Presidenziali in Francia, Maria Grazia Leo: "Riconfermato Macron e l’Europa tira un sospiro di sollievo"

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  25 aprile 2022 10:48

di MARIA GRAZIA LEO

"Il futuro dell’Europa passa e s’intreccia con il futuro della Francia, entrambi interscambiabili come un unico destino. E si perché le elezioni presidenziali francesi -con il ballottaggio svoltosi ieri, domenica 24 aprile- erano la cartina di tornasole sul come l’Europa politica e l’Europa dei popoli si sarebbe svegliata all’indomani dei risultati elettorali. Perché in gioco c’era molto, molto di più del sapere solo se il vincitore sarebbe stato il presidente uscente Emmanuel Macron o la candidata del Rassemblement National, Marine Le Pen. Si prospettava una diversa scelta di campo culturale e politica, di come intendere la società e la civiltà.

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In ballo c’erano la prevalenza dei valori dell’europeismo, della solidarietà, della moneta unica, della difesa comune, contro il sovranismo e l’identità nazionale; c’era la supremazia del diritto europeo su quello nazionale; c’era sul piano della politica estera il tema dei temi quello dell’immigrazione con il rischio della chiusura delle frontiere d’oltre Alpi e del rimpatrio degli immigrati, con la scusa di ogni possibile infrazione e che sul piano della politica interna avrebbe determinato l’attribuzione ai francesi di un “privilegio” o di una “priorità” sull’accesso ad alcuni servizi e sussidi, rispetto agli immigrati.

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Questi ventagli di incertezze, di paure, di preoccupazioni o di speranze si sono dipanati a noi con il semplice dato numerico uscito dai seggi elettorali. Il nuovo presidente della Quinta Repubblica di Francia è Emmanuel Macron votato dal 58,5%degli elettori francesi contro il 41,5 % della sfidante Marine Le Pen.

E’ andato a votare il 72% dell’elettorato e si è assistito come già al primo turno (26%) ad una forte astensione, ben il 28% dei cittadini in questa tornata elettorale ha preferito dedicarsi ad altro.

I politologi la chiamano “fatigue dèmocratique” la stanchezza democratica che ha un sua spiegazione ben articolata e motivata nata già da prima della pandemia ma che si è accentuata con essa, fino al giungere della guerra in Ucraina, con un’apatia di base che ha coinvolto soprattutto i giovani. E’ interessante ricordare brevemente uno studio approfondito dal sociologo Olivier Galland e dal politologo Marc Lazar nel quale si evidenzia come il 64% dei giovani tra i 18 e i 24 anni non si sentano legati a nessun partito politico, neanche nella contrapposizione tra destra e sinistra e questo per ignoranza, disinteresse o forse anche per rifiuto. Molti considerano la classe politica sostanzialmente corrotta. E da qui poi scatta quella diffidenza e quel senso di ribellione che può sfociare nella violenza come nel caso recente dei “Gilet gialli” che ha proprio coinvolto la Francia oltre che nei casi delle proteste No vax e No pass che hanno interessato l’intera Europa. Una “sofferenza” democratica che i politici dovrebbero farne tesoro e ammenda per cercare di porre un argine ad un’emorragia che non è solo politica/sociale ma anche istituzionale e questo è un dato fondamentale perché intacca fortemente il tessuto di quei principi ai quali la Francia lega le sue radici: libertà, fraternità, uguaglianza.

Ma torniamo al vincitore Emmanuel Macron e al suo partito di riferimento En Marche.  Aveva superato il primo turno del 10 aprile senza avere fatto una vera campagna elettorale. Un solo comizio sostenuto a Parigi, perché gli impegni del semestre di presidenza del Consiglio europeo lo avevano indotto ad occuparsi del conflitto Russia/Ucraina soprattutto nel tentare di dipanare la matassa della diplomazia, insieme all’opera di coordinamento sulle sanzioni da applicare alla Federazione russa e anche perché le funzioni di Capo dello Stato non si sospendono mai, a dimostrazione che il ruolo e il dovere di un presidente vengono prima di tutto.

Pur se il suo carattere supponente, molti direbbero arrogante o poco empatico non lo abbia aiutato in questa fase, rispetto alla prima elezione del 2017 in cui prevaleva la freschezza e la novità politica di un riformista moderato, che irrogava sui francesi una fiducia pur a termine…oggi lo ritroviamo riconfermato all’Eliseo. Un presidente che -rispetto ai suoi predecessori- resta il più inviso agli occhi dei suoi concittadini in versione trasversale da destra e da sinistra. La gouche (la sinistra) lo ha sempre visto come uno venuto da sinistra ma che ha poi tradito passando a destra e la destra lo “odia” perché è stato capace di sottrarre una buona parte del suo programma. Non a caso notiamo che metà della Francia vota un partito antisistema.

