Premio di poesia "Alda Merini" a Catanzaro, 5 i finalisti e 28 le targhe d’onore

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Poeti premiati a pari merito dopo i 5 finalisti

  04 aprile 2022 12:54

Ci sono concorsi letterari che stentano a decollare e concorsi, come il premio Alda Merini di poesia realizzato dall’Accademia dei Bronzi di Catanzaro fondata e diretta da Vincenzo Ursini, che sin dalla prima edizione riescono ad attrarre centinaia di autori da ogni parte del mondo. Ciò dipende da molti fattori, il primo dei quali è, senza dubbio, la certezza che le opere partecipanti verranno davvero valutate con imparzialità. La giuria del premio Merini, presieduta da don Titta Scalise, ex dirigente scolastico molto apprezzato dai suoi docenti e soprattutto “storico e archivista di lungo corso”, ha saputo scegliere davvero il meglio, premiando e segnalando poeti di grande qualità.

Dopo i cinque finalisti (Leonardo Rossi di Roma, Elisa Giovene di Girasole di Catanzaro, Francesco Maria Mazzamurro di Parma, Maurizio Pedrini di Verona e Caterina Tagliani di Sellia Marina), altri 28 poeti partecipanti hanno ricevuto una prestigiosa targa d’onore.

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Eccoli: Autunno Ettore, con la lirica dal titolo “Le mani”: poesia d’amore raccontato attraverso due punti di vista: quello delle mani, che s’incrociano e accarezzano e quello della donna oggetto dei versi, che guarda e sta vicino al suo amato, illuminandosi di luce mentre è con lui; Bonelli  Maddalena con “Mi feci sabbia”: analisi di quanto di buono si è  fatto per la propria famiglia, a cominciare dai figli, di cui ci si è presi cura, all’amore dato come nutrimento all’altro; Buono Michelina con “Parlami d’amore”: intenso invito all’altro affinché tenga sempre viva la fiamma dell’amore attraverso le parole; Camellini Sergio con “Angelo in cammino”: in questa poesia è rappresentata la fatica quotidiana attraverso la metafora della strada che ogni giorno si percorre, incidendo coi propri passi ciò che sarà il futuro della propria esistenza; Cicatiello Milena con “La profondità è in superficie”; piacevole inno alla leggerezza, capace di smuovere le più grandi profondità”; Cordioli Nicola con “Prima che scenda sera”; attraverso ariose metafore il poeta racconta il proposito di cogliere l’esistenza, con la sua imperfezione, che fa sì che i pensieri dell’oggi non siano i medesimi del domani; de Angelis Clementina con “Sai, amore?”: rievocazione di un amore adolescenziale. La protagonista si rivolge confidenzialmente al suo amato, spiegandogli che ai tempi temeva i suoi baci, perché era piccola e si accontentava di come lui la guardava; De Toffol Annalinda con la lirica “Ne avessi di tempo”: vagheggiando sulla possibilità che ci sia davanti a sé tanto tempo, quanto quello alle spalle, l’autrice elenca una serie di cose che farebbe, ritornata nel fiore degli anni; Di Francesco Luisa con “Come farfalle negli spilli”: protesta contro il patriarcato, definito senza sconti, reo di volere le donne simili a farfalle, ovvero oggetti ornamentali, Di Giorgio Angela con “Vorrei baciarti in mezzo alla gente”: la passione per l’altro porta al desiderio di continui contatti, di baciarlo senza preavviso e di fermare il tempo, davanti alle loro labbra unite; Fratto Nuccia Parrello con “La danza del cuore”: delicato epitaffio in onore di Carla Fracci, che Tersicore scelse quando ancora giocava a piedi nudi nella campagna; Iorio Gino con “La danza dei venti”: salendo lungo la costa tirrenica campana, si può ammirare uno spettacolo naturale fatto di alberi e arbusti. È un momento di pace, l’esperienza induce nel cuore un po’ di refrigerio, prima di tornare a combattere la propria battaglia personale con un nemico difficile da sconfiggere; Intermite Maria Rosaria con “Ti sento