di MARCELLO MANNA*
Lunedì le nostre ragazze e i nostri ragazzi riprenderanno la scuola in presenza riappropriandosi di quelle prime volte cui in questi mesi hanno dovuto rinunciare, della relazione con la conoscenza e i saperi, del bisogno di ritrovarsi e costruire il proprio spazio per autodeterminarsi.
Nell’epoca del tempo sospeso, della storia collettiva che collima con quella individuale, ci troviamo a dover fornire loro gli strumenti necessari affinché possano realizzare il loro essere nel mondo, il loro diritto ad essere cittadini del mondo.
Avranno modo di risvegliare quella vera passione civile, radicare in essi il sentimento del pubblico, verso una sorte comune che è amore per la politica e necessita di impegno e responsabilità, richiede quella tensione ideologica che ha segnato la nostra storia di partigiani dello stato di diritto.
Sono passati più di trent’anni dalla caduta del muro di Berlino e abbiamo in questi giorni ricordato la nascita del PCI come momento di idealità altissima, una esperienza storica di massa che dobbiamo continuare a narrare. Soprattutto alle giovani generazioni perché fu progetto di cambiamento dello stato presente delle cose per costruire il futuro. Un futuro che il Covid ci ha fatto vedere con sguardo differente. C’è bisogno di una idea che vada oltre e spingerci aldilà dei confini in cui siamo stati relegati.
A novembre del 1989, in una delle gremite assemblee che dovevano decidere se cambiare nome al PCI, Pietro Ingrao nell’esporre le ragioni del suo dissenso da Occhetto, usò un famoso apologo di Bertold Brecht, “Il sarto di Ulm”. L’artigiano, fissato nell'idea di apprestare un apparecchio che permettesse all'uomo di volare, un giorno, convinto di esserci riuscito, si presentò al vescovo e gli disse: “Eccolo, posso volare”. Il vescovo lo condusse alla finestra dell'alto palazzo e lo sfidò a dimostrarlo. Il sarto si lanciò e ovviamente si spiaccicò sul selciato. Il vescovo allora sentenziò: “Mai l’uomo volerà” Tuttavia - commenta Brecht - alcuni secoli dopo gli uomini riuscirono effettivamente a volare.
La storia del movimento deve appartenere alle future generazioni divenendo non solo un ideale cui ispirarsi, ma parte di un processo, di un movimento reale capace di cambiare lo stato delle cose esistenti: una realistica previsione sul futuro, che non evapori in un mito.
Lo sguardo delle giovani generazioni deve essere capace di costruirlo il proprio futuro, non solo di immaginarlo e di avere ali abbastanza solide per poter tornare a volare.
L’avvenire è dinanzi i loro occhi: un avvenire che, ci auguriamo, possa essere progresso continuo, uguaglianza, solidarietà e diritto di libertà, rivoluzione.
*sindaco di Rende
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