Patrizia, la sua prima vittoria contro il cancro, gli angeli senza ali della Breast Unit e la prevenzione vanificata dalle lunghe attese...

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images Patrizia, la sua prima vittoria contro il cancro, gli angeli senza ali della Breast Unit e la prevenzione vanificata dalle lunghe attese...
Patrizia Foglia
  13 novembre 2019 18:47

di TERRI BOEMI

“ Giugno 2020?! Ma è impazzito?! Io devo assolutamente fare il controllo dopo sei mesi dalla data dell’intervento. Sei mesi esatti. Non un giorno di più non uno di meno. E sei mesi cadranno a Gennaio non a Giugno

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“ Signora questo è il centralino del cup. Il calendario non lo stabilisco io”

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“ Forse non ha capito o non mi sono spiegata. Io ho subito una mastectomia. Ho avuto il cancro. Non un raffreddore”

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“ Mi spiace. Non so che dirle”

Patrizia è incredula. Rabbiosa, scaglia il cellulare contro la parete di fronte al suo letto. Poi affonda il volto nel cuscino mentre il suo corpo è scosso dai singhiozzi. E la mente ritorna a quei giorni ancora sereni. Solo pochi mesi prima.

Festa della mamma 2019. È tutto pronto. Ci sarà anche il suo nipotino. Un monello di pochi mesi che l’ha resa nonna a 49 anni. Patrizia sorride mentre si concede una pausa sotto la doccia. Le mani affusolate percorrono quel corpo ancora snello. Senza una smagliatura. Due gravidanze. Due figli ormai adulti. Dopo essersi asciugata, accarezza la pelle liscia e morbida indugiando  sui seni. Con cura meticolosa li palpa. Come sempre. Nessuna protuberanza sospetta. Si veste. È pronta. La tavola è imbandita. Quest’anno la festa sarà doppia. È serena Patrizia. Nonostante le bufere, nonostante il dolore di quell’anno maledetto. Sette anni. Sette,  da quando sua sorella non c’è più. Il tempo attenua ogni pena ma non cancella il passato.

Il mattino seguente la casa è ancora immersa nel silenzio  della notte appena trascorsa. È presto. Patrizia apre gli occhi. C’è il sole. Suo marito sta preparando il caffè. Si mette seduta.Fa per alzarsi. Urla. Il dolore è lancinante. Il bruciore insopportabile. Il seno sinistro  è gonfio. Fa male, male da impazzire.

Corsa all’ospedale  di Catanzaro. Il risultato della mammografia è infausto. Il nemico è lì. Annidiato sotto il capezzolo sinistro. Cancro. Le gira la testa. Le tremano le gambe. Come un abbraccio caldo in una giornata d’inverno,  l’equipe medica l’avvolge, la conforta, la sostiene. Si consultano. C’è poco tempo. Il bastardo è lungo tre centimetri. T-r-e  c-e-n-t-i-m-e-t-r-i. Bisogna asportare. A-s-p-o-r-t-a-r-e. Patrizia è incredula. Nella mente si affollano pensieri disordinati. “Cancelleranno la mia femminilità. Rimuoveranno  quella  parte di me che è stata fonte di nutrimento e di vita. Il bastardo mi ha stuprata. Ha penetrato il mio corpo. Vuole distruggermi. Oddio è finita. Morirò così. Anche io come mia sorella. Sette anni fa”.

La sala d’attesa è asettica, impersonale. Ci sono  donne, quelle senza capelli. E ci sono  le altre, quelle che di fronte alle sorelle più sfortunate,  abbassano lo sguardo. Il braccialetto cifrato marchia il suo polso. Patrizia ha  freddo. Ha paura. Ha il cancro. Non vuole entrare. “Lasciatemi andare. Ridatemi la mia vita. Riavvolgete quel nastro, maledizione”. L’anestetico scivola nelle sue vene. Lentamente tutto si attenua. Non oppone più resistenza. Chiude gli occhi.

