Sono proseguite oggi le arringhe difensive innanzi al Tribunale penale di Lamezia Terme in composizione collegiale (Pres Dott.ssa Silvestri a latere Dott.ssa Foresta e Dott.ssa Maria Giulia Agosti), nell'ambito del processo "Reventinum" a carico di Marco Gallo per il reato di associazione di stampo mafioso e di alcuni esponenti alla presunta cosca Scalise, nel corso della quale si è proceduto alle arringhe difensive degli avvocati di parte civile Avv. Ferraro ed avv. Pino Zofrea ed degli avv.ti Francesco Siclari in difesa di Gallo Marco ed Avv. Piero Chiodo in difesa degli imputati Scalise Pino, Scalise Luciano, Scalise Antonio, Grande Carmela, Cappellano Bruno e Mingoia Salvatore Domenico.
L’Avv. Piero Chiodo nella sua vibrata arringa difensiva di circa 2 ore ha evidenziato la totale estraneità dei suoi assistiti ai reati estorsivi contestati, evidenziando in particolare l’assoluta linearità e trasparenza della condotta dei componenti della famiglia Scalise, imprenditori leader nel settore del movimento terra, oggetto di un ingiusto accanimento giudiziario, riIevando altresì che tutti i testi (presunte parti offese) escussi hanno escluso la sussistenza di alcun atto intimidatorio di natura estorsiva ai loro danni, riferendo che gli Scalise avevano sempre intrattenuto con Ioro, da almeno una decina di anni normali rapporti di lavoro all’insegna della assoluta correttezza.
Contestava, a tal riguardo la difesa dei suddetti imputati che le dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari dalle presunte parti offese sarebbero state acquisite al fascicolo del dibattimento da parte del Collegio Giudicante in violazione di Iegge, in quanto non era emersa in concreto alcuna attivita’ di subornazione e minaccia a carico dei predetti testi-p.o, riIevando altresì l’accanimento giudiziario nei confronti nella Sig.ra Grande Carmela, moglie di Scalise Pino, nei cui confronti la pubblica accisa chiedeva addirittura la pena inclemente di ben 8 anni di reclusione per il reato di estorsione, per un boccaccio di funghi sotto olio acquistato in un supermarket che le fu regalato dal titolare dell’esercizio commerciale (amico di Scalise Pino), nel momento in cui la Grande Io aveva presentato alla cassa per il pagamento.
Ancora relativamente alla posizione processuale dell’imputato Cappellano Bruno la difesa deduceva l’assoluta contraddittorieta’ delle risultanze processuaIi, rilevando in particolare che le stesse parti offese Gigliotti Giacomo e Gigliotti Aurelio non furono nemmeno in grado di identificare l’imputato facendo soltanto riferimento ad un tal Bruno.
RiIevava infine la difesa l’assoluta estraneità del Mingoia alla presunta partecipazione di quest’ultimo al presunto ma in verita’ insistente sodalizio di stampo mafioso facente capo agli Scalise.
ll Collegio rinviava infine il processo all’udienza del 19.10.23 per il prosieguo degli interventi difensivi eventuali repliche e sentenza.
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