"Prima di scagliarci contro quel trombone di Augias sarebbe utile guardarci allo specchio. Forse, con un pizzico di onestà, ci renderemmo conto di essere impregnati di una mentalità mafiosa. Una “cultura” che ha portato il nostro territorio a sprofondare in un tempo senza alcun futuro. Troppi amministratori hanno scelto di svendersi alla criminalità, ne hanno implorato il sostegno elettorale, hanno barattato le loro poltrone sacrificando ogni regola ed infischiandosene di chi lavora onestamente", scrive in una nota l'avvocato Francesco Di Lieto.
"Intanto l’ipocrisia dominante, quella sempre pronta ad imporre un religioso silenzio, finisce per essere complice di questi vermi. E così, perennemente impegnati a pretendere la sordina, ammantandoci di un aulico garantismo a gettone, dimentichiamo chi non riesce a sopravvivere perché gli appalti sono truccati; chi viene scavalcato nei concorsi falsati, chi subisce il pizzo, trasformandoci nei migliori alleati di chi si arricchisce smodatamente, usando ogni ignobile scorciatoia, ricorrendo alla violenza e sfruttando il sudore di tanta povera gente. E se in tutto questo muore qualcuno, poco importa, le indulgenze sono pronte ad essere generosamente dispensate. Quanti parroci di campagna “elettorale”, strizzano l’occhio ai tronfi ed eleganti capoccia, seduti rigorosamente in prima fila, garantendo loro una perenne assoluzione", continua.
"I peggiori nemici della Calabria sono i Calabresi. Soprattutto quelli che si ergono a garantisti, nell’esclusivo intento di non turbare la sensibilità dei criminali.
In fondo un delinquente serve sempre. Non a caso ne cantiamo le gesta, ne imploriamo il sostegno e, addirittura, fermiamo le processioni sotto casa del boss di turno, per far inchinare la statua del santo. Certo, possiamo anche decidere di scagliarci contro l’Augias di turno, ma nella consapevolezza di celebrare quella squallida ipocrisia che si nasconde dietro la nostra facciata di perbenismo e che ci rende sempre più simili ai farisei", conclude Di Lieto.
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