di EDOARDO CORASANITI
Per la quinta volta un tribunale si occupa del processo a carico di Nicholas Sia (difeso dall'avvocato Fabrizio Costarella), accusato di aver ucciso a coltellate il diciottenne Marco Gentile, il 24 ottobre del 2015, nei pressi dei giardinetti di San Leonardo di Catanzaro : oggi la Corte d'Assise d'Appello di Catanzaro (presidente Gabriella Reillo, a latere Francesca Garofalo) ha condannato Sia a 15 anni. Riconosciuta l'attenuante della provocazione, valutate equivalenti alla contestata aggravante della premeditazione.
La Procura generale all'udienza di ritorno dall'Appello oggi aveva chiesto la conferma della prima sentenza di secondo grado: 16 anni. Si sono associate le partiti civile rappresentate dagli avvocati Antonio Ludovico, Alessio Spadafora, Arturo Bova, Antonio Lomonaco, che nel 2019 hanno appellato la seconda sentenza d'Appello, con la quale la Corte ha condannato a 12 anni l'imputato.
LA VICENDA: Dopo la prima condanna a 17 anni con il rito abbreviato il 28 novembre 2016, arriva l'Appello: 16 anni di condanna. Le parti non si arrendono e mandano il fascicolo in Cassazione. I giudici romano rispediscono le carte a Catanzaro. In sede di giudizio di rinvio la Corte di Assise di Appello di Catanzaro riconosce l'attenuante della provocazione, e, "formulato un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche e della provocazione con l'aggravante della premeditazione", ridetermina la pena finale, originariamente commisurata in 16 anni, in anni 12 di reclusione.
Non è finita: la Procura generale presenta il ricorso agli ermellini per la pena considerata troppo bassa. Ad ottobre 2020 il risultato, si torna di nuovo nel distretto del capoluogo di regione per una nuova formulazione del processo. Per i giudici "ai fini della configurabilità della circostanza attenuante della provocazione, pur nella forma c.d. "per accumulo", si richiede la prova dell'esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l'esplosione, in relazione ed in occasione di un ultimo episodio, pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo, la cui esistenza è, tuttavia, da escludersi, pur in presenza di fatti apparentemente ingiusti della vittima, allorché la reazione appaia sotto ogni profilo eccessiva e talmente inadeguata rispetto all'ultimo episodio dal quale trae origine, da fare escludere la sussistenza di un nesso causale tra offesa, sia pure potenziata dall'accumulo, e reazione".
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