E' stata chiamata in codice "Arangea" l'operazione dei Carabinieri di Reggio Calabria che hanno arrestato stamane 12 persone , di cui una ai domiciliari, con le accuse, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni ed armi.
Contestualmente agli arresti, il Gip ha disposto il sequestro preventivo di 3 società, tutte con sede a Reggio Calabria, due delle quali fittiziamente intestate a terzi, ma di fatto nella piena disponibilità degli indagati. I carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, con l’ausilio dello Squadrone Eliportato “Cacciatori” Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione alle misure. Le indagini, condotte dal Nucleo Investigativo del comando provinciale di Reggio Calabria sotto le direttive della Procura della Repubblica, eseguite sia con le classiche tecniche investigative, ma anche con i più moderni strumenti d’intercettazione hanno permesso di ricostruire dinamiche e assetti dell’articolazione di ndrangheta facente capo alla “locale” operante nel territorio del quartiere Arangea, ricostruendone l’imposizione del controllo del territorio ed un diffuso sistema estorsivo nonché la gestione occulta di diverse imprese economiche.
Allo stesso modo, sono state ricostruite le dinamiche riorganizzative interne attivatesi per colmare i vuoti di potere determinati dall’arresto di elementi di vertici avvenuti nel periodo dell’attività. Le fasi della riorganizzazione trovano perfetta aderenza con l’ordinamento della ‘ndrangheta già emerso nell’indagine Crimine, nella cui sentenza viene riportata la definizione di “locale” e “doti”, nonché l’esistenza anche del “banco nuovo”, termine con il quale i vertici dell’ndrangheta intendevano la riorganizzazione delle cariche all’interno del locale. Il dato avrebbe trovato riscontro quando l’arrestato Demetrio Palumbo intendeva operare tale riorganizzazione in seno al locale di Arangea coinvolgendo Sebastiano Praticò, già condannato in via definitiva proprio nel processo “Crimine” e riconosciuto partecipe della cosca operante nella zona sud di Reggio Calabria, che ricopriva una carica di livello provinciale quale rappresentante del mandamento di Reggio Calabria.
L’attività ha poi registrato il perseverare delle condotte da parte di indagati, già condannati in via definitiva per il reato di associazione mafiosa, dopo una lunga militanza in seno alla cosca, che avrebbero fatto "carriera" e, forte del carisma criminale, scalando la scala delle doti più elevate, avrebbero conquistato i vertici della compagine mafiosa e un rispetto da parte dei sodali e delle altre organizzazioni criminali che gli ha consentito di continuare ad operare, con ruolo apicale, nell’interesse del sodalizio.
Altri sodali, seppur con ruolo subordinato ,avrebbero manifestato una perseveranza partecipativa di pericolosa dedizione provate, secondo l'accusa, dal ripetersi di condotte delittuose e dai riferimenti alla convinta adesione alle regole di ndrangheta nonché alla necessità di controllo del territorio che si concretizza nell’esecuzione di vari episodi estorsivi finalizzati a garantire alla cosca il comando dell’area di competenza. La compagine criminale, che disponeva anche di armi illegalmente detenute, attraverso il modus operanti caratteristico delle associazioni di tipo mafioso, poneva in essere un controllo sistematico delle attività commerciale e dei cantieri edili con l’obiettivo di trarre ingiusti profitti per gli associati.
Le vicende registrate - sottolineano gli inquirenti - offrono uno spaccato della realtà reggina dove gli imprenditori sono perfettamente a conoscenza del fatto che, ancor prima di intraprendere un lavoro, devono darne preventiva comunicazione a quei personaggi che sono stati demandati dall’associazione a raccogliere le richieste e veicolarle a chi ha potere decisionale e può concedere l’autorizzazione, in cambio di dazioni di denaro, assunzione di manodopera e imposizione di forniture.
Sempre sotto il profilo del condizionamento delle attività economiche sarebbero emersi tentativi infiltrazioni nel settore della grande distribuzione con l’intento di imporre assunzioni. Le investigazioni hanno, inoltre, messo in luce i progetti imprenditoriali dell’associazione nel settore agrumario, in particolar modo in quello dei bergamotti dove erano attive due società, intestate a prestanomi ma riconducibili ad un associato, che avrebbero esteso i loro interessi commerciali utilizzando in taluni casi quei metodi che sono peculiari delle articolazioni di 'ndrangheta. Le due società sono state sottoposte a sequestro preventivo.
Tra i dodici arrestati dai carabinieri stamane a Reggio Calabria c'è Demetrio Palumbo, 75 anni, condannato per mafia a 30 anni di reclusione. Palumbo, secondo le indagini, è uno degli elementi di primo piano della cosca dei "crucioti", capeggiata da Giacomo Latella, originari del quartiere Croce Valanidi, attivissimi nella guerra di 'ndrangheta degli anni '80, a fianco del clan De Stefano contro i Serraino-Imerti- Condello. Demetrio Palumbo, nel 1989, era stato 'assaltato' nella sua autovettura blindata a colpi di Kalashnikov, scampando alla morte.
Demetrio Palumbo dopo avere scontato 30 anni di reclusione, era tornato libero e si stava dedicando, secondo gli inquirenti, a ricostituire la sua 'ndrina per imporre l' ordine criminale nel quartiere "Arangea".
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