Siamo in pieno clima natalizio. La nostalgia dei “tempi passati” di chi ne ha vissuti tanti e diversi, si lascia però vincere, o forse, dalle paure della pandemia imperante.
E’ bello, appassionante, sicuramente “istruttivo” raccontarli quei tempi, oggi come una favola.
Serve a riscoprire valori personali e collettivi di tradizioni che non muoiono sotto la scure del tempo. In questa ottica –con le proiezioni nel “presente” e i salti nel “futuro” di questa Città, magari assopita ma non morta- Maria Giovanna Carbone propone la nuova puntata di “Passato, presente e Futuro”.
e.c.
Natale senza tempo.
di MARIA GIOVANNA CARBONE
“Quand’era a festa de la Mmaculata”… Cosi Achille Curcio, introduce “nu sonu comu fussi langurata” degli Zampognari…Dai balconi affacciati sui vicoli, gli occhi spalancati di piccoli e grandi ,guardavano con battiti di gioia l’arrivo di quei mantelli scuri avvolti intorno agli antichi messaggeri del Natale. La nenia “langurata” entrava poi nelle case accolta dal tradizionale Presepe: le montagne di cartapesta verde militare, il muschio umido e fresco, le casette di legno , i pastori, l’arrotino, il ruscello fatto di carta argentata, la ruota del mulino…la stalla con il bue e l’asinello ,la culla di paglia. Il “bambinuzzo” sarebbe stato riposto solo la notte del 24 dal più giovane del corteo familiare che intonava “Tu scendi dalle stelle.
Il Presepe dell'artista catanzarese Giovanni Marziano
Alcune volte i “bambinuzzi” erano due per non fare litigare i più piccoli…Agli Zampognari si offrivano i torroncini, i tardilli, la pignolata , un piccolo “rimborso spese” e tanti ringraziamenti per avere portato con le loro zampogne l’aria profumata del Natale. L’armonia e l’aroma avrebbe poi inondato i vicoli stretti della città, tra le case addossate le une alle altre ,dove camminando lentamente potevi ascoltare piccole storie quotidiane nel tipico dialetto che ratificava la vivacità degli storici rioni della città un tempo luoghi di incontro e socializzazione, oggi silenziosi e mesti luoghi della memoria: Grecia, Coculi, Filanda, Pianicello, Piazza Mercati… La Mmaculata oltre agli Zampognari introduceva anche i giochi natalizi: chiassose tombolate con ceci ,fagioli , cartelle per grandi e piccini, nonni e nipoti, ricchi e poveri, dove spesso il “banditore” annunciava i numeri rispettando il significato tradizionale della tombola napoletana :il 48, morto che parla; il 77, le gambe delle signorine, il 25, il Natale; il 90, la paura, il 33, gli anni di Cristo.
“Vicolo: una croce di case/che si chiamano piano/e non sanno ch’è paura/di restare sole nel buio.”(Salvatore Quasimodo). In realtà le case del nostro centro storico sono rimaste sole e smarrite soprattutto in relazione allo sventramento di Corso Mazzini con la drammatica demolizione di Palazzo Serravalle, nonostante l'urlo di dolore della grande Emilia Zinzi. Fino a quella fatidica data il centro storico coincideva con la città stessa. In seguito lo sconvolgimento del territorio favorito dalla crescita urbana nei colli circostanti ne ha aggravato l’inesorabile svuotamento in assenza di proposte ed interventi finalizzati alla protezione della vita sociale ed economica . Alla fine degli anni 70, “rinnovarsi” voleva dire trasformarsi, rinunciando ad un importante passato non solo architettonico.
Nei tempi che seguono si allargano i confini della piccola città di provincia che ,come il resto del mondo, adegua i suoi giorni al consumismo e alla tecnologia anche nel periodo natalizio. Non più mantelli neri degli Zampognari ‘e Zimbariu, ma slitte trainate da cervi virtuali -di nordica discendenza-scaricano Babbo Natale, con il vestito rosso , la barba bianca e un sacco di doni preordinati per lettera dai bambini. Niente soldatini, trenini e bambole tradizionali, ma playstation5,6,7,Barbie ,P.C. IPhone 12,13,14,…In qualche famiglia resiste ancora la voglia del Presepe, ma non può mancare l’albero di Natale di abete… sintetico.
Oggi le città, omologate sulla moda d’oltralpe, sfavillano di luci e di addobbi, assai lontane dalla dolce intimità del passato. Tutto giustificato specialmente dopo l’ultimo Natale trascorso nella tristezza del lockdown. Ma la malinconia, rimasta nei cuori, ha spento per sempre lo sfavillio delle luci , ha impoverito la ricchezza degli addobbi. L’incertezza si è impadronita del mondo. Un mondo senza confini dove circola libero e impunito un Virus. Più forte del potere, della ricchezza, del consumismo, della tecnologia, della vita. Un Virus che ha reso insignificanti e vani i conflitti e le ambizioni, ma ha amplificato il desiderio di aggregazione, solidarietà, amicizia. Perciò torna la voglia di risentire il suono delle ciaramelle, ritrovare il senso del Natale simbolo di rinascita, ma anche di speranza e fiducia. Il nostro Natale .Perché “la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla “ .I(G.G.Marquez) “.Il tempo non appartiene al Natale.
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