di STEFANIA PAPALEO
A gennaio si era già svolta la prima udienza davanti al collegio presieduto da Marco Petrini, che aveva, tra le altre cose, disposto l’acquisizione delle dichiarazioni dei cinque collaboratori di giustizia che accusavano Bevilacqua, tenendo conto di quanto motivato dalla Cassazione circa "l’esasperata parcellizzazione del narrato accusatorio”.
Ordinanza oggi revocata dal giudice che ha preso il posto del collega arrestato (LEGGI QUI), il presidente Domenico Commodaro (a latere: Silvestri e Gioia), su richiesta della stessa procura generale, alla quale si è associato l’avvocato difensore, Francesco Gambardella.
Dopo l’arringa di quest’ultimo, dunque, il processo è stato rinviato a 27 aprile per la sentenza, che metterà la parola fine alla vicenda giudiziaria che vede Bevilacqua al centro di un presunto “patto elettorale politico-mafioso”, per aver fornito, secondo la Dda di Catanzaro, “un concreto, consapevole e volontario contributo di natura materiale e morale ai componenti delle famiglie Notarianni e Giampà”, tanto da impegnarsi per “l’assegnazione di appalti o posti di lavoro in cambio del costante impegno elettorale da parte degli esponenti della cosca”.
Accusa alla quale si era aggiunta quella di estorsione, “per avere acquistato alcune tute da ginnastica, calze e maglie, pretendendo un considerevole sconto sulla merce destinata ad alcuni detenuti”.
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