Peppe Valarioti, assassinio politico rimasto impunito, Lavorato: "Un grande uomo che non temeva la 'ndrangheta"

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images Peppe Valarioti, assassinio politico rimasto impunito, Lavorato: "Un grande uomo che non temeva la 'ndrangheta"

  26 luglio 2024 20:38

di ANTONIO ARGENTIERI PIUMA

“Un grande uomo che non temeva la ‘ndrangheta e un omicidio rimasto impunito”

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Ad affermarlo è Giuseppe Lavorato, 86 anni, già deputato della Repubblica, autore del libro dal titolo “Peppe Valarioti, il primo assassinio politico compiuto dalla ‘ndrangheta”, edito da Città del Sole edizioni. 

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I diritti d’autore saranno devoluti ai parenti delle vittime del naufragio dei migranti a Steccato di Cutro tramite l’associazione  Sabir promotrice della Rete 26 febbraio.

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“Il ricordo di un compagno bravissimo – afferma l’autore - leggeva molto, studiava, apparteneva ad una famiglia di contadini. Si laureò rapidamente e da giovane professore traduceva già in modo semplice il pensiero dei greci antichi. Un uomo che aveva deciso di contribuire alla lotta per difendere gli interessi delle classi lavoratrici e della povera gente”. 

Da giovane si iscrisse al partito comunista di Rosarno e “diede un contributo alto grazie alla sua intelligenza. Erano tempi difficili gli anni Settanta. In Calabria giungevano fiumi di miliardi perchè era il tempo dell'intervento straordinario dello Stato e del pacchetto Colombo destinato alla costruzione di infrastrutture civili e industriali finalizzati a risollevare le condizioni del Sud”. 

La 'ndrangheta mise gli occhi su questo denaro e “in questo fu aiutata molto da uomini corrotti e da pezzi infedeli dello Stato. Erano gli anni della P2, l’organizzazione segreta nata per impedire che il partito comunista divenisse forza di governo e in Calabria c'era la Santa e coabitavano insieme. Ne facevano parte ‘ndranghetisti, massoni, uomini dei servizi segreti. Lì creò la sua forza la 'ndrangheta. Ma in questi anni – ricorda Lavorato - sorse un grande movimento di lotte fatto di persone per bene di forze democratiche e il Pci era la forza trainante. Fu una battaglia lunga. I mafiosi rubavano i soldi destinati alla povera gente e si gridava no alla rapina”. 

E racconta: “Lo scontro fu duro e la popolazione rispondeva forte nella Piana di Gioia tauro e in tutti i Paesi gridavano il loro sdegno contro la 'ndrangheta. Il sindaco di Gioia Tauro fu cacciato dal palco perchè ritenuto eletto con i voti della 'ndrangheta. Era un movimento che aveva raggiunto i vertici della lotta e difficilmente altri movimenti simili in Italia raggiunsero tale forza. Fu una sfida importane alla mafia ma quando capì che era in discussione colpì duro il partito comunista e uccise il suo segretario della sezione di Rosarno Peppe Valarioti. Dopo aver vinto quelle elezioni la stessa notte bruciarono la mia macchina e alcuni giorni dopo uccisero il caro Valarioti e tutt’ora quell’omicidio è rimasto impunito”.

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