di PAOLO CRISTOFARO
Quando un matrimonio finisce male, capire di chi è la colpa è sempre complicato. Ma quando di mezzo ci sono accuse, violenze, ricatti psicologici, distinguere vittima e carnefice non è sempre facile. E' il caso di un assistente capo della Polizia di Stato di Reggio Calabria, accusato dall'ex moglie di assumere atteggiamenti vessatori e persecutori, anche sotto forma di minacce e molestie. Accuse che gli sono costate anche un ammonimento sul lavoro. Il fatto, però, è che una sentenza del Tar della Calabria (presidente: Caterina Criscienti; estensore: Antonino Scianna), ha ribaltato la ricostruzione dei fatti, "scagionando" il poliziotto (e annullando il provvedimento disciplinare) e scoprendo, tra verbali della pattuglie della Polizia accorse per una lite e tra le carte del Tribunale, che era lei, anzi, ad assumere atteggiamenti prepotenti, così condannandola al pagamento delle spese processuali.
Secondo l'ex moglie, dal poliziotto avrebbe subito, dal 2016 al 2019, violenze e vessazioni varie. Le liti c'erano state, ma secondo i giudici "il ricorrente non avrebbe posto in essere alcuna condotta aggressiva, semmai a volte l'avrebbe subita." La donna, invece, aveva segnalato, in particolare, un avvenimento del 5 maggio 2019, presso un locale della città. Ma, da quanto riportato in sentenza, "dalle relazioni di servizio delle volanti intervenute sul posto, l'uomo si sarebbe limitato soltanto ad afferrarla per il braccio, per farla uscire dal locale e avere informazioni sul luogo dove si trovassero i figli." Risulta infatti, oltretutto, che "la relazione dei Servizi Sociali, datata 21 giugno 2019, evidenzia piuttosto la violazione, da parte della donna, delle disposizioni del Tribunale dei Minori in ordine ai due figli della coppia". Difatti, secondo la documentazione, "la donna non intende in nessun modo che i figli pernottino con il padre, il quale trascorre il fine settimana insieme a loro, ma deve recarsi presso l'abitazione di sua proprietà, a Messina, perché il padre vive in caserma."
"Accade che la signora contatti l'ex marito per accompagnare i figli a scuola o a riprenderli, in base alle necessità, ma poi nel giorno di visita concordato, la signora decida di non far vedere i bambini al padre" e ancora che "durante il colloquio, presenti entrambi, si è potuto constatare la mancanza di controllo da parte della signora, nel momento in cui, sotto accusa, ha attivato il meccanismo del mancato controllo e del pianto", sottolinea il dispositivo. E ancora, sempre in riferimento a quell'episodio del maggio 2019, "gli agenti intervenuti non riferiscono di alcun danno cagionato alla donna, la quale, invece, secondo gli agenti inveì contro il marito con espressioni ingiuriose e lo colpì con due schiaffi al capo, mentre l'uomo, nonostante le continue vessazioni, cercava di farle capire che era andato lì solo per avere informazioni sui suoi bambini". Con queste motivazioni il Tar ha annullato il provvedimento disciplinare contro il poliziotto, condannando l'ex moglie al pagamento delle spese processuali.
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