di MARIA MARINO*
Si è tenuta a Roma, lo scorso 2 ottobre, la prima presentazione del libro “Come fiori selvatici” di Silvia Paldino edito da L’Erudita che da giovedì 6 ottobre lo renderà disponibile anche nelle librerie online; il libro è una serie di racconti tra immaginazione e realtà che susseguendosi raccontano luoghi, situazioni e personaggi che abitano le stanze di una casa in disuso ma che, nell’immaginario dell’autrice, si ristruttura, restaurandosi, con i diversi personaggi e i diversi luoghi delle narrazioni che si susseguono: le stanze, appunto, in cui ogni racconto trova la sua ambientazione secondo la situazione che esso descrive. L’autrice ha spiegato, infatti, che “Come fiori selvatici” è il quaderno di una donna che torna nel paese d’origine e decide di ristrutturare la casa dei nonni per farne un luogo in cui chiunque può fermarsi e decidere di appartenere; un quaderno in cui lei appunta la storia dei personaggi che occupano le diverse stanze, ogni stanza diventa una storia; “un altrove” …filo conduttore di tutta la raccolta,… uno spazio vivo - ha spiegato l’autrice - che interagisce con i personaggi fino a diventare a volte la causa scatenante della storia stessa.
Sono stanze ricche di particolari, riferite ora a ricordi, ora a descrizioni fisiche, o ancora, in maniera molto più intensa e coinvolgente, a sentimenti ed emozioni; quest’ultime raccontate con particolare intensità, forse perché vissute personalmente dall’autrice o rese molto reali da quello stile particolare e personalissimo che lei usa nello scrivere e nell’immaginare, struttura unica e personalissima che Poul, a cui il libro è dedicato, dichiara nel “fuori scena” della presentazione “uno stile che riconoscerei tra mille, anche se non fosse firmato da lei!”.
La serata, molto free style nel genere, si è svolta all’interno di un locale romano molto conosciuto, in una saletta all’uopo allestita in stile vintage: luce soffusa, per richiamare forse quello spazio dell’anima in cui molto resta personale ed intimo e fuori dai coni di luce invadenti della vita frenetica quotidiana; cornici senza quadri appese alle pareti a mattoncini rossi incastrati tra loro da un sottile filo bianco di calce, come le tante personalità che si evolvono e crescono “ovunque” restando però legati insieme da valori inossidabili a dispetto del tempo e dello spazio; arredi che richiamano lo stile della case delle nonne del sud, “perché da noi al Sud si usa così”, invasa comunque da una ormai gigantesca tastiera di un Amiga ed un vecchio Telefunken sul lato opposto, con al centro quel lume stile anni trenta, anzi quasi coloniale, che illumina sufficientemente senza accecare, posto alle spalle della relatrice Giulia Covelli, che con stile raffinato ha condotto la serata in maniera tanto leggera quanto più incalzante, capace di portare Paldino, ingegnere civile di professione, a specificare quanto di personale ed autobiografico esiste nei suoi racconti e quanto invece è frutto di pura fantasia. Paldino ha spiegato, ai numerosi presenti, che ogni racconto del libro è un mixer di storie e situazioni realmente accadute, alla fine di uno di essi, infatti, è evidenziato che “ il racconto è stato ispirato da una storia vera”; ha poi aggiunto, però, che altrettante sono le situazioni solo immaginate; eppure molte di esse sono descritte in maniera tanto realistica da far pensare ad un’autobiografia, ma che tale certamente non è e non vuole essere nessuno dei racconti, “seppur ispirato - ha ammesso l’autrice - da determinate immagini e scene casuali e reali che hanno attirato prima la mia attenzione e stimolato poi la mia immaginazione”.
Altra riflessione che la brava relatrice Covelli ha saputo indurre è l’uso delle parole e il significato che l’autrice attribuisce ad esse nei diversi racconti; secondo l’autrice infatti “ le parole diventano il filo che intreccia, che lega, che mantiene insieme …..la forza creatrice ….che plasma la forma di tutto ciò che abbiamo visto, ascoltato, sentito…ed accende le storie” narrate, appunto le “Storie qualsiasi… dei suoi personaggi, fragili e forti come fiori selvatici, che spuntano in luoghi improbabili….che sono fuori posto in ogni caso….” seppure “…un posto si trova sempre.” Sarà quello dell’anima, delle passioni e di quell’intimità a cui nessuno rinuncia mai del tutto? Quello spazio del cuore aperto a pochi in cui ciascuno conserva pezzi della propria vita, come se qualcuno o qualcosa un giorno tornerà a riproporli e/o a completare? L’autrice del libro non lo ha specificato, ma nei versi recitati magistralmente dall’attrice Alexandra Antonioli, tratti dai racconti “La Signora elegante e dei suoi figli delle camere 4 e 5” e da “Una storia comune di una stanza qualsiasi, facciamo la 3”, sembrano trasparire situazioni e personaggi abbastanza usuali alla gente del Sud: le partenze dell’ultimo giorno d’estate con ragazzi che si salutano, gruppi di amici che si frantumano disperdendosi nelle varie parti del mondo, treni che partono verso mete sconosciute, speranze e progetti che si realizzano in un “altrove” ancora poco chiaro. La lettura dei brani è stata accompagnata dalla splendida chitarra a dodici corde del maestro Paolo Branca, arpeggi morbidi su corde ruvide che non rimandavano alle musiche di Tchaikovsky che accompagnano i “fiocchi di neve che danzano” di cui racconta l’autrice, ma penetravano le parole recitate una ad una con grande forza emotiva e penetrante, ed intense vibrazioni stridenti sulle corde dei cuori l’altro, quasi si volesse accomunare la felicità di una partenza, che determina il futuro della vita dei personaggi narrati, con la dolce malinconia dell’obbligato abbandono dei luoghi natìi, la consapevolezza d’inseguire i propri sogni e realizzare i propri progetti con la nostalgica visione del mare che i giovani del Sud portano via nelle loro enormi valigie quando partono.
Il libro rappresenta uno scrigno di luoghi, personaggi e sentimenti che narrano vite, vere o solo immaginate non è importante, sono quelle parole scelte per narrarle che attraggono e coinvolgono, quei luoghi descritti con minuzia di particolari che leggendo sembrano materializzarsi davanti agli occhi che stupiscono anche il lettore più distratto, e quello stile inconfondibile che sconfina anche nel divertente, a fare di “Come fiori selvatici” una gran bella lettura da concedersi…magari in una stanza con un lume di luce soffusa acceso!
*Docente
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