Ci penseranno i miei elettori e i miei avvocati a dare le giuste risposte al piccolo Robespierre ligure che vorrebbe avvolgere in un clima di terrore la Calabria. L’insulso agguato del senatore Morra non mi intimidisce e non intimidisce le tantissime persone che mi conoscono da oltre 35 anni e che in queste ore mi stanno facendo sentire la loro vicinanza e la loro solidarietà. Morra consuma una vendetta personale perché non mi ha perdonato di averlo chiamato “giacobino di periferia” quando, in preda al delirio, aveva sostenuto che tenere un rosario in tasca equivaleva ad essere mafioso, con lo scopo di colpire l’allora ministro dell’interno Salvini.
Saranno i calabresi e le urne a dire se sarò degno di essere ancora consigliere regionale. Sono in campo, con la grinta e la forza di sempre, nonostante l’entrata a gamba tesa di una persona non degna di sedere in Parlamento. Non sarà certo un paracadutato, un nominato senza alcun contatto con la gente, un untore che si scaglia con odio contro innocenti, ad impedire che sia democraticamente eletto.
Delle sue angherie e dell’uso personale che fa delle istituzioni, ne risponderà nelle sedi più opportune, dove dimostrerò non solo la mia correttezza in oltre 35 anni di politica, ma soprattutto l’obiettivo politico perseguito dal Morra. Che, come tutti i Robespierre, vedrà ritorcersi contro sè stesso il male che ha seminato.
Domenico Tallini
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