Ossa così fragili da far male: il dolore sintomo rivelatore dell'osteoporosi

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Lucia Muraca

A tu per tu con la dottoressa Lucia Muraca

  20 ottobre 2022 11:31

di FRANCESCA FROIO

Oggi, 20 ottobre, si celebra la Giornata mondiale dell'osteoporosi. Un argomento che riguarda una vasta parte della popolazione e che merita un approfondimento rivolto a tutti, perché informarsi è un dovere, ma soprattutto un diritto.

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Silenziosa, subdola, cinica, spietata: è questo l’identikit della ‘ladra di ossa’ che ruba la qualità di vita, prevalentemente alle donne. Se non fermata in tempo rischia di portare via non solo vita agli anni, ma anche anni alla vita. Una ladra che il più delle volte agisce indisturbata, senza che le donne facciano nulla per fermarla.  Elementi chiave che possono, in parte, essere contrastati con la diffusione di informazioni che conducano verso il raggiungimento di una maggiore  consapevolezza del problema,  riducendo così la possibilità che le persone colpite, senza rendersene conto, si trasformino in ‘complici’.

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Un dato importante ci permette di comprendere quanto l’osteoporosi non sia più una malattia appannaggio delle donne, numerosi sono infatti anche gli uomini colpiti dalla stessa. Noi de La Nuova Calabria abbiamo voluto approfondire la tematica avvalendoci del parere e della conoscenza di una professionista la dottoressa Lucia Muraca, componente della commissione Medicina di Genere dell'ordine dei medici di Catanzaro, ed in particolare componente del gruppo di studio nazionale AREA FRAGILITA’ della SIMG società italiana di medicina generale, da poco eletta anche referente AISD Associazione Italiana Studio Dolore  REGIONE CALABRIA.

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L’INTERVISTA:

Le donne la considerano un inevitabile ‘acciacco’ dell’età. La Società, in genere, pensa che l’osteoporosi sia una banale malattia della vecchiaia. E invece potrebbe essere l’anticamera della non autosufficienza.

In molti credono che l’osteoporosi sia, alla fine, solo ‘un po’ di osso in meno’ , non rendendosi conto che la diminuita massa ossea può comportare fragilità ossea e questa è tutta un’altra storia. L’osteoporosi è infatti una malattia sistemica dell'apparato scheletrico, caratterizzata da una bassa densità minerale e dal deterioramento della micro-architettura del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità ossea. Un problema che non è ‘solo’ delle donne, e non mi riferisco al fatto che l’osteoporosi colpisce anche gli uomini, ma di un intero nucleo familiare, perché è indiscutibile che se si ferma una donna si ferma un’intera famiglia. Una donna fratturata è una donna che non si può prendere cura della casa, dei figli, dei nipoti, di se stessa. Per non parlare del fatto che chi sopravvive alla frattura di femore, dopo il primo anno, spesso perde l’indipendenza: il 40% non riesce più a camminare autonomamente, e il 60% richiede l’assistenza l’anno successivo. Nell’anno seguente una frattura di femore, il 33% è totalmente dipendente da altri ed è costretto ad entrare in una casa di riposo.  Eppure alle donne mette più paura il carcinoma alla mammella, che oggi è possibile trattare con esito molto positivo, che la mortalità da osteoporosi. Quindi non è ‘ solo un po’ di osso in meno’, l’osteoporosi è una malattia cronica con conseguenze serie e invalidanti che se non intercettata e se non fermata rischia di portare via non solo vita agli anni ma anche anni alla vita.

Ossa così fragili da fare male: il dolore sintomo rivelatore dell’osteoporosi, è vero Dottoressa?

Il dolore osseo da osteoporosi è largamente trascurato e sotto trattato, a parte i casi di frattura di femore o della spalla, che ricevono sempre una terapia fin dall’arrivo in Pronto soccorso. Spesso poi è confuso con il dolore articolare cartilagineo, il primo a cui si pensa; invece oltre alla cartilagine c’è anche l’osso, che può indebolirsi e fratturarsi dando un dolore acuto e intenso, lancinante, molto tipico. Molti pazienti lo definiscono come una scossa elettrica. Colpisce soprattutto la schiena, quando una vertebra si rompe: nell’iter usuale i pazienti provano a curarsi con antidolorifici non steroidei, che però non alleviano il male. Così iniziano a preoccuparsi: Il pensiero va spesso al dolore oncologico, che però si riconosce perché è sempre presente; quello da fratture vertebrali invece passa, quando ci si mette a letto o si sta fermi. Spesso trascorrono settimane prima che i pazienti vengano sottoposti a una radiografia scoprendo che c’è una vertebra fratturata, di cui il dolore altrettanto spesso è l’unico sintomo. Nel frattempo però un dolore che non passa per settimane può cronicizzare, diventando più difficile da gestire. Nel dolore da osteoporosi capita di frequente, così se si sospetta una frattura vertebrale occorre sottoporsi a una radiografia e in caso di diagnosi è necessario chiedere che il dolore venga trattato. Le terapie antifratturative nel lungo periodo riducono anche il dolore osseo, ma serve tempo prima di avere l’effetto perciò è doveroso intervenire con gli analgesici scegliendo fra tutte le possibili opzioni. I pazienti devono chiedere di essere gestiti con una terapia del dolore adeguata, in un centro specializzato se necessario, perché è un loro diritto.

