Nel disastro della sanità calabrese, un ruolo centrale quanto infausto è stato giocato dalla (dis)organizzazione e scarsa efficienza del dipartimento regionale Tutela della Salute. Come in una holding, il dipartimento avrebbe dovuto coordinare le cinque aziende sanitarie provinciali e le quattro aziende ospedaliere calabresi che invece, spesso autonomamente, hanno contribuito ad affossare il servizio sanitario regionale. Per anni il sindacato CSA-Cisal ha fatto emergere il macroscopico paradosso di un dipartimento a corto di personale di ruolo, tanto da far sistematico ricorso agli utilizzi da enti esterni che da temporanei sono diventati pluriennali, che tuttavia ogni anno si trova a dover gestire oltre il 60 per cento dell’intero bilancio regionale.
OK AL RAFFORZAMENTO DEL DIPARTIMENTO SALUTE, MA NON SI VESTI UN SANTO SVESTENDONE UN ALTRO - Il direttore generale Francesco Bevere prima nel corso dell’audizione alla Camera dei deputati in merito all’esame del nuovo Decreto Calabria e poi in un più recente incontro in videoconferenza con le organizzazioni sindacali ha voluto ribadire l’intenzione di aumentare il contingente di personale a disposizione del dipartimento Tutela della Salute. Il sindacato CSA-Cisal non può che essere d’accordo con la necessità di rafforzarlo. Attenzione, però, non dovrà trattarsi di una mera operazione quantitativa e, soprattutto, non si deve vestire un santo svestendone un altro. Il modo fin qui adottato per il “reclutamento” del personale regionale sembra a tutti gli effetti una mobilità d’ufficio mascherata senza particolari garanzie nei confronti dei lavoratori in procinto di essere spostati né, tanto meno, una garanzia di effettivo miglioramento della qualità delle prestazioni del dipartimento. Guai a reclutare personale giusto per tappare buchi. La vera inefficienza di un dipartimento privo di personale è da attribuire esclusivamente all’Amministrazione che nel tempo non ha saputo riorganizzare i dipartimenti regionali. E il problema non riguarda solo quello di Tutela della Salute, ma ne investe anche di altri che si ritrovano spesso con un organico ridotto all’osso. Basti pensare che presso alcuni settori viene utilizzato del personale già posto in quiescenza con contratti di “collaborazione a titolo gratuito” perché non si è stati in grado di programmare (per tempo) il necessario affiancamento di chi doveva prendere il loro posto.
IL PERSONALE POTENZIALMENTE COINVOLTO E LA MOBILITA’ D’UFFICIO MASCHERATA - Il dg, almeno a parole, aveva indicato l’obiettivo di integrare il dipartimento con ulteriori 100/120 unità. Da quanto risulta al sindacato CSA-Cisal, a seguito di una riunione del Comitato di direzione (l’organismo in cui si riuniscono i direttori generali dei dipartimenti) il personale “concordato” da inviare al dipartimento Tutela della Salute sarebbe di sessanta unità, così suddiviso: 25 D3 (amministrativi), 10 D1 (amministrativi), 10 C (amministrativi), 5 C (informatici), 7 B1 e 3 B3. Finora è stato trasmesso dapprima l’elenco dei dieci dipendenti di categoria B. E tralasciamo, per carità di patria, l’esito di alcuni colloqui “imbarazzanti” alla presenza del dg Bevere, dove è apparso chiaramente che i dipendenti siano stati catapultati – con appena una chiamata – a dover far i conti con la possibilità di essere trasferiti senza alcuna preventiva consultazione. Da poco i direttori generali degli altri dipartimenti hanno trasmesso gli elenchi dei lavoratori di categoria C e D. Trentadue lavoratori in tutto, sedici C e sedici D.
