Referendum 12 giugno, l'avv. Truncé illustra le ragioni dei cinque sì

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L'Avvocato Aldo Truncé
  07 giugno 2022 19:13

Raramente abbiamo assistito ad un silenzio tombale sui referendum come accade  invece per questa chiamata alle urne del prossimo 12 giugno. 
Solo da qualche giorno, finalmente, sembra smuoversi il dibattito pubblico, ed è un bene, perché mai come in questo momento i cittadini hanno una chance imperdibile per poter finalmente cambiare l’asse di rotazione del pianeta giustizia, visto che le questioni in campo sono davvero cruciali. 

Il tema fondamentale che riguarda davvero tutti, è quello della separazione delle carriere dei magistrati giudicanti da quelli inquirenti/requirenti. Un processo equo è quello in cui il giudice è in rapporto di equidistanza con pubblico ministero ed avvocato. 
La contiguità, anche fisica, tra giudici e pubblici ministeri potrebbe condizionare i primi verso un appiattimento sulle tesi dei pm. Non è normale che le Procure abbiano sede presso i Tribunali e che si debbano vedere pm circolare nei corridoi delle cancellerie dei giudicanti, eppure è proprio ciò che succede nel nostro Paese, l’unico che registra questa grave anomalia in Europa. 

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Oggi abbiamo Giudici che hanno svestito i panni del pm dopo un decennio e che inevitabilmente pagano il prezzo, umano, della costruzione di una forma mentis accusatoria.

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Nella partita del processo, noi avvocati portiamo la palla (i mezzi tecnici difensivi) ma il pm a volte porta l’arbitro, cioè il collega con cui ha lavorato fianco a fianco condividendo visioni procedurali e scelte che invece dovrebbero restare completamente autonome. 

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Sì, quindi alla separazione rigida delle carriere tra giudici e pm, che non dovranno mai più cambiare la loro funzione, nel corso della loro carriera. 
Altro tema centrale è quello del divieto di custodia cautelare quando vi è l’esigenza di prevenire il pericolo di reiterazione. Perché votare sì? Perché siamo stufi dell’abuso di misure coercitive, quando, statistiche alla mano, ogni anno in Italia finiscono in carcere mille innocenti in attesa di un processo nel quale verranno assolti. Sono milioni gli euro di risarcimento che lo Stato Italiano paga in conseguenza dell’abuso della cattura pre-processuale. Attenzione, ciò non vuol dire lasciare in libertà i sodali di gruppi criminali organizzati o gli autori di reati gravi. Il sì al referendum non modifica la norma che consente la custodia cautelare per questa tipologia di indagati. Non si abbasseranno i livelli di sicurezza, ma si eviterà l’ingresso in carcere, ingiusto, di innocenti che oggi, purtroppo, sono costretti ad aspettare il verdetto in carcere. 


Ancora, un “sì” è doveroso per abrogare la norma che vieta agli avvocati e ai professori universitari di esprimere il loro giudizio sulla professionalità dei magistrati all’interno dei Consigli Giudiziari. Questo è uno di quei quesiti che appaiono più tecnici e che rischiano di far disertare le urne, perché alla maggior parte della cittadinanza poco importa delle valutazioni professionali dei magistrati. 

E invece deve importarvi, eccome, perché domani quel giudice che oggi avanza di carriera indisturbato anche se poco aggiornato o preparato, potrebbe giudicare proprio chi, non andando a votare, ha avallato questo sistema di scalata di carriera incontrollato. Oggi, infatti, il 99 per cento dei giudici ha scatti di carriera pressochè automatici, perché viene giudicato dai suoi colleghi che compongono il Consiglio Giudiziario, che, vuoi per solidarietà, vuoi per evitare inimicizie, non esprimono mai voti negativi. Oggi gli avvocati ed i professori universitari di diritto, siedono già nei consigli giudiziari distrettuali, ma non possono assistere alle deliberazioni dei voti sulla professionalità dei magistrati e questa è una cosa davvero antipatica, che rende settaria l’amministrazione della giustizia. Nessuno, meglio di un avvocato, può esprimere una valutazione sulla professionalità del giudice. Votare sì, significa scegliere di avere una giustizia amministrata da magistrati preparati, all’altezza del ruolo che rivestono.

Ancora un “Sì” è la scelta giusta per abrogare la raccolta di firme che un giudice deve raccogliere, tra i colleghi, per candidarsi al CSM. Fino ad oggi la raccolta di firme ha fatto sì che si creasse il gioco delle correnti, con le conseguenze ben note. Attenzione, questo non è un quesito dall’importanza residuale, perché è il primo passo per l’abolizione delle correnti e per una rivincita dei giudici che meritano di ricoprire ruoli di vertice solo per le loro doti e qualità, senza che si debbano “schierare” in una corrente politica interna alla magistratura. Votare “sì” significa avere una magistratura più libera e meritocratica.

L’ultimo Sì è per l’abrogazione della Legge Severino, che prevede l’incandidabilità di parlamentari, consiglieri regionali e amministratori locali in caso di condanna. Nel breve tempo di vigenza della legge, è accaduto che il pubblico ufficiale, sospeso, costretto alle dimissioni, o comunque danneggiato, sia poi stato assolto in appello, perché risultato innocente. In quei casi non sono state rovinate solo carriere politiche, ma anche vite private, con intrusioni indebite. 

Votare sì significa cancellare questo automatismo e restituire ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici.

Ancora una volta, il giudice al centro, ed il suo potere, che se esercitato in modo equilibrato può restituire dignità, forza e vigore a quel gigante malato della giustizia, e questo anche grazie ai quesiti del referendum del prossimo 12 giugno, che non saranno la cura risolutiva, ma sono il primo passo verso la strada della guarigione. 

Un sì, deciso, allora, ai cinque quesiti!


Avv. Aldo Truncé

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