Rinascita Scott a Rebibbia. Talerico: "E' ora che si levi la voce dell'avvocatura e della magistratura calabrese"

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L'avvocato Antonello Talerico
  05 ottobre 2020 17:05

di ANTONELLO TALERICO*

L’apparente scontro intervenuto sulla stampa in questi giorni tra le camere penali territoriali di Catanzaro e Vibo Valentia e la Giunta sezionale dell’ANM di Catanzaro (sulle modalità e condizioni di celebrazione del processo Rinascita Scott a Rebibbia), merita un intervento anche da parte del Consiglio dell’Ordine Distrettuale degli Avvocati di Catanzaro, chiamato in causa da ANM attraverso il proprio comunicato.

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Corrisponde al vero il fatto che il COA di Catanzaro abbia partecipato a talune sedute nell’ambito dell’operatività della conferenza permanente, su invito del Presidente della Corte di Appello di Catanzaro e, con la partecipazione del Ministero della Giustizia, della Procura Generale e della Procura della Repubblica di Catanzaro.

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In tale contesto l’Ordine forense ha sempre sostenuto che il processo Rinascita Scott dovesse celebrarsi in Calabria e, possibilmente a Catanzaro (laddove si fosse individuata tempestivamente una struttura idonea), senza dare alcun assenso alla celebrazione del processo fuori Regione.

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Ma in Calabria, la terra dei processi di ndrangheta, lo Stato non ha inteso realizzare quell’aula bunker di dimensioni e caratteristiche idonee per la trattazione dei maxi processi, più volte sollecitata al Ministero della Giustizia, anche da parte del Presidente della Corte di Appello di Catanzaro, Domenico Introcaso, il quale già in data 29 marzo 2019 aveva comunicato al Capo Gabinetto e al Capo Dipartimento del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria la necessità di reperire con urgenza strutture idonee ex art. 145 bis dip. Att. C.p.p. per la celebrazione dei processi di criminalità organizzata, anche nella prospettiva del ben noto processo Rinascita Scott.

I vari incontri che seguirono non condussero ad alcun risultato concreto e, l’interlocuzione tra le autorità giudiziarie locali e quelle dell’apparato amministrativo centrale andarono avanti sino al mese di luglio 2020, evidenziandosi nelle varie sedute le gravi criticità connesse alle soluzioni prospettate dagli apparati centrali dello Stato, inspiegabilmente rimasti inadempienti rispetto alle sollecitazioni provenienti anche da parte delle autorità giudiziarie (Corte di Appello e Procura della Repubblica) del capoluogo (che avevano lavorato anche per realizzare l’aula bunker a Catanzaro nei pressi del Tribunale per i Minorenni).

Sennonchè, il Ministero della Giustizia, dapprima, ritardava una corretta istruttoria per l’individuazione di un’Aula bunker nel Distretto di Corte di appello di Catanzaro, perdendo anche l’occasione di utilizzare le tensostrutture della Protezione Civile (proposta anche dagli Avvocati) che avrebbero potuto consentire la celebrazione del processo in Calabria, salvo poi proporre la soluzione della struttura polivalente di Vibo Valentia, anch’essa rivelatasi inidonea e, di poi la struttura di Fondazione Terina, anch’essa però non attrezzata tempestivamente dagli apparati burocratici dello Stato (dovrebbe essere pronta nel mese di novembre 2020), con inevitabile epilogo del processo fuori sede, ovvero a Rebibbia (anche lì senza il rispetto delle prescrizioni anti-covid).

Ad ogni modo il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro veniva regolarmente coinvolto, dal Presidente della Corte di Appello, nella vicenda che riguardava l’individuazione dell’Aula bunker per la celebrazione del processo Rinascita Scott, come anche per stabilire le modalità di celebrazione delle udienze nel periodo del lockdown, con ciò evidenziandosi una sinergia ed un confronto costante tra Magistratura e Avvocatura.

Tanto detto, si ritiene che il lamento delle camere penali di Catanzaro e Vibo Valentia sia assolutamente legittimo e giustificato, in quanto la scellerata gestione della vicenda “aula bunker” da parte degli apparati burocratici del Ministero della Giustizia ha determinato la celebrazione del processo fuori Regione, con tutti i disagi messi in evidenza nel comunicato degli avvocati penalisti e con un malcontento diffuso per tutti gli operatori che saranno impegnati nella “trasferta” romana.

Del resto, lo stesso richiamo fatto dalle camere penali alle dichiarazioni del Dott. Bombardieri, anziché costituire un attacco alla magistratura, sottolinea piuttosto come l’Avvocatura abbia apprezzato l’onestà intellettuale del Procuratore Bombardieri che ha, da un lato, censurato gli attacchi continui che subisce la classe forense per il sol fatto di assistere taluni indagati/imputati e, dall’altro ha sottolineato come la professione del difensore sia indispensabile in un sistema democratico.

