Riflessione di Silvia Marino: "La follia democratica si abbatte sulla Calabria. Ancora una volta"

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Silvia Marino
  12 giugno 2021 19:06

di SILVIA MARINO

Sia che si tratti di questioni di partito che di interventi di governo si continua a credere che la Calabria possa essere sacrificata sull’altare di alleanze fallimentari e umiliata nella guerra tra correnti dello stesso partito.

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La costruzione di una proposta politica passa, inevitabilmente, dalla definizione dei propri valori di riferimento e dalla individuazione dei contenuti delle battaglie ideali che un Partito politico decide di portare  avanti.

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La questione è che per costruire una proposta politica convincente servirebbe un Partito Democratico coraggioso.

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Un Partito attento ai temi sociali (sanità, lavoro, giustizia, Sud), capace di rappresentare il mondo del lavoro con battaglie di uguaglianza e opportunità. Pronto a rilanciare  quel dialogo sociale venuto meno tra le componenti della nostra società.

Che si fa carico di rappresentare gli esclusi che abitano le periferie geografiche e sociali delle nostre città, non per “paternalismo caritatevole quanto piuttosto perché sono considerate presenze essenziali per costruire una società più giusta” (G. Provenzano).

L’incipit della segreteria Letta era stato: “Bisogna aprire porte e finestre per far entrare nuove energie e nuovi metodi…ed il povero iscritto PD si è illuso che questo potesse valere anche per la Calabria!

Ma poi succede che il Partito Democratico nazionale in nome e per conto di quello calabrese, irrompe sulla scena, preferendo alla definizione della propria identità, la ricerca di alleanze strategiche per governare, quindi relegandosi in una posizione di subalternità rispetto a qualsiasi interlocutore, compresi populisti e populismi. Immemore che le “coalizioni di governo” si costruiscono partendo dai contenuti e dall’idea di società che si è fatta propria. In poche ore demolisce la candidatura che pure aveva proposto, con la complicità delle sardine televisive, che diventano interlocutori  privilegiati di ex ministri e partiti organizzati. Mentre gli iscritti, inutili figuranti,  attendono attoniti le notizie dalle agenzie di stampa.

Le gestioni commissariali,  che sono state necessarie a sedare le guerre intestine tra gruppi dirigenti, si sono dimostrate  incapaci di elaborare una proposta politica nuova, costruita sulla conoscenza del territorio e delle sue  peculiarità. Incapaci di stringere quel legame insondabile che lega l’individuo alla propria terra. Incapaci di sentire la passione che spinge all’approfondimento dei temi. Incapaci di avvertire la rabbia che stimola la ricerca di soluzioni.

L’approccio superficiale e saccente tenuto dai tanti “emissari” - costretti a venire in Calabria, a dirimere questioni di partito o delegati da un qualche governo (sanità sic!) - è diventato inaccettabile per ogni calabrese.

L’approccio è troppo tiepido, per un Partito che deve trovare il modo di riconciliarsi con la società calabrese, per la mediocre qualità dell’azione di governo delle ultime legislature, la scarsa qualità dell’elaborazione politica, l’inadeguatezza della classe dirigente, scelta secondo criteri di fedeltà piuttosto che di merito.

Affinchè nulla cambi. Al solo scopo di mantenere postazioni di potere utili a soddisfare ambizioni personali piuttosto che mettere in campo soluzioni collettive.

Tra pochi mesi i calabresi dovranno affrontare nuove elezioni regionali, in una situazione di grande disagio sociale, sanitario ed economico.

Serve una classe dirigente rinnovata, che nelle istituzioni come nell’organizzazione del partito, sappia essere il punto di riferimento di quelle componenti sociali  che cercano riferimenti e rappresentanza, di quei  pezzi di società sofferente ed impoverita ai margini delle nostre città.

Serve innovazione nei metodi di lavoro, nei contenuti e nella rappresentanza. Non è discontinuità candidare un figlio al posto del padre. Non si candidano i cognomi, si candidano le capacità. Bisogna abbandonare le prospettive personali per assumere una prospettiva collettiva, nella quale ognuno si possa riconoscere.

Una politica sana, in questo momento, avrebbe perfezionato i contenuti della proposta di governo, perché saranno i contenuti a consentire la realizzazione delle riforme necessarie ad eliminare i divari strutturali e sociali che impediscono alla Calabria di vivere una storia dignitosa. Avrebbe selezionato le competenze per governare le opportunità che sono già sul tavolo.

Si potrebbe pensare alla Calabria come al Distretto dell’Alta Formazione per il Mezzogiorno, integrando offerta turistica e attività formative.

Potenziare l’offerta di servizi: alle persone, alle famiglie (es. servizi per l’infanzia che consentirebbe alle donne di poter lavorare), alle fasce fragili della popolazione ed alle imprese.

Un gruppo dirigente serio, sia nazionale che locale, si farebbe carico dei problemi di questa terra e non passerebbe le giornate ad ordire trame fallimentari. Con compagni di scarsa qualità.

Un gruppo dirigente serio prediligerebbe il confronto con chi lavora sul territorio, chiederebbe l’impegno dei Sindaci. Magari di quelli bravi.

La politica non vuole capacitarsi che in gioco non ci sono solo i destini personali di un ceto politico, ma i destini di intere generazioni di individui, marginalizzati da una politica autoreferenziale e mediocre.

Intanto i calabresi osservano attoniti e stavolta non perdoneranno.

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