addosso”: lo sguardo dell’altro, col suo potere curativo, allontana dai cammini silenziosi. Gli echi della persona che si era, fatta delle tante ferite e legata al passato, cedono il passo alla luce che lui accende: Liberatore Elisabetta con “Ho solo poche parole”: delicata dedica all’altro, che accenna all’epopea del loro amore. Al tramonto la voce della protagonista s’incrina, mentre ripensa a tutto ciò che credeva di lui; Martinelli Elena con “Attesa di versi”: la complessa genesi del verso che compone l’albero metaforico dell’opera, raccontata attraverso eleganti metafore; Martinetti Gianni con “Fato”; una brillante immagine della vita espressa in forma di sonetto. Il treno che ci porta sull’ultima stella è la metafora del viaggio dell’umanità verso la propria destinazione finale; Miriello Nicola con “Solitudine”: elogio della solitudine e della malinconia che essa infonde, presentata come ombra silenziosa che scende di sera sui corpi e le menti stanche; Misasi Francesca con “Alzheimer”: toccante descrizione della demenza, dal punto di vista dell’ammalato. Mollo Maria con “Abbi cura di te”: attraverso una serie di dolci esortazioni, una madre cerca d’instradare il proprio figlio sulla via della saggezza; Palazzesi Gianni con “Profumo di ciliegio”: la primavera fa esplodere, su un albero di ciliegio, frutti a grappolo. Fiori bianchi sbucano dai rami bitorzoluti, simili a stelle; Panetta Rosita con “Nel tuo grembo”: un inno alla terra che passa per un gesto rituale di ricongiunzione con essa; Pascasi Selene con “Ricordami”: il ricordo che si vuole lasciare di sé è intrecciato indissolubilmente ai momenti condivisi con l’altro, al quale si è stati uniti, collo su collo, polsi sui polsi; Petrucci Francesca con “In cammino”: versi figurativi che descrivono il cammino dell’anima attraverso territori nei quali le ombre dei fantasmi lasciano il segno; Potenza Francesco con “Immersioni”: ci si rivolge all’altra persona, fermandosi in una sorta di crepuscolo dell’anima, in cui ci si chiede se bisognerebbe sognare i baci non dati, i suoi schiaffi che danno l’impressione delle carezze, il silenzio lungo i viali che si percorrono; Raniolo Antonio con “Pietra”: le pietre sono celebrate, per i significati che vi si attribuiscono nel linguaggio condiviso, in particolare in riferimento all’Olocausto; Risalvato Flavia con “I bambini di Kabul”: la guerra imperversa, le bocche di fuoco dominano la scena, un bimbo prega dietro la strada, augurandosi che Dio voglia ascoltare la sua richiesta di vivere; Trimarchi Laura con “Ogni volta che ti vedo”: un amore mal riposto, raccontato con versi molto vivi; Vivona Sonia con “La mia infanzia è femmina”: affresco della propria infanzia, dipinto con grande intensità, fatto di sapori agrodolci, assieme a profumi di camomilla, erbe selvatiche, periferia.

L’Accademia dei Bronzi ha inoltre deciso di assegnare una targa speciale a Massimiliano Lepera, professore di latino e greco nonché autore di vari volumi tra i quali “Il fantastico viaggio di Tom” edito da Ursini “per la sua intensa e qualificata attività di poeta, scrittore e musicista”.

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Una targa speciale è stata altresì assegnata ad Anna Bacchetta di Cureggio (Novara) quale “miglior giovane partecipante”.

“Con il premio Merini - ha aggiunto Ursini -  vince sempre la vera poesia, quella più autentica e viva”!

In foto: Autunno, Bonelli, Buono, Camellini, Cicatiello, Cordioli, de Angelis, De Toffol, Di Francesco, Di Giorgio, Fratto Parrello, Intermite, Iorio, Liberatore, Martinelli, Martinetti, Miriello, Misasi, Mollo, Palazzesi, Panetta, Pascasi, Petrucci, Potenza, Raniolo, Risalvato, Trimarchi, Vivona, Lepera (Targa ad Honorem), Ursini (presidente Accademia dei Bronzi)

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