Medicina genere. Il rischio di “dimenticare” i maschi?

L’osteoporosi da sempre è stata considerata appannaggio del sesso femminile, ma in realtà colpisce anche l’uomo, tanto che, dopo i 60 anni, un uomo su 5 ne soffre. Negli ultimi anni è stata osservato un incremento del numero assoluto delle fratture di femore in Italia soprattutto nella popolazione maschile, ma l’osteoporosi maschile è poco considerata. Infatti, mentre per la donna esistono programmi di screening e in generale il sesso femminile ha una buona consapevolezza su questa malattia, pochi uomini la conoscono, non esistono programmi di prevenzione e anche i medici tendono a sotto diagnosticarla nell’uomo. Eppure gli uomini muoiono più delle donne in seguito a frattura osteoporotica dell’anca. Eppure la determinazione della densità minerale ossea è effettuata per il 90% dei casi in donne. E’ necessario un approccio di genere come un cambio di prospettiva e culturale che renda la valutazione delle variabili biologiche, ambientali e sociali, dalle quali possono dipendere le differenze dello stato di salute tra i due sessi, una pratica ordinaria al fine di migliorare l’appropriatezza degli interventi di prevenzione e contribuire a rafforzare la “centralità del paziente” e la “personalizzazione della terapia”, intervenendo soprattutto in quelle zone ombra  tanto nell’uomo quanto nella donna.

Quanti tipi di osteoporosi esistono?

L’osteoporosi viene distinta in: Primaria e Secondaria

Quella Primaria

  1. Indiopatica giovanile e dell’adulto
  2. Osteoporosi involutiva
    • post-menopausale
    • senile

Quella secondaria, legata a diverse patologie e ad assunzione di farmaci.

L’osteoporosi post-menopausale è legata al calo degli estrogeni, che si verifica appunto in menopausa e colpisce dal 5 al 29% delle donne in questo periodo della vita, interessando soprattutto le vertebre.

L’osteoporosi senile colpisce entrambi i sessi e si verifica a un’età più avanzata interessando fino al 6% della popolazione. Interessa tanto la colonna vertebrale quanto le ossa lunghe (es. femore), il bacino ed altre sedi, provocando fratture a carico delle vertebre, del collo femorale, del polso e dell’omero.

L’osteoporosi secondaria si verifica in corso di malattie endocrine (morbo di Cushing, malattie della tiroide e delle paratoroidi), di neoplasie (può essere facilitata anche da alcuni trattamenti anti-tumorali), di malattie croniche (bronco pneumopatia cronica ostruttiva, diabete mellito, scompenso cardiaco), di alcune malattie reumatiche (es. artrite reumatoide) e gastrointestinali (es. morbo di Crohn, celiachia) e per assunzione cronica di alcuni farmaci (cortisonici, anti-epilettici, immunosoppressori, ormoni tiroidei ecc.).

 Come avviene la Diagnosi?

La diagnosi di osteoporosi si avvale di diversi strumenti:

