I processi si fanno nelle aule di giustizia, ne siamo consapevoli, ma la vicenda di Mimmo Lucano sembra assumere connotati che travalicano quelle pareti. Il Pm del processo Xenia, nella sua requisitoria, ha richiesto per Mimmo Lucano il massimo edittale della pena senza la previsione di nessuna attenuante, neppure generica. La vicenda giudiziaria che ha visto persino rigettata la richiesta di arresto avanzata dalla Procura e il ritenere il «quadro indiziario inconsistente» da parte del Tribunale del riesame, trova adesso il suo acme nelle battute finali del processo". E' quanto si legge in una nota stampa di Primavera della Calabria. "Tutta la gestione dell'accoglienza - prosegue - era finalizzata al controllo del consenso elettorale per favorire la candidatura di Lucano al Parlamento ( e da quando candidarsi e` reato?). Questo il dato che emerge dalle parole usate dal Pubblico Ministero. Candidature, si evidenzia, per dovere di cronaca, che Lucano ha rifiutato sia per le politiche nazionali, sia per le ultime europee. È vero, i processi si fanno nelle aule giudiziarie".
"Lo sappiamo. Aule dove la Politica, - evidenziano - a qualsiasi colore di casacca si faccia riferimento, non deve entrare, neppure sotto le mentite spoglie di una richiesta di condanna esemplare. Fuori da quelle aule pero`, esiste una Calabria orgogliosa, fiera, impavida. Una Calabria che conosce il senso e il valore dell’accoglienza. Che ha conosciuto e mai dimenticato il dolore delle partenze verso un futuro ignoto ed incerto, che ai nostri nonni non ha risparmiato l’onta dell'umiliazione e del disprezzo. Era il 1998 quando una barca di profughi curdi approdo` sulla costa di Riace. Il giorno declinava. I tramonti, alle nostre latitudini, sono acquerelli che rapiscono i sensi. Improvvisamente una barca all’orizzonte. Sembra una apparizione, ed e` facile indulgervi fra le ammalianti sfumature del tramonto. Invece in quell’imbarcazione, fin troppo vera, era riassunto il dramma umano della nostra epoca. Mimmo Lucano fu fra i primi ad accorrere, a confortare, a rifocillare, ad abbracciare i nuovi venuti. Li accolse come se quel dramma fosse cosa sua. E Riace divenne quel simbolo che svelo` tutta la inumanita` del : “Prima gli Italiani!”, allora tanto in voga, mostrando in concreto cosa sia una societa` fondata sulla uguaglianza, sul rispetto della dignita` umana, sulla compassione. Compassione: cum= insieme; patior=soffro".
"Chiedo a quanti hanno puntato l’indice su Mimmo Lucano e la sua “ citta` del Sole” - si legge ancora - se abbiano frequentato i “ bassi”, le zone buie e maleodoranti di territori sempre piu` abbrutiti dalla miseria e dalla indifferenza. Se abbiano mai avvertito nella loro anima il senso amaro dell'abbandono. Se abbiano mai ,costoro, condiviso una minima parte della propria quotidianita` con chi vive ai margini o con chi ha smesso di essere perche´ non ha mai avuto. Non c’e` nulla di sacrilego nel vivere legittimamente una condizione economicamente privilegiata, a patto pero` che non si finga di immedesimarsi nella condizione di chi vive nei sottosuoli del mondo".
"La terra che abitiamo e` di tutti. Mimmo Lucano lo sa. Ed e` questo senso di comunione, - conclude la nota - questo afflato che lo ha sempre ispirato e guidato. Il suo sorriso, i suoi modi semplici, la sua naturale empatia sono l'uscio sempre aperto da cui i diseredati, i disperati, gli ultimi, hanno avuto accesso al suo cuore. Sono la manifestazione plastica dell'antica philanthropia che Mimmo, il " papa` " di Riace rinnova ad ogni arrivo con quella frase semplice e strabocchevole di umanita` : “Fratello mio, sorella mia, siete salvi”. Ecco perché in quell'aula di tribunale Mimmo Lucano dimostrerà, ne siamo sicuri, che l'Umanità non è un Reato".
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