Gli avvocati puntano anche sull'inattendibilità dei collaboratori di giustizia e sui conti in ordine della "Misericordia"
18 giugno 2020 08:39di EDOARDO CORASANITI
Per oltre tre ore gli avvocati Tiziano Saporito e Armando Veneto difendono la posizione di don Edoardo Scordio, indagato nell’ambito dell’operazione “Jonny” contro la criminalità organizzata del Crotonese e per cui la Procura distrettuale di Catanzaro ha chiesto la reclusione a 18 anni (LEGGI QUI TUTTE LE RICHIESTE DI CONDANNA)
La conclusione finisce dell’arringa difensiva finisce così: la certezza che don Edoardo Scordo è innocente.
Diversi gli elementi su cui la difesa ha puntato. Il primo, secondo cui in tutte le indagini, nonostante le intercettazioni effettuate con il trojan, non viene mai registrata la voce del sacerdote. Il suo nome, infatti, ripetono gli avvocati durante l’udienza è pronunciato da altre persone.
E poi ancora: gli avvocati Saporito e Veneto cercano di smontare anche le evocazioni dei collaboratori di giustizia, i quali non attribuiscono alcune fatto specifico a don Edoardo Scordio e iniziano a parlare di lui esclusivamente dal 2016. Anzi, il contrario: per la difesa sarebbero stati smentiti documentalmente dalle stesse indagini.
Un altro punto dell’arringa difensiva di ieri si fonda sull’assoluta coerenza tra entrate e uscite dei conti bancari della Misericordia, la confraternita di Isola Capo Rizzuto fondata dal prete e che gestiva il centro d’accoglienza. I conti, insomma, sarebbero in ordine come dimostrato dai consulenti che hanno verificato che i soldi spesi erano sempre destinati ad opere sociali: mai a terze persone o a soggetti vicini alla criminalità organizzata. Secondo l’accusa, infatti, Scordio avrebbe garantito alla cosca degli Arena di Isola Capo Rizzuto l’intromissione nella gestione del centro di accoglienza.
La palla ora passa al giudice, che il 24 giugno leggerà la sentenza nei confronti di don Edoardo e altre 38 persone: il sostituto procuratore Domenico Guarascio ha chiesto 33 condanne e 6 assoluzioni.
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