“La nota diffusa dai componenti del coordinamento delle Camere penali calabresi, di Palmi, Armando Veneto; di Reggio Calabria, Pasquale Foti; di Locri, Eugenio Minniti; di Catanzaro, Valerio Murgano; di Cosenza, Pietro Perugini; di Castrovillari, Liborio Bellusci; di Vibo Valentia, Giuseppe Mario Aloi; di Crotone, Romualdo Truncè; di Paola, Massimo Zicarelli; di Lamezia Terme, Giuseppe Zofrea; di Rossano, Giovanni Zagarese attacca in maniera raccapricciante il coraggioso giornalismo di Presa Diretta, dopo l’ultima puntata in cui si è occupata del processo Rinascita Scott. Frasi utilizzate dai penalisti come “Assistiamo, oramai assuefatti, all’abuso costante del diritto-dovere di informare da parte dei media, i quali, pur di perseguire l’audience e il successo editoriale, prestano il fianco alle logiche di un potere illimitato nelle mani di un tiranno che tratta i propri cittadini come sudditi” sono in commentabili”. E’ quanto afferma la senatrice Bianca Laura Granato (Misto).
“Sono, invece, casi fin troppo rari quelli dell’informazione di Iacona e del suo staff. Se di qualcosa difetta il nostro Paese casomai è di una informazione realmente libera e oggettiva – afferma ancora Granato -. Come si possono conoscere e condannare i fenomeni mafiosi se proprio i veri responsabili nei piani alti godono della piena integrazione nell’alta società calabrese, che ormai ha subito un crollo valoriale verticale? Col pretesto del garantismo della presunzione di innocenza si è sovvertita totalmente la scala dei valori e questo ha favorito il proliferare dei fenomeni corruttivi e consociativi di Mafia e politica in una società che nella sua ignavia e rassegnazione è diventata spesso complice e compiacente. Ormai i cittadini si dividono in quelli che contano e quelli che non contano nulla. Anche per noi politici vale lo stesso criterio di valutazione: ci sono quelli “potenti” che arrivano ad ottenere cose (se giuste o meno, se lecite o meno, se valide o meno, se con prevaricazione o meno poco importa) e quelli che non contano (non importa se ciò avviene perché non ricattano e non si fanno ricattare, perché usano mezzi leciti e non accettano compromessi sulla pelle dei cittadini)”.
“Per me che vivo in Calabria è evidente: gli arresti, le indagini in corso non scalfiscono il potere di chi rimane coinvolto nelle inchieste, anche grazie ad una stampa locale in genere troppo timida nell’azione di denuncia – continua la senatrice -. L’ossequio formale da parte della società nei confronti di questi personaggi persiste e sotto traccia continua a cooptare, clientelarizzare, destrutturare ogni prospettiva di sviluppo dei nostri territori, ad accrescere lo stato di bisogno che rende i cittadini schiavi. Mi chiedo chi sarà mai il non meglio identificato tiranno a cui alludono i penalisti: forse il Procuratore Gratteri e della sua squadra che lavorano indefessamente per difendere lo stato di diritto in Calabria? Auspico che non tutti i penalisti si associno a questo coordinamento – conclude Granato - da cui sono uscite espressioni inedite di condanna alla libertà di informazione, che è, ricordiamolo, un diritto costituzionalmente sancito”.
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