Densa di significati la proiezione nella piazza di Papasidero di "Figli del Minotauro/storie di uomini e animali", il film di Eugenio Attanasio, prodotto dalla Cineteca della Calabria, presentato nei festival anche internazionali e ora nel Comune cosentino, dove è sita la Grotta del Romito, uno dei luoghi simbolo della Calabria, perché ospita il Graffito del Bos Primigenius. Il documentario infatti ricostruisce le fasi di ideazione e realizzazione di questa straordinaria opera, da parte di un artista protostorico, interpretato da Mattia Renda. Fra gli attori del film figurano Francesco Stanizzi, Gianluca Cortese, Salvatore Gullì, Alessandra Macchioni, Franco Primiero.
Un ritorno dopo cinque anni dalle riprese, in questo posto recondito, che domina la valle del fiume Lao, meta di vacanzieri appassionati di rafting e torrentismo, ma anche scrigno di tesori basiliani. La popolazione locale ha potuto così assistere e partecipare all’evento, organizzato dal sindaco Fiorenzo Conte e dall’assessore Mario Marsiglia, che hanno dialogato con l’autore insieme al prof. Andrea di Franco, che ha stimolato la conversazione. In Italia, a sostegno e promozione del film ma anche del libro pubblicato con lo stesso titolo, si è formato un gruppo di sostenitori, “Figli del Minotauro” appunto, composto fra gli altri da Domenico Levato, Luigi Stanizzi, Giuseppe Gallucci, Elisabetta Grande, Elia Panzarella.
Il film documentario girato da Eugenio Attanasio, con la partecipazione dell’etnomusicologo Antonello Ricci, sulla transumanza della famiglia Mancuso di Marcedusa diventa metafora del rapporto tra uomo e bovino, iniziato diecimila anni fa con la domesticazione. Ancora prima però il toro veniva rappresentato dai primi artisti della storia con significati ancora a noi sconosciuti. Il documentario segue una famiglia di allevatori che pratica l’allevamento semibrado delle podoliche, la razza tipica calabrese, ricostruendo ipotesi di caccia primordiale e raffigurazioni parietali. La civiltà cosiddetta pastorale custodisce un ricco novero millenario di conoscenze; i campanacci diventano emblemi sonori di questo mondo arcaico ma calato perfettamente nella contemporaneità.
Un lavoro che parte dalla preistoria per compiere
una riflessione sul mito, sull’arte, sull’allevamento non industriale, sul rapporto dell’uomo con la natura e con il
territorio. La transumanza è stata dichiarata dal comitato patrimonio mondiale dell'Unesco,
riunitosi a Bogotà, patrimonio culturale immateriale dell’umanità. I riconoscimenti dell’opera dimostrano come la narrazione della Calabria può finalmente emendarsi dall’immagine di terra di 'ndrangheta, dal peccato originale di essere regione povera e terra di emigrazione.
È dunque possibile una nuova via del ppracconto in Calabria, letterario e cinematografico, cogliendo nel contemporaneo i segni di una civiltà contadina ancora vitale. Ultimi eredi di un mondo ancestrale, gli allevatori calabresi di podoliche, si muovono ancora andando dietro agli animali che si spostano in cerca di pascoli freschi, allevatori che utilizzano ora il cavallo, ora il pick up, ora il quad, interpretando una modernità ancora sostenibile, dove uomini, animali e specie vegetali creano un ecosistema.
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