Senza traccia del passato
o
del timore che lascia il presente,
che si confonde
tra il risucchio dell’avvenire senza alba,
palpo
il mondo delle parole per dare senso al fragore che vaga
tra il turbinare dell’onde delle visioni.
Cresce armonia
ma
il dentro si occupa del nulla.
Odo frastuoni,
tuttavia,
come cascate di temporali che lasciano il cielo
e si spendono
per governare l’esistere di vasti prati feriti da seccume.
Poi
m’abbandono, tuttavia, nello scorgere
quei prati che, ormai gonfi d’acque, respirano il nuovo e rinascono.
Verdi come la speme avvolta da chimere.
E’ il rinnovarsi della vita tra tripudio di fiori,
ardenti, lì, come stelle,
lucidi di colori, confusi tra profumi che fantasticano nell’infinito.
Qualsiasi sia il vero che, qui, si dipana.
Palpo quel mondo quando inorridito dal reale
che tremula, ansima,
come le illusioni che si trascinano tra le braccia della coscienza.
Sto tra quei frastuoni,
dunque, così,
sospeso nel cielo,
per scrutare melodie serene con sovranità celestiali.
Ma,
pure tra correnti dove respirano vedute vertiginose.
Trasfigurato in un vortice onirico.
Vivo questi spazi come luoghi della libertà
che
nutre il sentimento della vita, in dimensione eterna in cui evolve il mistero.
Mi dondolo in questo pascere dell’immaginare
fuori
dal bivacco del dubbio e dell’esistenza, penetranti,
e, così,
non percepisco il domani dei giorni
che
non conoscono il principio e non vagano verso la fine.
Mi piego verso il nulla.
Niente
infonde meraviglia accecante tra questo confondersi nel nulla
che
si rivolge al domani.
Mi sono chiuso nelle stanze dove non respira la paura, in spazi deserti.
Squarciata l’infinita malinconia.
Pur se la coscienza fugge dai suoi moti,
tuttavia, e,
incontenibile, mi travolge il sentire,
che
il divagarmi nel nulla risulta violenza sulla libertà dello spirito.
Giù giù,
quindi
profondano le gocce brulicanti che discutono con l’angoscia.
Origina, diffusa,
conseguente lotta tra il senso proponente il ronzio dell’accadere
e
la volontà del suo dissipare.
Infine.
Dilaga il sorriso che il tenero regala al sole,
aggrovigliato, lassù,
tra i suoi raggi, incandescenti.
Illuminato è l’animo che bacia il torpore che non ama il risveglio.
Franco Brescia
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