Da clan “satellite” a clan autonomo ed egemone nel momento in cui la cosca “madre” si indebolisce a causa del pentimento del boss: è questa l’”emancipazione” del sodalizio di ‘ndrangheta rappresentato dalla “famiglia” Martino che la Dda di Catanzaro ha svelato nell’operazione “Sahel” eseguita questa mattina dai carabinieri con l’applicazione di 31 misure cautelari (QUI I NOMI)
Un blitz che ha portato alla luce l’operatività nell’area di Cutro (Crotone) di un clan, guidato dal presunto boss detenuto Vito Martino, che si è imposto a suon di estorsioni e di narcotraffico per colmare il “vuoto di potere” determinato dalla caduta della storica cosca Grande Aracri per la collaborazione con la giustizia del capostipite Nicolino Grande Aracri, collaborazione poi interrotta dagli inquirenti per l’inattendibilità dello stesso.
A delineare questo contesto criminale, in una conferenza stampa nella Procura di Catanzaro, il procuratore facente funzioni di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, e i vertici dell’Arma dei carabinieri di Crotone, guidati dal comandante provinciale Raffaele Giovinazzo, che hanno tratteggiato le dinamiche criminali e il “salto di qualità” del gruppo ‘ndranghetista dei Martino, pronto, anche grazie alla ”autorizzazione” delle principali cosche del Crotonese, a partire dal “locale” Megna di Papanice di Crotone, a riattivare e “rigenerare” le fila del clan egemone su Cutro: al vertice della nuova consorteria il presunto boss Vito Martino, capace di riorganizzare anche dal carcere i propri sodali anche grazie alla leadership della moglie, “in un ruolo che andava ben al di là di quello del semplice portaordini”, hanno spiegato gli investigatori nell’incontro con i giornalisti.
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