  • Ricerca di eventuali fattori di rischio valutato mediante l’algoritmo di rischio FRAX messo a punto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che tiene conto della densità minerale ossea del collo femorale e dei fattori di rischio del paziente. Ed in questo il medico di medicina generale gioca un ruolo cruciale, perché è colui che può indentificare in maniera capillare i soggetti a maggior rischio attraverso l’individuazione precoce dei campanelli di allarme, ricercando quei fattori di rischio clinico che richiedono approfondimenti diagnostici
  • Valutazione di possibili cause di osteoporosi secondaria (ad esempio cause endocrine) per cui alcuni esami bioumorali
  • Valutazione della densitometria ossea tramite MOC (mineralometria ossea computerizzata)    con tecnica  DXA (Dual Energy X-ray Absorptiometry). Questo test confronta la "densità" delle ossa del paziente con quelle di un adulto medio. Il risultato di questo rapporto è il cosiddetto T-score, espresso in deviazioni standard (DS), che descrive la densità delle ossa del paziente a livello della colonna e dell’anca e di come questa si allontana da quella considerata normale in un giovane adulto dello stesso sesso e razza.
    Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un T-score inferiore a 2,5 DS (-2,5) è indicativo di osteoporosi, mentre un risultato compreso tra -1 e -2,5 DS è indicativo di osteopenia. Il test è normale se non si discosta di oltre una deviazione standard (-1) dai valori considerati normali in un giovane adulto.
    Questo esame andrebbe effettuato in tutte le donne oltre i 65 anni e negli uomini oltre i 70 anni; nelle donne tra i 50 e i 69 anni va effettuato a seconda del profilo di rischio della paziente

Qual è la differenza tra osteopenia e osteoporosi?

La densità minerale ossea (o BMD) è il valore che determina la salute delle ossa e indica la quantità di minerali presenti in un centimetro cubo di osso. Una lieve riduzione di BMD determina l'osteopenia, mentre una considerevole riduzione è alla base dell'osteoporosi. In altre parole il termine di osteopenia indica la presenza di una densità minerale ossea (BDM) inferiore ai livelli di normalità, ma non sufficientemente bassa per parlare di osteoporosi.

Italia, paese del sole nell’immaginario collettivo, in realtà fa registrare un’alta percentuale di persone con carenze di vitamina D, grande alleata nel combattere l’osteoporosi.


E’ vero, nel nostro Paese circa l’80 per cento della popolazione è carente di Vitamina D e ciò determina importanti ricadute sulla diffusione delle malattie dell’osso e sulla mortalità. La vitamina D è un ormone che favorisce l’assorbimento del calcio e la sua fissazione sull’osso, oltre a preservare la forza muscolare. L’esposizione al sole nei mesi estivi aiuta la produzione di vitamina D che viene ‘accantonata’ nel tessuto grasso per venire utilizzata in inverno. Tuttavia con l’avanzare dell’età subentra una difficoltà nella cute a sintetizzare la vitamina D ed è per questo che gli anziani ne sono spesso carenti. L’ipovitaminosi D si verifica perché si segue una dieta meno ricca di grassi animali rispetto ad altri Paesi e perché non si adotta l’aggiunta di Vitamina D negli alimenti, come per legge fanno nel nord Europa. Un po’ come avviene lo iodio aggiunto al sale da cucina. Un aspetto non di poco conto se consideriamo che la vitamina D è co-protagonista nella cura dell’osteoporosi recitando un ruolo fondamentale nell’efficacia dei farmaci, che senza di essa non conseguirebbero risultati importanti. Ma questo non deve indurre nell’errore di credere che la vitamina D, da sola, sia una terapia per l’osteoporosi.

 Le terapie per l’osteoporosi ci sono e sono efficaci. Eppure se ne parla poco, come se la malattia fosse un ineluttabile ‘acciacco’ della terza età da accettare con rassegnazione.


Prima di parlare di terapia dell’osteoporosi è fondamentale parlare di ‘appropriatezza terapeutica’. Perché le terapie ci sono, e sono anche efficaci. Purché assunte  correttamente dalle donne che le devono prendere. Un’affermazione che potrebbe sembrare scontata ma che, al contrario, nel nostro Paese non lo è affatto. Se si vedono i dati Aifa sul consumo di farmaci per l’osteoporosi in Italia si scopre che solo il 24 per cento delle donne fratturare o ad alto rischio segue una terapia. E non il cento per cento, come sarebbe giusto che fosse. E di questo 24 per cento circa la metà interrompe le cure. Questo significa che ogni 100 donne che devono prendere i farmaci perché sono ad alto rischio solo 12 lo fanno. E poi ci sono le donne trattate ‘occasionalmente’ e cioè per un massimo del 20 per cento di giorni coperti, cosa questa inutile al fine della prevenzione delle fratture.

Quando va instaurato un  trattamento anti-osteoporosi?