A parte ciò si aggiunga che i toni ed i termini spiegati nel comunicato delle camere penali, se letti con la giusta serenità, tratteggiano, invero, una legittima e condivisibile critica rispetto alle condizioni di celebrazione del processo Rinascita Scott che ha inteso adottare il Ministero della Giustizia, anche tenuto conto del fatto che allo stato della presunta realizzazione dell’aula bunker a Catanzaro non vi è neanche l’ombra e, che l’utilizzo dei locali della Fondazione Terina a Lamezia Terme appaiono, comunque, una soluzione del tutto provvisoria. Tutto questo è inaccettabile perché manca di rispetto al ruolo dell’Avvocato e del legittimo esercizio del diritto di difesa conformemente alle regole del processo.

Ecco perché si impone la reazione forte dell’Avvocatura, che non ha messo in discussione la terzietà del Giudice, bensì ha voluto sottolineare l’esigenza di dare credibilità al sistema giustizia ed al processo attraverso un documento criticamente costruttivo di natura politico-giudiziaria. Del resto, anche ANM in più occasioni è intervenuta con dichiarazioni forti anche contro il Ministro della Giustizia, senza subire alcuna censura, allorquando ha voluto mettere in risalto talune contraddizioni.

Difatti, la Giunta esecutiva di ANM ebbe a definirsi (nella c.d. fase 2 del periodo covid) «sconcertata» dall’alluvione di atti normativi prodotta dal governo, norme «irrazionali», definendo «demagogico» il decreto modificato dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, nonché «privo di progettualità e di consapevolezza delle reali esigenze organizzative del sistema giudiziario», mettendo a rischio «la salute della collettività imponendo ad alcuni lavoratori di recarsi in ufficio”.

La Magistratura in questo caso non può sentirsi accusata di alcunché, piuttosto l’Avvocatura sta subendo attacchi dagli apparati dello Stato (vds. da ultimo dal Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, da taluni Magistrati), tacciata -ingiustamente- di essere il fattore determinante delle lungaggini processuali e/o addirittura di omettere di denunciare presunte ipotesi di corruzione in atti giudiziari dei magistrati o peggio ancora di essere corresponsabile della commissione di alcuni gravi delitti.

Siamo ben oltre le insinuazioni ipotizzate dalla Giunta sezionale dell’ANM di Catanzaro rispetto al documento delle Camere penali di Catanzaro e Vibo V., perché quanto detto sopra potrebbe rappresentare un serio tentativo di delegittimare la difesa, specie in un momento storico caratterizzato dal desiderio di giustizialismo e dal diffondersi di un pericoloso populismo giudiziario, perché la spettacolarizzazione del processo, purtroppo, rischia di compromettere le sorti del processo stesso e/o di esporre il difensore ad un linciaggio mediatico, come sovente oramai avviene ingenerando nella collettività l’idea che l’Avvocato sia da identificarsi nel proprio assistito, ovvero un elemento di intralcio alla giustizia di cui PM e Giudice ne sarebbero gli unici garanti e attuatori.

Sarebbe auspicabile che la voce dell’Avvocatura si levasse partendo proprio dalla nostra martoriata Regione, colpita nell’ultimo anno da vicende che hanno messo in discussione financo il rapporto tra Magistratura e Avvocatura con il serio rischio – inconsapevole – di determinare una grave tensione tra i principali attori del processo.

Per queste ed altre ragioni abbiamo bisogno di un segnale forte ed importante anche da parte del CNF, dell’OCF e dell’UCPI per la difesa della libertà dell’esercizio della professione, non già rispetto alla Magistratura (che non riteniamo assolutamente antagonista), bensì nei confronti, paradossalmente, delle scelte politiche adottate Ministero della Giustizia e del Legislatore, che sono giunti a circoscrivere sempre più il raggio di azione della difesa con l’introduzione in occasione delle varie stagioni “riformiste” di istituti di dubbia derivazione rispetto al nostro sistema costituzionale o di limitazione del diritto di difesa, anche attraverso la previsione di nuove decadenze o cavilli formali.

Ecco perché non è più una questione morale o una difesa corporativa, bensì è una esigenza di verità e di giustizia che impongono ad Avvocatura e Magistratura di ritornare ad un dialogo libero e sereno per affermare la necessità della tutela del giusto processo e del diritto penale liberale, a prescindere dalle vicende personali e/o di categoria.

*Presidente dell’Ordine Distrettuale degli Avvocati di Catanzaro

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