Processo per la mattanza al carcere di Santa Maria Capua Vetere: l'associazione Yairahia ammessa come parte civile

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  04 febbraio 2022 16:34

"Nel corso dell'udienza odierna in merito al processo a carico di 109 persone tra agenti, ufficiali, funzionari e personale sanitario del carcere di Santa Maria Capua Vetere, il giudice D'Angelo ha riconosciuto la piena legittimità della nostra costituzione di parte civile assieme a quella delle altre associazioni (A.C.A.D., Antigone, il Carcere possibile onlus), del Garante nazionale e del Garante regionale. La nostra costituzione di parte civile ai sensi e per gli effetti degli artt. 74 e ss. c.p.p., nei confronti di tutti gli imputati, e per tutti i capi di imputazione contestati (tortura, perquisizione personale arbitraria, abuso di autorità contro detenuti, maltrattamenti, lesioni personali pluriaggravate, falsità in atti, calunnia, favoreggiamento, omessa denuncia, omicidio colposo ed altro, commessi dal 6 aprile 2020), è stata legittimamente riconosciuta per l'impegno profuso a difesa dei diritti dei detenuti, anche in rete con altre associazioni, attraverso azioni concrete, denunce pubbliche e formali ponendo all’attenzione delle autorità competenti e della società civile l’esistenza di abusi e situazioni di criticità segnalate direttamente dai detenuti o dai loro familiari, in quasi 20 anni di attività". Lo rende noto l'associazione Yairaiha Onlus. 


"Come giustamente rimarcato dal nostro legale, avv. Caterina Calia, nell'udienza odierna sostituita dall'avv. Paolo Conte, la vicenda di Santa Maria Capua Vetere si caratterizza per la cruda ed inaudita violenza esercitata nei confronti dei detenuti, commessi da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, in un momento di particolare fragilità stante la paura data dall'emergenza covid19. Questo, a nostro avviso, rappresenta un maggiore disvalore sociale e penale, perché il potere violento, e gratuito, è stato esercitato nei confronti di persone loro affidate e, di fatto, assolutamente inermi ed indifese in quanto soggette alla gerarchia degli agenti e dei funzionari che li hanno offesi, minacciati e colpiti, provocando lesioni fisiche anche gravi e, nel caso di Lamine Hakimi, persino la morte. Come ribadito più volte, le immagini delle violenze di Santa Maria C.V., che tutti abbiamo potuto vedere a fine giugno del 2021, corrispondono agli scenari minuziosamente descritti a poche settimane di distanza dalle proteste del marzo 2020, da decine di detenuti da varie carceri d'Italia. Resta, inoltre, il pesante interrogativo sugli altri 13 detenuti morti. 13 persone la cui morte è stata prontamente imputata a overdose di metadone prima ancora che venisse effettuata una autopsia; 9 persone sono morte nel solo carcere di Modena e tranne che per la morte di Sasà Piscitelli per la morte di 8 di loro è stata disposta l'archiviazione. Il nostro auspicio è che altre procure seguano l'esempio di Santa Maria C.V. affinché si faccia luce su tutte le “orribili mattanze” e sulla morte di altri 13 detenuti. Riteniamo, inoltre, che il dibattito sulla tortura dovrebbe essere riaperto al fine di arrivare a contemplare tutte le forme di tortura che vengono perpetrate sulle persone private della libertà, o comunque in situazione di minorata difesa, da parte di pubblici ufficiali. Ma le leggi da sole non basteranno a tutelare i più deboli. È necessario che le carceri, e tutte le strutture di privazione della libertà, fin quando esisteranno, diventino trasparenti, accessibili a tutti i difensori dei diritti umani oltre che ai garanti, sì da poter monitorare costantemente il rispetto dei diritti delle persone private della libertà", conclude l'associazione Yairaiha Onlus. 

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