di MARIA GRAZIA LEO
La Corte Costituzionale si è concessa quasi 48 ore di tempo per discutere e valutare l’ammissibilità di 8 referendum abrogativi, presentati da comitati promotori civici, da alcuni partiti politici e consigli regionali. Di questi 5 -tutti sul tema giustizia- sono stati dichiarati ammissibili, poiché non appartenenti ad una delle quattro categorie che secondo l’art.75 della Costituzione non possono essere sottoposte al giudizio popolare: leggi tributarie, leggi di bilancio, leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, leggi di amnistia e di indulto, oltre alle cause implicite che si ricavano dai principi costituzionali e dall’istituto referendario stesso. Ma entriamo nel vivo dei contenuti, relativi ai contenuti ammessi:
In realtà si dovrebbe parlare più di distinzioni di funzione che di separazione di carriere come già la consulta segnalò e corresse in un‘altra decisione sul tema, questo perché nella Costituzione entrambi P.M. e giudici appartengono ad uno stesso ordine. Per cui se ad oggi il passaggio dall’uno all’altro campo è possibile per quattro volte, con l’esito positivo del quesito tutto questo si cancellerebbe e la scelta si renderebbe subito definitiva ad inizio della carriera. Da ricordare che –nelle recentissima proposta di riforma della Giustizia- il ministro Marta Cartabia ha previsto un riduzione dei passaggi da Pm a Giudice solamente per due volte.
Spetterà pertanto ai cittadini/elettori pronunciarsi con un Sì o con un No sulla consultazione, che verrà indetta in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno 2022. Ricordiamo che i referendum saranno validi solo se si raggiungerà il quorum dei votanti previsto dalla Costituzione (art.75 ) nella metà più uno degli aventi diritto al voto e con la maggioranza dei voti validamente espressi.
Non possiamo esimerci dal ricordare i tre referendum che la Consulta ha dichiarato inammissibili: a) responsabilità civile diretta dei magistrati; b) depenalizzazione della coltivazione della cannabis non destinata allo spaccio e sanzioni amministrative in tema di droghe; c) eutanasia legale attraverso la depenalizzazione parziale dell’omicidio del consenziente.
A motivare questa decisione è stato il Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato: “Leggere o sentire che chi ha preso la decisione sull’eutanasia non sa cosa sia la sofferenza mi ha ferito”. Per i giudici costituzionali il quesito è stato formulato male, in quanto si trattava di decidere sull’omicidio del consenziente, che sarebbe stato lecito in casi ben più numerosi dell’eutanasia.
Sulla cannabis dalla Consulta è stata ravvisato un quesito non scritto bene, perché la proposta abrogativa non era destinata alla cannabis ma alle sostanze stupefacenti o droghe pesanti come coca, papavero e questo avrebbe comportato una violazione degli obblighi internazionali.
Ora spetterà al Parlamento prendere una posizione e dare legittimazione ad un problema e ad un tema valoriale che sussiste comunque. “Altrimenti se il legislatore continuerà nel non decidere si potranno –ha affermato Amato- alimentare dissensi corrosivi per la coesione sociale”
Infine, sul referendum relativo alla responsabilità diretta di giudici per gli errori giudiziari commessi, che avrebbe comportato l’abrogazione dell’intervento sostitutivo dello Stato in alcuni casi, il Presidente della Corte Costituzionale ha spiegato che in realtà il quesito non era abrogativo ma direttamente propositivo, quindi inammissibile perché non previsto nel nostro ordinamento giuridico.
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