C’è una specie di par condicio nell’odierna operazione “libro nero” della DDA di Reggio Calabria, quello che certa politica calabrese, come sempre accade, ha forti radicamenti con ambienti di ‘ndrangheta, ma soprattutto con un sistema mentale che continua ad uccidere questa terra di Calabria.
La lotta alla mafia, alla ‘ndrangheta calabrese non può essere fatto solo e soltanto dalle Procure e dalle Forze dell’Ordine, deve essere invece sale per la politica, anche e soprattutto quella regionale, che non può e non deve consentire la nascita di un sottobosco fatto di opacità, di collusioni, di nessuna trasparenza ed in particolare di soldi, quelli che muovono le adesioni altalenanti ai diversi partiti, che osannano i cambi di casacca, perché certa politica possa lucrare, facendo finta di non aver visto, tappandosi gli occhi!
In questa gravità, quello di un peccato che non è più nemmeno “originale”, visto che si ripropone sempre con una ciclicità mostruosa, il prezzo non lo possono pagare più i calabresi, offesi e vilipesi sul piano dei servizi ed in particolare sulla negazione di ogni garanzia costituzionale, dove il valore della democrazia diventa non negoziabile.
La diffida che abbiamo depositato lo scorso 12 luglio, attraverso l’avvocato Gaetano Liperoti dello Studio Pitaro di Catanzaro, contro il Presidente della Regione, on. Mario Oliverio, affinché i catanzaresi possano tornare a votare entro il 23 Novembre 2019, scadenza naturale della legislatura regionale, oggi, al netto di ogni forma di garanzia giuridica, diventa un imperativo non opinabile, quanto meno su un principio di dignità e di rispetto che la politica deve restituire alla Calabria tutta.
Questa politica regionale, senza distinguo di colore, deve avere il “coraggio” di puntarsi contro il dito – quello che tutti i calabresi oggi puntano contro di loro – e capire che il tempo è scaduto, che la teatralità non fa più audience e che, questa ennesima sberla ricevuta dalla DDA di Reggio Calabria, sancisce la fine del teorema “che i voti si pesano” e che la politica si esercita “usando l’oro di Brenno”, il barbaro che poi viene premiato nella zona d’ombra con incarichi o meglio ancora, dando una sistematina ai suoi affari con i ricchi contributi regionali, fossero anche con il marchio sanitario.
Se la maggioranza del Presidente Mario Oliverio ha finito la corsa, cadendo sull’ennesimo ostacolo giudiziario, per un vincolo di verità possiamo dire che la corsa l’ha concluso anche questo Consiglio Regionale, dove accordicchi o accorduni al suono del valzer delle casacche, non hanno più cittadinanza. Quella cittadinanza che la Calabria e tutti i calabresi non riconoscono più loro, sotto ogni forma di partecipazione, di cui la Magistratura si è fatta, purtroppo per un concetto nobile di democrazia, unica interprete ed unica esecutrice.
Si torni alle urne entro il prossimo Novembre, come abbiamo chiesto noi firmando un atto stragiudiziale di diffida contro il Presidente Mario Oliverio, che ha certamente un “valore” diverso di qualche comunicato stridulo di un pentagramma politico stonato e ampiamente invalidato dai fatti tempestosi, anche odierni.
L’esperienza è conclusa anche sul piano squisitamente politico, quando i partiti nazionali coinvolti, non ultimo il PD, quello del Presidente Mario Oliverio, attua una sospensione contro chi ha ricevuto l’onore dei riflettori della Magistratura, come ieri, e che mettono una pietra tombale su un percorso che i calabresi, quella della società normale, avevano già più volte indicato.
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