di EDOARDO CORASANITI
Sono nove gli indagati che dopo 28 anni compongono il quadro dell'omicidio di Filippo Piccione, ucciso a Vibo Valentia, sotto casa, il 21 febbraio del 1993. La sera di carnevale, alle 20.15, i colpi di pistola di due uomini vestiti con le maschere arrivano al corpo di Piccione che muore dopo poco. Un caso irrisolto, senza colpevoli.
Ora la Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri accenda la luce anche sulle ragioni che avrebbero determinato il progetto omicidiario: vendicare la morte Leoluca Lo Bianco, assassinato un anno prima, il 1 febbraio 1992, in Contrada da Nasari a Vibo Valentia. Nomi, moventi, riunioni e ricostruzioni che portano alla famiglia Lo Bianco, a caccia di "giustizia" fai da te.
Ed ecco che compaiono i nomi di Salvatore Lo Bianco, 1972, detto "U gniccu" (fratello di Leoluca, ucciso nel 1992), Rosario Lo Bianco, 1969, detto Sarino, Michele Lo Bianco, 1949, detto "U Ciucciu", Domenico Lo Bianco, 1942, Leoluca Lo Bianco, 1959, detto "Luca" o "U Rozzu", Catania Filippo, 1951, Antonio Franzé, 1966, Paolino Lo Bianco, 1963, Vincenzo Barba, 1952, detto "u musichiere" .
Secondo l'accusa, il 21 febbraio del 1993 Salvatore Lo Bianco e Nicola Lo Bianco (cugino di Salvatore; ora deceduto) si sarebbero vestiti con maschere da carnevale ed avrebbero esploso i colpi di pistola a Piccione, che cade a pochi passi dall'abitazione. A fare da palo Antonio Grillo (deceduto) e Rosario Lo Bianco. In tutto questo c'è un filo conduttore: la criminalità organizzata, la 'Ndrangheta, che avrebbe dato il placet sul piano di vendetta e sull'omicidio avvenuto 28 anni fa. Ora gli inquirenti sembrano aver trovato il bandolo della matassa.
Da questo momento gli indagati hanno 20 giorni di tempo per poter consegnare documentazione contraria, chiedere interrogatorio o presentare una narrazione diversa dei fatti ai pubblici ministero. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Vincenzo Gennaro, Francesco Sabatino, Michelangelo Miceli, Antonietta De Nicolò Gigliotti.
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