Il racconto del sindacato CSA-Cisal sulla dipendente del dipartimento regionale di Tutela della Salute
17 settembre 2020 13:53"Non c’è immagine più brutta da sopportare che un’inspiegabile ingiustizia. Ancor di più quando è (malamente) motivata e soprattutto se colpisce le persone più fragili. All’interno del dipartimento Tutela della Salute – denuncia il sindacato CSA-Cisal – si sta consumando un episodio che racchiude tutte queste brutte caratteristiche. Una dipendente regionale, con noti e gravi problemi di salute, sta subendo un indecoroso trattamento da parte dei superiori. Il sindacato, per rispetto della privacy della lavoratrice non renderà note informazioni sensibili, ma ovviamente non può tacere di fronte a un caso così delicato, ovviamente a tutela della stessa.
Con una mail inviata alle 20.55 di martedì 15 settembre, il dirigente del settore di riferimento della dipendente informa quest’ultima del fatto che “è in atto una riorganizzazione delle postazioni del Dipartimento necessaria anche al fine di assicurare il rispetto delle misure di sicurezza correlate all’emergenza Covid-19. Nell’ambito della suddetta riorganizzazione – prosegue la comunicazione –, c’è la necessità per la direzione di disporre della stanza a te assegnata”. “Ti chiedo di contattare me o il personale del settore – prosegue la mail del dirigente – per avere indicazioni ai fini di uno spostamento dei tuoi oggetti personali presso la diversa postazione che ti verrà indicata. Ovviamente potrai anche delegare qualcuno evitando di venire tu personalmente presso i locali della Cittadella. Ti chiedo un cortese riscontro al più presto, dovendosi procedere entro questa settimana”. Abbiamo voluto riprodurre pressoché integralmente il contenuto della mail – spiega il sindacato CSA-Cisal – in modo tale da comprendere, per le ragioni che verranno adesso spiegate, la gravità, l’offensività e la disumanità di una comunicazione di questo tenore.
La dipendente a cui si chiede di fare armi e bagagli nel giro di qualche giorno soffre di sclerosi multipla in fase secondariamente progressiva, clinicamente accertata, che le ha provocato una severa forma di disabilità. La stanza che le era stata assegnata, per caratteristiche e posizionamento logistico, non era frutto del caso: vicino all’ascensore e ai servizi igienici e con elementi tali da rendere meno gravoso, visto il suo stato di salute e le conseguenti difficoltà a deambulare, lo svolgimento dell’attività lavorativa in ufficio. Non sarà un caso se quella postazione le è stata legittimamente assegnata dopo appena tre mesi dall’inaugurazione degli uffici della Cittadella regionale. È l’unica soluzione adatta alla lavoratrice e, lo è a maggior ragione (come scrive il dirigente) per assicurare maggiore sicurezza nella gestione dell’emergenza Covid-19, anche perché la certificazione medica già in possesso della stessa Amministrazione regionale dimostra che è un soggetto ad “un maggior rischio infettivo”. Non vorremmo che dietro questo malcelato zelo sulla riorganizzazione delle postazioni del dipartimento quella stanza non fosse diventata oggetto desiderio di qualcuno che abbia messo da parte gli scrupoli. E’ praticamente di fronte a quella del direttore generale del dipartimento. Serve a lui o al dirigente che ha scritto la comunicazione? Chiarito questo, in nome di quale riorganizzazione delle postazioni si può arrecare uno svantaggio ad una dipendente già di suo più fragile di tutti gli altri? Con che animo si può chiedere questo, all’interno di un diparrtimento che peraltro da qualche mese si dovrebbe occupare di politiche e servizi sociali? Per i capricci di qualcuno deve essere danneggiata una dipendente svantaggiata? come si può trattare una lavoratrice con tanta sufficienza tanto da intimarle di sloggiare in pochi giorni, anche “delegando” altri a prendere i suoi effetti personali? Dove è finito il rispetto per i colleghi e il rispetto umano? Il sindacato CSA-Cisal si oppone fermamente a questa che sarebbe una vergogna senza precedenti nella storia della Regione Calabria. I diritti di una persona debole subdolamente calpestati.
La lavoratrice già recentemente aveva ingoiato un boccone amaro a causa del dipartimento. Per partecipare ad un avviso di mobilità verso un altro dipartimento aveva inizialmente chiesto e ottenuto il preventivo nulla osta da parte del penultimo direttore generale. Appena arrivato il nuovo è stato revocato. E se fin qui si poteva accettare il diniego, almeno sul piano della logica organizzativa vista la carenza di personale, l’intimazione a spostarsi entro venerdì di questa settimana come fosse un pacco postale è assolutamente irricevibile.
Più volte – prosegue il sindacato CSA-Cisal – abbiamo detto come il dipartimento Salute sia fra quelli messi peggio in Regione Calabria. Pochissimi dipendenti interni, con settori cruciali scoperti, e “mantenuto” dai “temporaneamente utilizzati” nonostante debba gestire oltre il 60% del bilancio dell’Ente. Lo scarso coordinamento esercitato sulle cinque Aziende sanitarie provinciali e sulle quattro aziende ospedaliere calabresi è una falla denunciata da tutti, nonché una delle principali cause dei fallimenti della Sanità calabrese. Insomma, ci sono problemi in abbondanza e molto più urgenti di cui il direttore generale e i vari dirigenti di settore dovrebbero occuparsi piuttosto che dello spostamento della postazione di una persona che soffre di una patologia così grave. Chiediamo al dg Bevere di avocare interamente a sé la vicenda rivedendo la decisione e chiedendo scusa alla dipendente. Non crediamo che il manager scelto dalla presidente Santelli possa lasciare accadere episodi con atteggiamenti discriminatori sul posto di lavoro (di fronte la sua stanza), come questo appena raccontato. Fermi immediatamente questo scempio e venga adottata la soluzione più consona al rispetto dei diritti e della salute della dipendente disabile. In caso contrario – conclude il sindacato CSA-Cisal –, saremo costretti ad osteggiare, con tutte le forme consentite dalla legge, questo episodio che sarebbe una delle pagine più nere dei lavoratori della Regione Calabria".
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