LE GARANZIE MANCANTI AI LAVORATORI (E AL VERO POTENZIAMENTO DEL DIPARTIMENTO) - La parte meno convincente dell’operazione riguarda le garanzie ai dipendenti. Il dg Bevere si è limitato ad indicare un “progetto formativo” senza ulteriori specificazioni. Ma per fare che? Quali saranno le materie e i settori a cui verranno destinati i lavoratori scelti così sommariamente? L’impressione – sottolinea il sindacato CSA-Cisal – è che la procedura sia partita dalla fine e non dall’inizio. Cioè si è partiti dal numero di persone da individuare tanto per fare massa, ma non – come si sarebbe dovuto fare – da quali settori del dipartimento Tutela della Salute rafforzare. Solo così invece, si avrebbe avuto un quadro più chiaro delle professionalità e competenze necessarie. Infatti, con queste informazioni preliminari i vari direttori generali degli altri dipartimenti avrebbero potuto individuare quelle unità – a patto di non depotenziare i propri uffici – più adeguate alla causa del dipartimento Salute. E, per altro verso, i potenziali candidati al trasferimento avrebbero messo a disposizione le rispettive qualità e conoscenze. Invece così è come pescare alla cieca. Dipendenti che hanno fatto tutt’altro nella propria carriera lavorativa si ritroverebbero improvvisamente a maneggiare i flussi informativi sui Livelli essenziali di assistenza o tutta la complicata e delicata regolamentazione del sistema di autorizzazione e accreditamento delle strutture private per non parlare della gestione della contabilità della sanità calabrese. Sarebbe come mettere un operaio della Fiat a maneggiare i titoli dei risparmiatori in una società di gestione del risparmio. Per questo – afferma il sindacato CSA-Cisal – prima di procedere oltre con le mobilità è necessario che ai lavoratori sia specificato quale tipologia di corso di formazione sono destinati a seguire in modo tale da garantire da un lato il loro effettivo accrescimento di competenze che poi potranno utilizzare come proprio bagaglio professionale e dall’altro che gli stessi siano effettivamente pronti a dar manforte al malconcio dipartimento regionale Tutela della Salute.
LA DECISIONE SUI TEMPORANEAMENTE UTILIZZATI E LA GIUSTA VALORIZZAZIONE DEI LAVORATORI - Visto che si tratta di una riorganizzazione complessiva tout court del dipartimento Tutela della Salute riteniamo altresì necessario mettere un punto fermo sui temporanei utilizzi. Come già richiesto in passato dal sindacato CSA-Cisal, quel personale che presta servizio “part time”, alcuni solo per qualche giorno alla settimana, non crediamo possa essere ancora confermato, non fosse altro perché è stato dimostrato non poter essere effettivamente utile alla causa del dipartimento. Risolto questo nodo è evidente che per gli altri, che invece prestano servizio ogni giorno, si debba prendere una decisione definitiva perché continuare a chiamarli “temporanei” dopo più di dieci anni di “prestito” da altri enti sembra una barzelletta e, a proposito, incombe la scadenza del prossimo 31 dicembre. Chiarito anche questo aspetto, l’appello non può che essere quello di correggere queste storture del piano di rafforzamento del dipartimento Tutela della Salute. Non vorremmo che questa grande operazione sia soltanto di facciata per il direttore generale affinché possa giustificare il bonus aggiuntivo di 45 mila euro, oltre allo stipendio “ordinario”. Da quando è arrivato (a luglio), non si è occupato direttamente della gestione del Covid e, come emerge dal verbale dei ministeri che vigilano sul piano di rientro, il rapporto con la struttura commissariale (quando c’era Saverio Cotticelli, almeno) è addirittura “peggiorato”. Ha avuto quindi tutto il tempo per predisporre la riorganizzazione del dipartimento. Se questo è l’impianto c’è ancora molto da cambiare. I lavoratori – conclude il sindacato CSA-Cisal – non sono pedine da muovere a piacimento ma vanno valorizzate al meglio sia perché è un loro diritto e sia perché se veramente si vuole risollevare la sanità calabrese devono essere veramente motivati e messi nelle condizioni di dare il meglio. Queste condizioni ancora non sembrano esserci. La deportazione di massa non ha alcun senso. Oggi purtroppo constatiamo che per l’Amministrazione i lavoratori sono soltanto dei numeri, trasferiti dispoticamente in un dipartimento da loro né desiderato né prescelto.
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