Maria Giovanna Carbone, professoressa, catanzarese doc, politico, apre lo scrigno dei suoi ricordi di Catanzaro e oltre per un simbolico viaggio tra passato, presente e uno sguardo al futuro della Città
di MARIA GIOVANNA CARBONE
“I luoghi della memoria sono un percorso obbligato, testimonianza di storia individuale e collettiva: autorevoli ruderi erosi dal tempo oppure semplici ciottoli di una strada che non c’è più. Anche il vuoto silenzio di una “Galleria” puo’ evocare una storia. A me capita , nell’attraversare la “Galleria Mancuso” di Catanzaro, di avvertire malinconiche immagini di un tempo non troppo lontano. Improvvisamente sul gelido pavimento si anima una folla di volti conosciuti. Dai tavolini dell’”Uno più Uno” tra aperitivi, tramezzini e briosches si alzano voci contrastanti sui temi di politica e sport. Qualcuno esce dalla “Libreria Giuditta”, portando gelosamente sotto braccio l’ultima edizione di un libro di successo o una stampa antica riposta in elegante custodia. Al vociare continuo si aggiunge l’allegro cicaleccio di eleganti signore, fresche di trucco e “ piega” appena uscite dal Centro estetico” Carlino”. Appena un po' fuori un gruppo di ragazzini sta cantando: “dirindindin, dirindindà il Catanzaro in serie A”…..
Oggi la folla è sconosciuta e non cammina più insieme. Si aggira senza volto in una città smarrita e priva di identità.
Le saracinesche spesso abbassate dei negozi sul Corso appaiono ansiose di improbabili avventori e creano un senso di sospensione tra passato e presente. Si cercano i segni di un tempo. Non più il tempo lontano che faceva dire a Settembrini:” Io le voglio un gran bene a questa città di Catanzaro e piacevolmente mi ricordo di tante persone che vi ho conosciuto piene di cuore e di cortesia, ingegnose, amabili, ospitali.”
Cerchiamo, anche nel tempo meno lontano , quali possano essere le ragioni dell’inarrestabile declino di una città che si riconosceva per la sua naturale vocazione di centro direzionale della Calabria, “cerniera” e “sportello” tra i due mari. Ai nostri giorni appare offuscata la sua naturale vocazione , avvolta ormai in un triste anonimato socio-politico ed economico. Anche il nostro autunno è cambiato. Il sole si nasconde in una insolita coltre di nebbia che avvolge la misteriosa scomparsa della classe dirigente e della borghesia produttiva, colta, partecipativa. “Dove siete ,dove siete?” chiedeva Fellini ne “La voce della Luna”. Dove siete? Chiediamo anche noi. Eppure la fine delle ideologie, la consolidata abitudine al sacrificio, la consapevolezza delle antiche radici, una impennata di orgoglio, potrebbero essere elementi favorevoli per riappropriarsi del proprio territorio e della propria identità al fine di riprendere il percorso disegnato dalla memoria .”
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