Parlavano tanto. Buona parte del corposo decreto che fotografa l'operazione denominata "Imponimento" è dedicata alle conversazioni. Per definire ruoli, compiti.
I rapporti della cosca Anello -Fruci registrati con le altre consorterie dell’ampio distretto di Catanzaro riguardavano sostanzialmente tutte le maggiori cosche di ‘ndrangheta attinte dai provvedimenti giudiziari emessi negli ultimi anni nei procedimenti trattati dalla Direzione Distrettuale Antimafia (in particolare la Mancuso di Limbadi, i Bonavota di Sant’Onofrio, i Tripodi di Vibo Marina, i Lo Bianco di Vibo Valentia, gli Accorinti di Zungri, Iozzo Chiefari di Chiaravalle Centrale, i Bruno di Vallefiorita, esponenti della consorteria dei Trapasso di S. Leonardo di Cutro), oltre che le cosche della provincia di Reggio Calabria (i Pesce di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli), nonché operanti in Sicilia. Rapporti fatti di reciproci scambi e richieste per la risoluzione di problemi piuttosto che per la spartizione di affari e per il rifornimento di armi o droga.
Parlavano, dunque. Al telefono come in quelli che gli inquirenti definiscono “summit mafiosi”, tra gli esponenti di vertice della cosca Anello ed esponenti tanto della cosca “Mancuso” di Limbadi, quanto della cosca “Tripodi” di Vibo Marina nonché della ‘ndrina “Lo Bianco-Barba” di Vibo Valentia. "Summit - spiegano gli inquirenti - finalizzati a chiarire disguidi o incomprensioni riguardanti, tra gli altri, l’affidamento dei lavori nei settori di influenza dell’organizzazione criminale, quale lo sfruttamento delle risorse boschive, ovvero pretese dei gruppi criminali dei Lo Bianco e dei Tripodi nei confronti di un imprenditore del settore turistico, Facciolo Antonio, ritenuto organico alla consorteria Anello".
Perché c'era da parlare considerata la permeabilità nei vari settori.
Settore turistico: attraverso una profonda infiltrazione all’interno di alcune delle più importanti realtà della fascia tirrenica del territorio di azione, rispetto alle quali, alcuni imprenditori del settore, i fratelli Stillitani Emanuele e Francescantonio,
ponendosi quali concorrenti esterni al sodalizio mafioso “Anello-Fruci”, ne hanno rafforzato la sfera di influenza, rendendosi parte attiva in condotte estorsive e favorendo la gestione dei servizi e delle forniture dei villaggi in capo alla cosca stessa, traendone i relativi benefici sia in termini di protezione mafiosa che di tipo economico; forniture, guardiania e servizi connessi all’attività erano a gestione esclusiva della cosca;
Sfruttamento del settore boschivo: gli interessi della cosca erano rivolti al remunerativo settore dei tagli boschivi nella zona a cavallo tra le pre-serre vibonesi e catanzaresi. In tale settore la cosca, attraverso l’imprenditore di riferimento,
Nicola Antonio Monteleone, organico alla consorteria e uomo di fiducia del capo cosca Anello Rocco, aveva creato un collaudato meccanismo collusivo di rotazione nell’aggiudicazione delle gare relative agli appalti boschivi, tra gli
imprenditori di riferimento delle cosche dei territori limitrofi, Iozzo di Chiaravalle e Bruno di Vallefiorita, per definire la spartizione dei boschi stessi. Tale meccanismo mafioso, posto in essere attraverso turbative d’asta e illecita
concorrenza sleale, godeva dell’appoggio di amministratori e tecnici comunali: Monteleone era in grado di muoversi all’interno degli uffici comunali determinando tempistiche e fasi di gara a piacimento della cosca.
Interessi in Svizzera, il legame di Anello Rocco con la Svizzera, sede di investimenti e traffici illeciti della cosca, è di lunga data. I principali referenti degli Anello-Fruci in territorio elvetico, Carmelo Masdea (uomo soprattutto
vicino a Tommaso Anello), Marco Galati e Fiore Francesco Masdea, ne curavano gli affari provvedendo al comparto armi e gestione attività economiche, riscuotendo soldi (le cosiddette “potature”) e trasportando, in contanti, ingenti
somme di denaro verso Filadelfia.
Movimento terra e fornitura di calcestruzzo: le imprese riconducibili a Rocco Anello esercitavano il monopolio per le opere di movimento terra sui cantieri del territorio di competenza per la costruzione di supermercati, edifici pubblici,
strutture turistico-alberghiere; grazie al suo capillare controllo del territorio riusciva a intervenire su di essi anche prima dell’avvio dei lavori, definendo tempistiche e prezzi dei lavori e addirittura, in un caso, e godendo del favore del
committente, organizzando la fase dello smaltimento dei materiali tossici di risulta, che venivano illecitamente sversati in aree naturalistiche protette, cagionando una significativa compromissione del suolo e del sottosuolo; ancora, la consorteria
imponeva alla aziende operanti nel proprio territorio di rifornirsi presso l’impianto di calcestruzzo riconducibile ad un altro fedelissimo, Daniele Prestanicola;
Acquisizioni immobiliari: terreni, capannoni, immobili di pregio e interi compendi immobiliari, anche con il concorso di professionisti, e di figure dirigenziali all’interno dei comuni, diventavano di proprietà di Rocco Anello attraverso
l’intestazione fittizia a terzi. Ciò permetteva alla cosca, unitamente ad episodi di autoriciclaggio registrati, di acquisire un patrimonio sempre crescente e al riparo da eventuali aggressioni da parte degli organi di legge;
Truffe INAIL: il meccanismo collaudato predisposto e attuato dal sodale Nazzareno Bellissimo, con il concorso di un dipendente dell’INAIL, e in alcune occasioni anche con l’intervento di altri esponenti della cosca (Nicola Antonio Monteleone e Francescantonio Anello) si concretizzava mediante la commissione di una serie sistematica di delitti funzionali a conseguire l’indennizzo per supposti incidenti sul lavoro dei quali veniva creata l’apparenza, anche tramite false assunzioni, o comunque per ottenere il riconoscimento di indennità in misura superiore a quella spettante. Connesso a ciò anche la consumazione di delitti di estorsioni nei confronti dei percettori che non volevano consegnare loro la parte di denaro pattuita.
Riciclaggio automezzi: la cosca si dedicava con altrettanta spregiudicatezza al riciclaggio di automezzi rubati o anche solo parti di essi. Con un’attenzione quasi spasmodica al “mercato” e alla disponibilità dei mezzi di volta in volta di interesse, gli accoliti si mostravano in grado di operare anche personalmente, dal punto di vista meccanico, sugli automezzi, manomettendo all’occorrenza i telai in modo da renderli irrintracciabili.
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