Rinascita Scott. In video conferenza il killer siciliano Spatuzza: "Sinergia stragista tra calabresi e siciliani"

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images Rinascita Scott. In video conferenza il killer siciliano Spatuzza: "Sinergia stragista tra calabresi e siciliani"
Gaspare Spatuzza
  22 febbraio 2021 14:40

di EDOARDO CORASANITI

“Sinergia stragista unica tra calabresi e siciliani e anche a Napoli””. Alle 12 in punto inizia l’esame di Gaspare Spatuzza, 67 anni, siciliano, collaboratore di giustizia dal 2008. La platea a cui concedere il suo racconto è quella del processo "Rinascita-Scott", in corso nell'aula bunker di Lamezia Terme, contro le cosche del Vibonese e che vede alla sbarra 330 imputati. 

Nato e cresciuto a Brancaccio, quartiere di Palermo: è un membro dei Graviano, famiglia storica del capoluogo siciliano. Rapinatore, sicario, ladro dell’automobile che viene utilizzata come autobomba nella strage di via d’Amelio in cui muore il giudice Paolo Borsellino. È l’identikit di uno che Cosa nostra l’ha conosciuta, toccata con mano e vissuta. E ha visto e percepito di un collegamento tra omicidi di due carabinieri in Calabria (gennaio 1994) e il fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma. È in quel periodo che Giuseppe Graviano gli dice che esiste un “filone unico” per colpire i carabinieri. E nella capitale “bisognava buttarne a terra almeno 100”, mentre ““i calabresi si sono mossi”. Quest’ultima frase sarebbe stata pronunciata da Giuseppe Graviano senza però specificare a quale episodio si facesse riferimento o quali fossero i calabresi coinvolti. Spatuzza ammette che “il giorno dopo ho saputo che due carabinieri erano stato assassinati”, dice rispondendo alle domande dell’avvocato Francesco Calabrese durante il controesame. Di fatto, Graviano non disse che i carabinieri in Calabria avevano ucciso chi o come.

Gaspare Spatuzza confessa nuovamente omicidi e stragi fino al 1997, giorno in cui si stringono le manette attorno ai suoi polsi, quando già aveva incassato sentenze definitive di condanne come per l’omicidio di padre Pino Puglisi.

Attentati a Capaci, via D’Amelio, a Roma, Firenze, Milano: “Sono sempre stato uno dei partecipanti. Purtroppo”, aggiunge Spatuzza.

Il pubblico ministero Annamaria Frustaci gli chiede cosa vuol dire “essere combinato”. Spatuzza racconta di essere stato capo famiglia- capo Mandamento: “Solo dopo, nel ’95, sono stato combinato e diventato uomo d’onore. È un giuramento per prestare fedeltà alla famiglia mafiosa”.

Il collaboratore Spatuzza racconta della scalata nella mafia, dagli inizi degli anni ’80 fino alla “combinazione”, avvenuta nel Trapanese nel 1995.

Poi il cambio di vita, nel 2008, quando inizia un percorso di “ravvedimento”. Il primo step: nel 2001 prende le distanze, senza ancora iniziare la collaborazione.
 
Il cambia veste, perché sente di dover “dare giustizia alle vittime di mafia ma anche per chi era stato condannato per stragi che però non avevano commesso”. E anche “dichiarazioni autoaccusatorie per le stragi di Capaci e via D’Amelio, dalle quali io non ero ancora indagato. Sono stato condannato, se non sbaglio, a 12 anni per Capaci e 12 anni per via D’Amelio”.

Macinatura, esplosivo, confezionatura, macchine rubate. Spatuzza descrive il suo ruolo nelle stragi, come per l’uccisione del giudice Paolo Borsellino: ruba la macchina e le targa che poi esplodono in via D’Amelio.

Rapporti con la ‘ndrangheta. Il primo contatto con i calabresi che Spatuzza conosce è tra i Notargiacomo e i Brancaccio, a Palermo, nel villaggio “Euromare”. “Erano coinvolti perché erano amici del cognato di Bagarella. Durante la detenzione ho conosciuto “Mommo Molè”, di Gioia Taruo, già conosciuto dai Graviano e Mariano Agate, molto legato alla famiglia Piromalli, il quale avrebbe ricevuto due botte di 500milioni di lire ad Agate per aggiustare un processo tramite proprio la cosca calabrese.  Conosciuto altri calabresi con i quali abbiamo fatto traffico di hashish e armi per la famiglia di Brancaccio”. Spatuzza racconta anche della detenzione con Pasquale Tegano e Franco Trovato ad Ascoli Pisano. Nel 1993 il rapporto con i Nirta, che avevano bisogno di una barca per andare a prendere dell’hascisc in Marocco, e legati a Cosimo Lo Nigro.

Controesame: Hanno fatto domande per  il controesame gli avvocati Francesco Calabrese, Leopoldo Marchese, Diego Brancia e Paride Scinica. 

Prima dell'esame di Spatuzza, si è tenuto il controesame degli avvocati Francesco Calabrese e Diego Brancia ad Antonino Fiume, collaboratore di giustizia già sentito il 9 febbraio scorso. 


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