Interminabili appaiono quelle ore a chi aspetta dietro una porta. Eccola.  “Patrizia ascoltami. Abbiamo ripulito per bene. È tutto finito. Prima avevi il cancro, ora non più. Ti abbiamo inserito un espansore. Servirà a creare lo spazio che accoglierà la protesi. Quando il dolore di questi primi momenti sarà solo un brutto ricordo,  tu riavrai il tuo seno. Esattamente come prima”.

Come prima. Prima che un uragano le sconvolgesse la vita irrompendo nella sua intimità, spegnendole il sorriso, catapultandola nel buio profondo della paura. Quella cosa putrida si era insinuata dentro di lei, aveva scavato indisturbata nutrendosi della sua carne. “È colpa mia. Ho smesso di fare prevenzione. O forse no. Era destino. O forse entrambe le cose. Non lo saprò mai”. Le hanno assegnato un medico che da questo momento sarà il suo punto di riferimento. È un oncologo. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Eppure Patrizia è in quel preciso istante che realizza che sì, lei ha il cancro. Che la sua vita ha intrapreso un nuovo percorso. Che le sue scadenze avranno date precise, insindacabili, improrogabili. Patrizia ha il cancro e da quel momento  in avanti ad accompagnarla nel viaggio sarà un oncologo.

 Di nuovo a casa. Ma la strada è in salita. L’esame istologico. Ancora un’attesa.

Le gocce di pioggia tracciano sentieri disordinati sulla superficie liscia e trasparente. Patrizia osserva la quotidianità  attraverso i vetri della sua camera. Il via vai delle auto. Qualche passante. Due teneri amanti. “Tutto continuerà  anche senza di me. E sarà come se non fossi mai nata. Tutto sbiadisce col tempo. Anche il volto più caro. Il mare. Non vedrò più il mio mare. Sono già arrivata al capolinea? È così che tutto finisce?”

Arriva il risultato. È confortante. Niente chemio. Niente radio. Ormonoterapia. Una compressa al giorno per dieci anni. D-i-e-c-i anni. Per essere fuori pericolo. Ora bisogna prenotare il primo controllo post operatorio.

È previsto dopo sei mesi. A gennaio 2020. Il Cup invece le da un’altra data. Giugno 2020. Non è possibile. Ci deve essere un errore. Non c’è posto. Patrizia urla la sua rabbia. “Ma cosa dice! Io non posso aspettare. Perché la vita non si ferma. Il bastardo è lì, in agguato. Aspetta solo il momento giusto per fottermi di nuovo”. Patrizia insiste. Telefona in reparto. Poi nuovamente al centro prenotazioni. È un rimpallo continuo. Patrizia non molla. Non può permetterselo.

Errore umano? Prassi? È così che funziona o che non funziona  il centro unico delle prenotazioni? Giocando con il futuro  di pazienti indifesi per alcuni dei quali la vita è appesa ad un filo sottilissimo?

“Mi chiamo Patrizia Foglia e sento il bisogno, prima che il dovere, di ringraziare con  tutto il cuore l’equipe dell’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro a cui devo la mia vita. Franco Abbonante, direttore responsabile reparto chirurgia  plastica; Bernardo Bertucci, radiologo; Rosa Genovese, senologa. Massimo Pisano, responsabile reparto senologia; Francesco Emma, amministrazione Breast Unit.

A salvarmi non sono state unicamente la loro   competenza e preparazione. Questi professionisti di primissimo livello, mi hanno confortata, sorretta, aiutata con l’umanità di cui sono capaci e senza la quale  gli  studi più approfonditi non sarebbero sufficienti ad affrontare le difficili imprese che sono il loro pane quotidiano. Con la mia testimonianza mi faccio portavoce di tutte le donne che ho conosciuto  in questo tratto di esistenza cosi crudo, così delicato. Di tutte quelle che, come me, nella tragedia, hanno avuto la fortuna  di incontrare  angeli senza ali”.

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