Quichi, l’app nata a Catanzaro che permette di fare ordinazioni dal proprio smartphone. Tassone: “Dobbiamo imparare ad aver fiducia nei nostri corregionali”

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images Quichi, l’app nata a Catanzaro che permette di fare ordinazioni dal proprio smartphone. Tassone: “Dobbiamo imparare ad aver fiducia nei nostri corregionali”
Gianluca Tassone
  06 maggio 2020 13:08

di CLAUDIA FISCILETTI

Il lockdown ha trasformato il food delivery in una scelta necessaria, tanto per i locali (bar, ristoranti) quanto per i loro utenti. Quichi è l’app nata a Catanzaro e consente di fare l’ordinazione dal proprio smartphone, in poche e semplici mosse. Sviluppata da Bemart, start-up costituita dal catanzarese Gianluca Tassone, Quichi permette di avere a portata di mano il menù del locale in cui si è scelto di fare l’ordinazione, nell’immediato si può avere il totale del conto da pagare, oltre a conoscere quali sono i servizi più vicini alla zona in cui si abita. E’ un’alternativa alle ordinazioni per via telefonica o per via whatsapp che, talvolta, sono molto meno immediate. “Con quest’app stanno lavorando una decina di ragazzi, tra rider e figure gestionali. In questa fase particolare ho trovato tanta voglia di lavorare in tutti coloro che si sono resi disponibili a collaborare”, afferma Gianluca Tassone, che ha rilasciato un’intervista a La Nuova Calabria per spiegare meglio le funzionalità di Quichi e per fare il punto della situazione sugli argomenti “più gettonati” di questo periodo, come la privacy e la tecnologia.

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Quichi è nata inizialmente come app per lo scambio di biglietti da visita poi, nel tempo, ha avuto questa evoluzione con il food delivery.

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“Si, Quichi è un progetto che non è nato adesso in questo periodo particolare, ma si è evoluto nel tempo, volendo offrire un servizio a 360° per le aziende, che possono essere ristoranti, negozi, store in generale. Uno di questi servizi, che è stato pensato e poi sviluppato, è proprio quello di food delivery. Naturalmente con il lockdown ha avuto un’esplosione, nella città di Catanzaro siamo arrivati ad avere più di 1.500 utenti, è un’app che si sta iniziando a conoscere e che si sta espandendo. Oltretutto, forniamo anche il servizio di consegna con i nostri rider e vorremmo estenderci anche su Soverato e Cosenza”.

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Le aziende che aderiscono a Quichi sono soddisfatte dell’app?

“Si, la trovano molto conveniente. In realtà i locali sono in una fase in cui cercano di capire come bisogna procedere. Per molti di loro il food delivery è una novità che non è facile da organizzare, ma la nostra app non è solo un software che agisce in maniera automatica, permette anche di avere un contatto con noi e siamo molto flessibili, dal momento che ogni locale ha esigenze diverse”.

Si parla molto di app e privacy in questo periodo. Lei cosa ne pensa?

“Secondo me la cultura della privacy è un argomento nuovo per noi e l’assimileremo lentamente nel tempo, riuscendo a capire quali sono i dati che possiamo fornire e quali no. Siamo abituati a dare il consenso a tutto, Facebook sa tutto di noi, dagli orientamenti politici, ai nostri spostamenti. E’ un social di una società americana, eppure forniamo i nostri dati senza batter ciglio. Diventiamo diffidenti, invece, quando dobbiamo dare due dati ad una società italiana che segue le norme sulla privacy del proprio Paese di origine. Nella fattispecie di Quichi, viene richiesta la posizione con il geolocalizzatore solo per sapere quali sono i locali più vicini, non sono dati che poi vengono utilizzate per cose diverse”.

Il coronavirus ha “scoperto” il lato positivo della tecnologia, da sempre tacciata da molti come negativa. Per lei la tecnologia è così negativa?

“La tecnologia è negativa solo quando non migliora lo stile di vita della persona. Se la utilizziamo solo per stare davanti allo schermo, alienandoci, non porta a nulla di positivo. In particolare le nuove generazioni tendono ad essere passive davanti ad uno schermo che mostra nuovi contenuti e quindi, in questo caso, va usata a piccole dosi. E’ diversa invece la tecnologia che migliora le nostre azioni quotidiane, nel caso di Quichi permette di fare l’ordinazione in modo immediato, avendo già a disposizione il menù e sapendo già quanto si andrà a spendere. Ma ci sono anche altri esempi, come le video lezioni, la didattica a distanza, che hanno migliorato questo periodo. In questo caso la tecnologia è stata utile”.

C’è il luogo comune secondo cui in Calabria queste innovazioni vengono viste con diffidenza, pensa la stessa cosa?

“Più che altro bisogna superare la diffidenza che sia ha per i propri concittadini o per i propri corregionali. Abbiamo tantissime teste eccellenti e non siamo inferiori a nessuno. Quasi dà fastidio che in Calabria non abbiamo avuto la stessa diffusione del virus che c’è stata in altre parti d’Italia. Il problema è che ci hanno detto tante volte che siamo inferiori che alla fine ce ne siamo convinti e quindi abbiamo diffidenza anche nei confronti di quello che fa il nostro vicino di casa, che invece può essere molto meglio di quello che si fa nella pianura padana o in Germania o in Inghilterra”.

Quali saranno i prossimi aggiornamenti previsti per Quichi?

“Prima del covid-19 ci stavamo concentrando sugli ordini da sotto l’ombrellone, come su quello di prenotazione dei tavoli. Quello che si sta impegnando a diventare Quichi è un’app che fornisce un servizio a 360° a differenza di altre app che forniscono determinati servizi, concentrandosi solo su un aspetto di essi. In futuro ci auguriamo di varcare i confini regionali entro fine anno e anche tentare di dare un prodotto che possa essere competitivo con altri grossi player come Justeat o Deliveroo, quindi ritagliandoci una piccola fetta in un settore che è sempre più determinante e col tempo sarà sempre più presente nella vita di ciascuno di noi”.

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