di SABATINO NICOLA VENTURA*
Ai Calabresi inoccupati o disoccupati, (In Calabria purtroppo non c’è offerta di lavoro, ma anche nel resto d’Italia ci sono difficoltà a trovarlo) Occhiuto, da presidente della Regione, decise di offrire una possibilità di lavoro attraverso un incentivo economico a chi vorrà aprire una partita IVA. La Regione, infatti, assicura un contributo finanziario a chi sceglierà di svolgere un’attività da libero professionista o da imprenditore. I giovani, e non solo, disoccupati, secondo Occhiuto avranno possibilità di lavorare in Calabria se sceglieranno di svolgere un lavoro autonomo.
La decisione di Occhiuto mi ha sollecitato qualche riflessione. Ho subito pensato: in Calabria un numero significativo di partite IVA non ce la fa ad andare avanti; tanti sono gli avvocati, i commercialisti, gli architetti, gli artigiani, i commercianti, piccole imprese e via dicendo, in difficoltà. In parecchi chiuderebbero ben volentieri l’attività autonoma, se avessero un’alternativa. Molti hanno un guadagno irrisorio; basta prendere cognizione delle dichiarazioni dei redditi. Molta dell’evasione fiscale in Calabria riguarda particolarmente lavoratori autonomi, imprese a partita IVA, che sono “costretti”, per mancanza di solvibilità, a non pagare le tasse.
Ritengo questa scelta di Occhiuto priva di ogni approfondimento della realtà calabrese rispetto al lavoro indipendente, (quali studi di possibilità sono stati realizzati per individuare i settori appetibili per aprire una partita IVA?) è basata sul nulla, inventata. È una idea bizzarra. È una offesa ai giovani. È un inganno.
Colgo l’occasione per ricordare ad Occhiuto che ci sono, anche, partite IVA di fatto “false”, cioè di lavoratori “dipendenti” a tutti gli effetti, basterebbe verificare con attenzione lo svolgersi della loro giornata lavorativa. (Sono persone che se non si prestassero sul mercato del lavoro in questa condizione, non verrebbero “assunti”). A tal proposito sarebbe interessante chiedere ad Occhiuto se anche per questi vale il contributo/aiuto per aprire una partita IVA. E se no, il perché.
In ogni caso è preoccupante che il presidente dimissionario della Regione, abbia pensato per gli aventi bisogno di lavoro, queste non soluzioni, che si sono rivelati insignificanti. Sarebbe importante conoscere i dati relativi a quanti hanno utilizzato queste opportunità, e per quali comparti, per avere contezza dell’insuccesso.
Ma Occhiuto non si è fermato a questa decisione perché ha anche pensato di aiutare le imprese che vorranno assumere a tempo indeterminato, con un sostegno sul costo del lavoro. E, ancora, con un contributo a quelle che decidono di stabilizzare con contratto a tempo indeterminato le lavoratrici e i lavoratori precari. (idee in via di principio da condividere, ma anch’esse nate non da una conoscenza precisa della realtà d’impresa in Calabria). Infatti sarebbe interessante conoscere i dati di chi ha usufruito dei contributi e per quanti lavoratori.
Sono scelte, questa è la verità, che non funzionano e che mortificano i giovani calabresi.
I giovani, per come constatiamo da anni, purtroppo, alla prima possibilità di lavoro fuori dalla Calabria, scappano e vanno soprattutto all’estero, specialmente le menti migliori.
Le scelte di Occhiuto non sono frutto d’ingenuità politica, ma nascono da ideali, politiche e scelte di economia proprie della destra. La cultura di destra è per l’esaltazione del libero mercato, che ritiene fondamentale regolatore dell’organizzazione del lavoro, ma anche della società. (La destra considera che ogni persona avrà la possibilità di realizzare il diritto al lavoro proprio nella società del libero mercato; che la persona dovrà accettare le leggi del mercato che fanno del lavoro una variabile dipendente che contempla la possibilità di profonde modifiche della qualità dello status di lavoratore (guadagno, orari, mansioni e anche la perdita del lavoro, quali condizioni normali nel corso della vita lavorativa). La società del libero mercato, invece, come constatiamo, non riesce a realizzare il diritto al lavoro, anzi produce un numero enorme di persone che non riescono a godere di tale diritto, e anche, spesso, a un numero di lavoratrici e lavoratori che subiscono una inaccettabile condizione di bassa remunerazione, di qualità e tempi di lavoro e di condizioni d’insicurezza intollerabili. Il lavoro non è per la destra un diritto della persona in quanto tale, per come la Costituzione italiana, art. 1-2-3-4 e 41 sancisce, e per come ugualmente la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani agli art. 22-23 e 25 consacra, ma un’opportunità che ogni singolo individuo, entrando anche in competizione con altri, dovrà conquistare. Nei fatti la destra prova a realizzare quanto professa e lo fa quando governa: esaltando il ruolo del libero mercato, anche con politiche illiberali.
La destra ritiene che le condizioni di inoccupato, disoccupato, ma anche di povero, salvo particolarissime situazioni, vedi inabilità o limitazioni personali oggettive, siano dovute alle incapacità individuali di persone che non s’impegnano nel trovare lavoro; o non sono capaci di vincere nella competizione; o non s’accontentano; o non vogliono andare fuori dalla propria regione e nel mondo; e anche di chi pretende un lavoro consono alla qualità e alle competenze acquisite (laurea, diploma, corsi professionali, ecc.). Insomma chi non ha lavoro è per sua colpa, perchè mancanza di sagacia, d’intraprendenza (non ci sa fare, non ha il coraggio di rischiare).
Ma la stragrande maggioranza di chi non ha il lavoro sa, al contrario, di non avere colpe. Sa che questa società, violando la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, le leggi degli stati (la Costituzione italiana), nega il diritto al lavoro.
Negando il lavoro si nega la dignità, elemento cardine della costruzione dei diritti umani. L’Italia ha il dovere Costituzionale del rispetto e della qualità propria posseduta da ogni persona unicamente per essere tale. Lo Stato, in virtù dei principi costituzionali, ha l’obbligo di garantire che nessuno scenda al di sotto di condizioni di vita “dignitose”.
Ora se una persona, o una famiglia non hanno di che vivere e la dignità è quotidianamente violata, dovrebbe essere normale che la comunità, attraverso le istituzioni dello Sato, provvedi con ogni servizio pubblico e con un reddito economico per recuperare la dignità.
La destra dice, l’ha ripetuto la Presidente del Consiglio dei Ministri al recente meeting di Comunione e Liberazione, che la dignità la persona l’ottiene attraverso il lavoro. Siamo d’accordo. Ma domando, se il lavoro per tanti non si rende possibile, peraltro non per colpa dei senza lavoro, e questi vivono ben al di sotto della soglia di dignità, che si fa? Li mettiamo in lista d’attesa, senza un tempo definito, in condizione di povertà, o proviamo, per come ritengo giusto ad assicurare la dignità, anche attraverso un reddito?
Ha pertanto ragione l’On. Prof. Pasquale Tridico, prossimo Presidente della Regione Calabria, che propone per i Calabresi senza dignità un reddito.
Diceva il grande Presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini “Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero”.
“Gli uomini, per essere liberi, è necessario prima di tutto che siano liberati dall’incubo del bisogno”.
“Gli affamati ed i disoccupati sono il materiale con il quale si edificano le dittature”.
*Già assessore comunale
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