Rinascita Scott. Il pentito Moscato in aula: "Pietro Giamborino era uno di noi"

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Giamborino Pietro
  11 marzo 2021 18:21

di EDOARDO CORASANITI

“Pietro Giamborino è uno dei nostri”.  Raffaele Moscato, collaboratore di giustizia da marzo del 2015, in passato nella cosca dei Piscopisani e condannato in via definitiva per l’omicidio del boss Fortunato Patania, lo dice nell’aula bunker di “Rinascita Scott”, il maxiprocesso contro le cosche del Vibonese. Le parole sono preso in prestito da Rosario Battaglia (detto “Sarino”) che negli anni precedenti al suo pentimento gli confessa che l’ex consigliere regionale “era stato battezzato”.

A porgli le domande è il pubblico ministero Andrea Mancuso, il quale procede per oltre 3 ore all’esame che procederà lunedì. Per ora Moscato fornisce questo dato: Pietro Giamborino, ex assessore provinciale di Vibo Valentia ed ex consigliere regionale, sarebbe stato molto vicino ai Piscopisani. Il pentito racconta dell’appoggio elettorale fornito tanto da “recarsi a casa di Battaglia subito dopo l’elezione. Inoltre, era spesso a casa sua”. Parole pesanti e che dovranno trovare riscontri esterni e validi affinché possano essere tenute in considerazione per fondare un giudizio da parte dei giudici del collegio.

Ma in cosa sarebbe consistito l’appoggio? Anche qui Moscato è chiaro: “Non ho mai sentito o saputo che i Piscopisani comprassero (ad esempio con denaro) i voti. Questo posso garantirlo”. Anche se Giamborino nel tempo avrebbe “sistemato le persone che veniva chiesto di sistemare, come un parente. E in alcuni casi poteva essere nel ruolo segretaria, o in un centro commerciale, o in uno studio d’avvocato”.

Pochi giorni fa, Pietro Giamborino (difeso dagli avvocati Anselmo Torchia e Domenico Anania) è ritornato in libertà su decisione del Tribunale della Libertà di Catanzaro. E’ accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Moscato fotografa anche la figura di Luigi Mancuso, il presunto boss della cosca di Limbadi: “Era come il “Papa” perché tutti volevano udienza da lui.  Stava sistemando il vibonese. Diceva “Basta scontri, fate la pace che garantisco io. Fare affari, senza morti e senza sangue”.

Così come anche di Andrea Mantella, l’attuale super collaboratore di giustizia che era il capo della nuova organizzazione criminale di Vibo Valentia: “Francesco Scrugli era il suo braccio destro. Mantella è sempre stato un killer temuto, come Scrugli. Avevano creato un gruppo a sé forte. Erano due persone carismatiche”.

Si torna in aula lunedì prossimo: davanti al collegio composto dai giudici Cavasino (presidente), Caputo e Romano, ci sarà di nuovo Raffaele Moscato. Dopo la conclusione della Procura, spetterà alle difese cercare di smontare e depotenziare il narrato del collaboratore di giustizia. 

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Inoltre, questa mattina, le difese hanno chiesto l’astensione del collegio: secondo gli avvocati, il contenuto della sentenza “Nemea” (depositata oggi) e la partecipazione nella stesura di 2 giudici del collegio di Rinascita Scott, renderebbe il collegio incompatibile perché “ha già formato un proprio convincimento sull’unitarietà della criminalità organizzata vibonese, sancendo Luigi Mancuso boss indiscusso”. Altri imputati invece hanno ricusato il collegio. La palla ora passa alla Corte d’Appello per la decisione.

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