"Questa Procura della Repubblica continuerà a mantenere alta la vigilanza e perseguirà tutti i patrimoni illecitamente accumulati dalla 'ndrangheta e da imprenditori collusi o compiacenti". A dirlo il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri incontrando i giornalisti per illustrate l'ennesimo, ingente, sequestro preventivo di beni disposto dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale a conclusione di una indagine coordinata dal procuratore aggiunto Gaetano Paci e dai pm Walter Ignazitto e Stefano Musolino, ed eseguita congiuntamente da Guardia di finanza, Carabinieri e Dia. Nel mirino dello Stato sono finiti quattro imprenditori edili, Andrea Giordano, di 68 anni, Michele Surace (62), Giuseppe Surace (35), e Carmelo Ficara (63), indicati dagli investigatori come appartenenti o contigui alle cosche dominanti della 'ndrangheta reggina, i De Stefano-Tegano, che hanno edificato oltre quattrocento immobili "ben spalmati - ha detto Bombardieri - in tutta la città. Attività che comprova la forza di questi personaggi grazie alla protezione della mafia. Un autentico regime di monopolio che nei fatti ha cancellato ogni potenziale concorrenza di altre imprese, asfissiando così il libero mercato e producendo distorsioni tali da portare al fallimento altri concorrenti e provocando ulteriore disoccupazione. Una concorrenza spietata - ha aggiunto il magistrato - tale da permettere una velocissima accumulazione di capitali a disposizione della 'ndrangheta, con ulteriori attività di riciclaggio, tant'è che nel provvedimento di sequestro, oltre alle posizioni bancarie, risultano ben venti società, 13 autoveicoli e terreni non solo a Reggio Calabria ma anche a Milano e Messina".
"I soggetti prevenuti e sottoposti a sequestro beni - ha detto Paci - rappresentano il modello classico di imprenditore che si impone egemone sul mercato grazie alla 'ndrangheta, impedendo la legittima concorrenza grazie al ricorso alla potenza di violenza tipica delle organizzazioni mafiose. Dei loro beni con questa indagine è stata ricostruita minuziosamente ogni singola attività, ogni singola società". Paci, inoltre, ha descritto il sistema utilizzato dal poker degli imprenditori indagati, che "emettevano fatture per operazioni inesistenti, funzionali alla consumazione di frodi fiscali e di riciclaggio, nonché per favorire il reimpiego di imponenti flussi finanziari provenienti da imprenditori espressione dell'infiltrazione economica della ndrangheta".
I comandanti provinciali dei carabinieri e della Guardia di Finanza ed il direttore della Dia di Reggio, colonnelli Giuseppe Battaglia, Flavio Urbani e Teodosio Marmo, hanno rimarcato "il valore e l'efficacia della sinergia, anche insieme alla polizia di Stato", che ha consentito negli ultimi due anni di confiscare e sequestrare in provincia di Reggio Calabria beni per un valore prossimo a due miliardi di euro.
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