  • In chi abbia presentato una frattura dell’anca o vertebrale
  • In presenza di T-score ≤ 2,5 a livello del collo femorale o delle vertebre lombari
  • Nelle donne in post-menopausa e negli uomini con più di 50 anni che presentino osteopenia (T-score compreso tra -1,0 e -2,5)

I trattamenti per l’osteoporosi comprendono:

  • Farmaci antiriassorbitivi come i bifosfonati (alendronato, ibandronato, risedronato, acido zoledronico)
  • SERM (modulatori selettivi dei recettori per gli estrogeni, quali il raloxifene), la terapia ormonale sostitutiva
  • Farmaci anabolici come il Teriparatide
  • Farmaci con doppio meccanismo d’azione (antiriassorbitivi e anabolici come il Ranelato di Stronzio)
  • Gli anticorpi monocolonali come l’inibitore del RANK-L (denosumab)

Il trattamento viene effettuato in genere per 3-5 anni consecutivi. Sarà in seguito il medico, sulla base delle caratteristiche individuali del paziente, a decidere se protrarlo ulteriormente.

Prevenzione e stili di vita: quali accorgimenti per evitare l’indebolimento delle nostre ossa?

In piena controcorrente rispetto ad alcuni messaggi demagogici devo dire che con la dieta non si cura l’osteoporosi e neanche la si evita, però  alcuni errori dietetici possono aggravare l’osteoporosi, come le diete monocromatiche, sbilanciate, iperproteiche od ipoproteiche”.

Il calcio, che aiuta a costruire le ossa, è il micronutriente più importante nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoporosi. Una dieta equilibrata, che comprenda tutti i tipi di cibi, è fondamentale per stare in salute. In particolare, seguire una corretta alimentazione è importante per la salute delle nostre ossa, soprattutto nelle prime fasi della vita, quando si gettano le basi per il futuro. Spesso, infatti, non vengono soddisfatte le richieste quotidiane di calcio del nostro organismo, durante la crescita e lo sviluppo, durante eventuali condizioni fisiologiche come gravidanza e menopausa o in caso di condizioni patologiche (assunzione di particolari farmaci, eventuali patologie concomitanti).

Il calcio proviene principalmente dal cibo, in particolare si trova in questi alimenti: latte e altri prodotti lattierocaseari come yogurt e formaggi. • pesce, come quello azzurro, i polpi, i calamari e i gamberi • molte verdure verdi come la rucola, il cavolo riccio, le cime di rapa, i broccoli, i carciofi, gli spinaci, i cardi. Tuttavia, il calcio delle verdure è molto meno assimilabile di quello dei latticini • frutta secca (mandorle, arachidi, pistacchi, noci, nocciole). Non bisogna però esagerare con le quantità perché è molto calorica • legumi, in particolare i ceci, le lenticchie, i fagioli cannellini, borlotti e occhio nero • anche una buona spremuta d’arancia, oltre a tanta vitamina C, potassio e beta carotene, può fornirci la giusta quantità di calcio.

Si può fare di più. Dieci consigli utili a tavola  per non sottrarre calcio all’organismo e per contribuire alla sua assimilazione nelle ossa?

  1. Bevi ogni giorno almeno una tazza di latte (200 ml), meglio se parzialmente scremato
  2.  Fai ogni giorno uno spuntino ricco di calcio: uno yogurt naturale o alla frutta (125 gr) o un frullato di frutta e latte
  3. Bevi ogni giorno almeno 1,5 litri di acqua, meglio se ricca di calcio.
  4. Consuma 1 porzione di formaggio alla settimana (100 gr. di formaggio fresco come mozzarella, crescenza, quartirolo, ecc. o 60 gr. di formaggio stagionato come grana, parmigiano, fontina, provolone, ecc.)
  5. Mangia pesci ricchi di calcio 3 volte alla settimana (alici, calamari, polpi, crostacei o molluschi ecc.)
  6. Evita l’assunzione di alimenti ricchi di calcio insieme ad alimenti ricchi di ossalati come spinaci, rape, legumi, prezzemolo, pomodori, uva, caffè, tè perché queste sostanze ne impedirebbero l’assorbimento. Ad es. abbinare formaggio e spinaci, significa sprecare una parte del calcio contenuta nel latticino
  7. Riduci l’uso del sale da cucina e di cibi ricchi di sodio (insaccati, dadi da brodo, alimenti in scatola o in salamoia): il sodio in eccesso fa aumentare la perdita di calcio con l’urina
  8. Evita di consumare un’elevata quantità di proteine perché aumentano l’eliminazione di calcio con le urine
  9. Non eccedere con gli alimenti integrali o ricchi di fibre perché un giusto apporto è salutare, ma possono ridurre l’assorbimento di calcio
  10. Limita gli alcolici perché diminuiscono l’assorbimento di calcio e riducono l’attività delle cellule che “costruiscono l’osso.

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