arrivare al responsabile (ma di questo non ne siamo affatto certi perché, se solo si fosse dato il giusto valore e approfondite le indagini da noi indicate, certamente   il colpevole sarebbe stato consegnato alla giustizia) ma almeno lo Stato avrebbe fatto sentire la sua presenza.  Invece ci siamo trovati davanti a muri di gomma, a sguardi seccati ed a tratti infastiditi della nostra presenza e della nostra ostinata perseveranza a pretendere giustizia, increduli nel leggere le motivazioni di volta in volta posti alla base di scarne e superficiali provvedimenti di richieste di archiviazione.  Non si può pensare di chiudere definitivamente in poche righe la vita di un uomo.   Dire che le indagini siano state lacunose è un eufemismo".

"Anche le attività di indagini da noi proposte e i numerosi mezzi di prova da noi allegati, non solo non sono stati riscontrati, ma  sono stati completamente ignorati.  Nelle nostre opposizioni ( Tre), abbiamo indicato ben 18 ulteriori nuove attività di indagine che  sono state  completamente  trascurate senza nemmeno sforzarsi di motivare . Certamente non siamo  le sole vittime di malagiustizia in Italia, perché di questo si tratta, ma sicuramente in uno Stato di diritto non si può accettare che vi sia una palese violazione dei diritti umani e che un caso di omicidio venga trattato come un reato minore, quasi bagattellare. Per questo abbiamo deciso di portare il nostro caso dinnanzi alla CEDU, perché è evidente la violazione dei diritti umanai. Non è possibile che la vita di un uomo per lo stato Italiano non valga nulla!  E’ profondamente doloroso per noi, inoltre, che le ultime cose appartenute in vita a mio padre, ( tutti gli indumenti che indossava e alcuni oggetti per noi  di elevato valore non economico, ma sentimentale,  come il suo orologio)  sequestrate dalla Procura,  siano andate smarriti per superficiale leggerezza e che nessuno rispondi di questo . Non possiamo accettare che si archivi affermando che sugli indumenti della vittima non si può più indagare perché non sono stati rinvenuti! Né possiamo sorvolare che nel decreto di archiviazione vi siano dei macroscopici errori ( non è stato indicato  con esattezza nemmeno  il luogo del delitto ). La nostra è una condanna a fine pena mai, acuita dal dolore di uno Stato lontano e assente che non tutela e non protegge e che per questo viola i diritti umani.".

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