È toccato all’avvocato Federico Vianelli avviare le arringhe difensive in favore di Giuseppe Graviano, boss di primo piano di Cosa nostra, già condannato in primo grado all’ergastolo per il duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uno dei più tragici eventi legati alla stagione delle Stragi voluta da Salvatore Riina per costringere lo Stato alla trattativa, negli anni ’90.
Il penalista veneto, nel suo intervento dinanzi ai giudici della Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, ha definito l’inchiesta della Procura distrettuale di Reggio Calabria e lo svolgimento del processo, “un procedimento viziato”. Nel chiedere al collegio la “piena assoluzione” per il proprio assistito, l’avvocato Vianelli ha ribadito, tra i motivi a sostegno della sua richiesta, il mancato recapito a Giuseppe Graviano e ai suoi difensori di alcuni file audio contenenti intercettazioni.
“Non si tratta di formalismi – ha sottolineato il penalista – ma di impossibilità di esaminare la mole di materiale prodotta nel rispetto delle regole”.
Vianelli, inoltre, ha mosso critiche all’impostazione dell’accusa, “una spasmodica ricerca di qualcosa che non c’è”. L’avvocato Giuseppe Aloisio, del foro di Reggio Calabria, ha posto all’attenzione dei giudici d’appello il dilemma se “i collaboratori di Giustizia Consolato Villani e Antonino Lo Giudice possano essere considerati credibili o meno”.
Aloisio, concludendo, ha evidenziato all’attenzione della Corte d’Assise d’Appello le dichiarazioni dei pentiti siciliani, “come Giovanni Brusca”, che non hanno mai parlato di una collaborazione dei calabresi nella strategia stragista, nonostante, come tanti collaboratori calabresi affermino, “egli fosse accreditato come l’ambasciatore di Cosa nostra presso la ‘ndrangheta”.
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