Imputati il boss di Brancaccio Graviano e Rocco Santo Filippone
06 maggio 2021 16:05Inizierà il 6 luglio prossimo davanti alla Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria il processo "'Ndrangheta stragista" che nel luglio scorso si era concluso, in primo grado, con la condanna all'ergastolo del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e di Rocco Santo Filippone, ritenuto espressione della cosca Piromalli di Gioia Tauro. Entrambi sono stati ritenuti mandanti degli attentati ai carabinieri compiuti in Calabria tra il 1993 e il 1994 in uno dei quali, il 18 gennaio 1994, nei pressi dello svincolo di Scilla dell'autostrada A3, morirono i militari Antonino Fava e Vincenzo Garofalo.
Agguati, secondo l'accusa, inseriti nell'ambito della strategia stragista portata avanti da mafia e 'ndrangheta nei primi anni '90. Il processo d'appello si celebrerà davanti alla Prima sezione della Corte d'Assise di Reggio Calabria presieduta dal giudice Bruno Muscolo. Il processo "'Ndrangheta stragista" è nato da un'inchiesta del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo con il coordinamento del procuratore Giovanni Bombardieri che l'anno scorso hanno visto confermato il loro impianto accusatorio dalla Corte d'Assise di Reggio che ha emesso una sentenza storica. "Le conclusioni cui è pervenuta questa Corte in ordine alla responsabilità degli imputati - aveva scritto il giudice Ornella Pastore - costituiscono soltanto un primo approdo, dal momento che la complessa istruttoria dibattimentale, ivi comprese le dichiarazioni di Giuseppe Graviano, lascia intravedere il coinvolgimento di ulteriori soggetti che hanno concorso nella ideazione e deliberazione degli eventi in esame. Ciò che si ricava è che dietro tutto ciò non vi sono state soltanto le organizzazioni criminali, ma anche tutta una serie di soggetti provenienti da differenti contesti (politici, massonici, servizi segreti), che hanno agito al fine di destabilizzare lo Stato per ottenere anch'essi vantaggi di vario genere, approfittando anche di un momento di crisi dei partiti tradizionali".
Dalla sentenza di primo grado, infatti, emerge che per le stragi che hanno insanguinato il Paese all'inizio degli anni novanta ci sarebbero anche "mandanti politici" rimasti impuniti. "Non può affatto escludersi, anzi appare piuttosto assai probabile - aveva scritto la Corte d'Assise - che dietro tali avvenimenti vi fossero dei mandanti politici che, attraverso la 'strategia della tensione', volevano evitare l'avvento al potere delle sinistre, temuto anche dalle organizzazioni criminali, che erano riuscite con i precedenti referenti politici a godere di benefici e agevolazioni. Si può, quindi, affermare che in tale circostanza si era venuta a creare una sorta di convergenza di interessi tra vari settori che hanno sostenuto ideologicamente la strategia stragista di Cosa Nostra". Contro questa sentenza, depositata lo scorso gennaio, hanno fatto appello le difese Graviano e Filippone assistiti dagli avvocati Giuseppe Aloisio, Guido Contestabile e Paolo Becatti. A distanza di quasi un anno dalla condanna all'ergastolo, quindi, si torna in aula per il processo d'Appello.
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