di STEFANIA PAPALEO
Sono passati 20 anni dal maxi blitz - nome in codice “Mythos” - che portò all'arresto di ben 57 persone tra presunti boss e picciotti del clan Gallace-Novella di Guardavalle (Catanzaro). Ne sono passati 10 dalla sentenza con cui il Tribunale di Catanzaro aveva condannato solo 9 imputati dei 20 che erano rimasti sul banco degli imputati. Oggi la riforma da parte della Corte d'Appello, presieduta da Loredana de Franco (a latere: Carmen Tedesco e Elvezia Cordasco), che li manda tutti a casa con in tasca una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione e di assoluzione "perchè il fatto non sussiste" per il principale imputato, Francesco Cicino, che era stato condannato a 13 anni 11 mesi e 2 giorni di reclusione e 91.000 euro di multa. Dichiarata l'estinzione del reato per morte dell'imputato Cosimo Andrea Scarano, l'intervenuta prescrizione ha quindi "salvato" gli altri imputati: Antonio Giannini (condannato in primo grado a 16 anni 11 mesi e 28 giorni di reclusione e 139.000 euro di multa); Fabrizio Latassa (15 anni 4 mesi e 25 giorni di reclusione e 102.000 euro di multa); Cosmo Leotta (10 anni 1 mese e 15 giorni di reclusione e 91.000 euro di multa); Domenico Origlia (18 anni e 4 mesi di reclusione e 170.000 euro di multa); Raffaele Tedesco (4 anni di reclusione e 500 euro di multa); Vincenzo Menna (8 mesi di reclusione e 2.000 euro di multa); Giuseppe Squillace (9 mesi di reclusione e 3.000 euro di multa).
Questo, dunque, ciò che resta di un'inchiesta rimasta stritolata dalla "giustizia lumaca" e che, dopo aver perso pezzi strada facendo, con la trasmissione a Roma della parte processuale relativa al capo di imputazione più grave di associazione a delinquere di stampo mafioso, ha visto crollare sotto la scure del tempo anche i presunti reati emersi nel corso delle indagini sulla “Piovra del Soveratese” in materia di traffico di droga, danneggiamenti, rapine, estorsioni e armi. Indagini svolte dall`Arma dei carabinieri, e coordinate dall`allora sostituto procuratore antimafia Gerardo Dominijanni, che la notte fra il 21 e il 22 settembre del 2004 mandò i militari a bussare alla porta di 57 indagati per trasferirne 47 in carcere e sottoporne10 agli arresti domiciliari.
A vincere su anni di indagini, portate avanti con intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e contributi di pentiti, è stata la temibile prescrizione che ha impedito così il corso della giustizia, con buona pace del collegio difensivo di cui fanno parte anche gli avvocati Vincenzo Cicino, Antonio Ludovico, Letterio Lositano, Mimmo Pietragalla, Ferraiolo, Saverio Loiero e Accorace.
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