Rinascita Scott. Il pentito Moscato in aula: “I Mancuso avevano 'ndrine anche in Africa”

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  22 marzo 2021 18:12

di EDOARDO CORASANITI

Si torna in aula nell’aula bunker di Lamezia Terme per il processo “Rinascita Scott”, la maxi indagine contro le cosche del Vibonese scoppiata a dicembre 2019 e che vede alla sbarra oltre 330 imputati. Il microfono si accende nuovamente per Raffaele Moscato, collaboratore di giustizia, membro di spicco dei Piscopisani e oggi in collegamento dal sito riservato per la quarta udienza dedicata al suo esame. È la pm della Procura della Repubblica di Catanzaro, Annamaria Frustaci, a porgli le domande. Ma oggi è anche il giorno del riconoscimento facciale. A Moscato vengono sottoposte le fotografie di alcune persone. A lui il compito di ricordarle ed eventualmente associarle a fatti, episodi o circostanze da lui narrate. 

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Riconosce il carabiniere infedele che avrebbe raccontato delle indagini in corso: una sullo spaccio di sostanza stupefacenti (nel 2011) e sull’omicidio di Fortunato Patania. E poi anche Giuseppe Accorinti di Zungri, Giuseppe Mancuso, Pantaleone Mancuso, Saverio Razionale, Gregorio Gasparro, Santino Tripodi,  Mario Lo Riggio, Salvatore Malara, Domenico Macrì (detto Mommo), Andrea Mantella, Salvatore Morelli, Rosario Battaglia, Francesco Antonio Pardea,  Michele Fiorillo (detto Zarrillo), Francesco Fortuna, Nazareno Fiorillo.

Durante l'udienza Moscato, difeso dall’avvocato Annalisa Pisano, inizia a raccontare i rapporti con Paolo Lentini, esponente del clan degli Arena: “Conosciuto nel carcere di Frosinone nel 2013. Era a conoscenza della faida con Luni Mancuso.  A Rosario Battaglia (di Piscopio, ndr) si era proposto di fargli compare d’anello. Da lui mi sono state consegnate le doti della Santa e il Vangelo”. E così anche ai suoi rapporti con gli Arena di Isola Capo Rizzuto, alleati con i Pelle di San Luca, Mazzagatti di Catanzaro e Isola Capo Rizzuto e i Mancuso.  Dalla droga alle estorsioni: gli interessi erano a 360 gradi.  Mentre però con i Grande Aracri “non c’era un grande rapporto perché non c’era stima”.

Sulla realtà catanzarese, la pm della Procura della Repubblica guidata da Nicola Gratteri chiede chi prendesse estorsioni e controllasse gli esercizi commerciali: “Arena, Grande Aracri e quella di Borgia. Si diceva che Nicolino Grande Aracri volesse ceder una fetta di territorio di Catanzaro a Luigi Mancuso, ma quest’ultimo disse che non gli interessava. Avevano un grande rapporto. Almeno questa era la voce nel carcere”.  Rimanendo sul capoluogo di regione, il pentito descrive le dinamiche interne degli affiliati di Borgia, che sarebbero stati battezzati dai cirotani (Marincola-Farao).

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Durante l’esame emergono anche aneddoti come la raccolta fondi per Franco Coco Trovato di Milano: era detenuto al 41bis da moltissimi anni e suo figlio si adoperava per raccogliere del denaro. Moscato racconta che ne “avrebbero preso parte gli Arena e i De Stefano, non ricordo i Mancuso”.

Moscato informa il Collegio composto dai giudici Cavasino, Caputo e Romano che sulla faida tra i Piscopisani e i Mancuso ci sarebbe stato l’interesse di Ernesto Grande Aracri: “Voleva sistemare le cose e interrompere la guerra”. 
 

I Mancuso: Il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato dipinge il clan Mancuso come il più potente, capace di avere ndrine dislocate non solo a Vibo Valentia ma persino in Africa.  “I locali dei Mancuso non avevano bisogno di chiedere se fosse aperto o chiuso, loro erano i Mancuso. “Non hanno bisogno di rapportarsi con gli altri, perché a livello criminale erano già finiti, al vertice”.

Focus anche sul boss di San Gregorio d'Ippona,, Saverio Razionale: “Aveva rapporti con istituti bancari del vaticano: Michele Fiorillo e Rosario Battaglia dicevano che era diventato così importante che aveva blocchetti bancari dello Stato del Vaticano”. 

Domani inizierà il controesame da parte degli avvocati della difesa. 

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