Ma forse, questo suo carattere particolare qualcosa di positivo ha seminato e lasciato nel corso di questi primi cinque anni di mandato presidenziale che gli sono serviti per maturare e farlo ripensare sugli errori compiuti, legati ad una prima e approssimativa esperienza in una carica che richiede molta attenzione ed impegno. E’ lo stesso Macron a ricordare che quando si governa si ha sempre una parte di responsabilità, facendo il mea culpa nel non aver portato risultati sufficienti sull’immigrazione nonostante il rafforzamento delle frontiere, l’inasprimento delle condizioni d’ingresso nello Stato. Incrementare la lotta contro l’immigrazione illegale e facilitare il ritorno degli immigrati senza permesso di soggiorno nel loro paese d’origine, questi i punti ancora mancanti della sua azione politica. Così come rimpiange il tempo impiegato male, troppo incentrato su argomenti non essenziali, su scelte secondarie, quando invece i dossier più caldi erano altri. “Bisogna imparare dai propri errori, le crisi mi hanno rafforzato e stimolato a fare di più per altri 5 anni affrontando le sfide sulla base dei nostri valori a partire dall’attaccamento alla libertà ed in questo primo mandato nonostante le tante crisi sul tavolo ho cercato di prendere sempre buone decisioni” Da questi suoi pensieri probabilmente si ravvisa come quell’arroganza o antipatia sulla sua persona abbiano virato decisamente nel considerarlo più sul versante caratteriale di una sana ambizione di un ancora giovane e rampante presidente che non ha certamente quell’idealismo tipico e naturale che traspariva continuamente in Bob Kennedy (pur avendo una vaga somiglianza fisica e una simile gestualità comunicativa) ma che conserva ed incarna comunque valori di un riformismo pragmatico e di uno spiccato europeismo forse a volte non ben compresi e non ben trasmessi alla popolazione francese e all’Europa tutta. In questo dovrà migliorare sicuramente ma è sulla buona strada.

Ardui saranno i punti programmatici sui quali ha chiesto la riconferma agli elettori: 1)Innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni con un aumento della pensione minima a 1.100 euro; 2) Potere d’acquisto con l’impegno a finanziare e distribuire nuovi aiuti ma soprattutto creando le condizioni di trovare e ridare il lavoro a chi lo ha perso; 3) Una  innovativa politica di sviluppo ecologico, con il problema clima al centro dell’attenzione del mondo 4) Esercito comune europeo 5) Nuovo Patto di stabilità nella Ue; 6) Rafforzamento dei valori comuni europei. 7) Sconfiggere con le azioni di una buona politica oltre che con la cultura e l’istruzione tutti gli estremismi. Per Macron fondamentale è promuovere e garantire l’unità nella struttura della Nazione, dando risposte chiare ed efficaci che infondano sicurezza e certezze nella vita di tutti i giorni rispetto a risposte semplicistiche che invece la destra tende ad offrire a problemi profondi. Creare una società più giusta. Avere una buona capacità d’ascolto a 360° verso tutto il paese, in modo tale da non escludere nessuno. “Sarò portavoce –ha affermato nel discorso della sua rielezione- delle divisioni del paese ne ascolterò la rabbia e soprattutto ascolterò il silenzio degli astenuti”.

 Forse anche per questo Marine Le Pen non ha riscontrato-ancora una volta- il favore dell’elettorato. Pur presentandosi meno ingessata, meno pungente e meno carica di aneliti populisti, antisemiti, anti migranti o pur evitando  proseliti putiniani e anti Nato o diffondendo scetticismo e diffidenza verso l’Europa e quindi risultando agli occhi dei francesi più familiare, più empatica, più credibile nella moderazione dei toni, disegnando un estremismo dal volto umano -oseremo dire- in realtà nei contenuti nulla è cambiato in rapporto a  quello che già ci aveva presentato 5 anni fa, anzi nell’ultimo dibattito con Macron è scivolata sul piano della competenza sui dossier più importanti e anche nel dare risposte sui dettagli, dimostrandosi ancora impreparata e impacciata.

A seggi ormai chiusi, possiamo dire che l’Europa tutta ha tirato un sospiro di sollievo per il risultato. In Francia nonostante le spaccature –anche geografiche- del paese soprattutto sul piano sociale, politico ed economico ha prevalso lo spirito del fronte repubblicano, presente trasversalmente in tutti gli elettori degli schieramenti politici d’origine (antisistema- di sinistra-di centro) ancorato ai saldi principi liberali e democratici. Per capire meglio le divisioni all’interno del territorio francese, possiamo accennare all’esistenza di uno spartiacque tra una Francia delle grandi città, delle periferie borghesi e dei quartieri turistici più aperta al futuro, alla ricerca di del sogno di una vita migliore per le nuove generazioni  e dall’altro abbiamo una Francia delle zone  rurali, delle aree industriali dismesse, dei piccoli comuni che tendono a spopolarsi perdendo importanza, in cui prevale una filosofia della “decadenza” dove la vita è più racchiusa e imbottigliata in un continuo presente da preservare e difendere più che proiettata verso un ambito futuro. Ma nonostante ciò il fronte repubblicano ha vinto ancora una volta e questa lezione di maturità dal basso non può che aver dato lustro, dignità e onore ad un Francia in parte smarrita, scettica, in parte delusa e stanca della politica e/o della sua classe politica ma certamente sempre orgogliosa del suo senso patriottico, non identitario a se stante, ma sempre plasmato in una chiara visione europeista e atlantista. “Non ci sono entità opposte e irriconoscibili –ha detto il presidente Macron- riconcilierò la Nazione”. E’ una bella prova, è una difficile impresa ma non per questo esaltante quella che questo leader così giovane e pieno di aspirazioni è chiamato a svolgere e portare a termine. Riconciliare la Francia sarà per Emmanuel Macron il suo orizzonte possibile e per l’Europa sarà un segnale di garanzia, di stabilità e di coesione all’insegna dei valori comuni".

 

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