di ANNA TRAPASSO
Credeva nella loro "amicizia", mentre loro approfittavano delle sue debolezze e della sua disabilità psichica per abusare di lui. "Il branco" -perchè lo "accerchiavano" sempre in gruppo, fino a dieci tra cui anche minori- lo seduceva, lo accerchiava e lo costringeva a subire violenze e abusi sessuali. Per poi riprenderlo con gli smartphone e diffondere i video tra altri "amici", fino a farli diventare virali. Questo orrore si perpetrava da mesi a Curinga, nel catanzarese, finchè i parenti della vittima, raggiunti anche loro da uno dei video incriminati, non hanno denunciato alle autorità competenti.
Nella mattinata odierna, personale in servizio presso la Compagnia Carabinieri di Girifalco, a seguito di articolate indagini della Procura presso il Tribunale di Lamezia Terme nonché della procura presso il Tribunale per i Minorenni di Catanzaro, ha dato esecuzione ad ordinanze applicative di misure cautelari emesse nei confronti di dieci soggetti, tra cui tre minorenni, emesse dai GIP presso i rispettivi tribunali nell’ambito dei procedimenti penali iscritti dai due uffici requirenti per ipotesi di violenze sessuali di gruppo, diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti, sequestro di persona ed altro in danno di un giovane indotto a compiere e/o subire atti sessuali in ragione di una sua rilevata disabilità psichica.
L’indagine ha preso avvio nella prima decade del mese di novembre u.s., quando alcuni parenti della vittima, presentatisi presso la Stazione Carabinieri di Curinga, avevano consegnato su supporto informatico un video dal contenuto sessualmente esplicito, diffuso senza il consenso della persona offesa ed avente quale protagonista la stessa vittima, indotta in ragione delle segnalate condizioni di vulnerabilità, a subire gli atti sessuali oggetto di ripresa video successivamente divulgata.
Immediati contatti con la Compagnia Carabinieri di residenza della persona offesa, permettevano di identificarla ed acquisirne la volontà punitiva.
La complessa attività investigativa, portata avanti dai magistrati titolari dei due distinti procedimenti penali, in piena sinergia con l’Arma dei Carabinieri, si è modulata attraverso nevralgica escussione di persone informate sui fatti, attività tecnica di natura intercettiva, analisi dei cellulari sequestrati agli indagati che ha permesso di inscrivere l’episodio oggetto di originaria denuncia querela in un più ampio contesto di episodi lesivi perpetrati in danno della medesima persona offesa.
Nel corso delle indagini è emerso infatti un quadro di gravità indiziaria positivamente apprezzato dai GIP presso i rispettivi Tribunali di Lamezia Terme e per i Minorenni di Catanzaro, risultando i giovani destinatari delle ordinanze cautelari indiziati di avere avvicinato la vittima, approfittando delle sue debolezze ed in particolare di come la stessa cercasse la loro amicizia, per creare attraverso gli stessi episodi delittuosi oggetto di approfondimento investigativo occasione di goliardico divertimento per il gruppo a discapito delle diverse abilità della persona offesa che non aveva modo di comprendere le effettive finalità dell’agire dei presunti autori delle condotte ipotizzate in suo danno, tradottesi anche in episodi di natura sessuale che venivano ripresi e divulgati tra il gruppo dei pari.
I fatti oggetto dei procedimenti richiamati, attualmente ancora pendenti nella fase delle indagini preliminari, si inscrivono in un più ampio contesto operativo finalizzato a far emergere situazioni di prevaricazioni tra giovanissimi, per contrastarne la diffusione, soprattutto ove correlate a forme di vulnerabilità e di disabilità, in modo da contribuire, con il presidio ed il dovuto intervento di tutte le agenzie del territorio deputate alla formazione ed educazione di giovani, alla diffusione dei valori della diversità e del rispetto delle relazioni sociali, al contempo favorendo la cultura dell’uso consapevole dei social network, spesso invece indiscriminatamente utilizzati da minorenni e giovani adulti, senza alcuna forma di controllo, nella consapevolezza di come tali canali di comunicazione possano essere strumento per la perpetrazione di reati e comunque per realizzare forme di prepotenza e di svilimento dell’altro, con necessità quindi di una presa in carico comune di situazioni quali quella descritta, per arginare anche mediante la diffusione della cultura del rispetto della sfera altrui, i rischi correlati a tali indebite divulgazioni.
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