di EDOARDO CORASANITI
“Mizzau ha categoricamente escluso di essere mai stato fermato per strada da qualcuno o di essere mai stato privato della sua libertà. Tuttavia, poiché dalle telefonate che riceveva aveva compreso che i suoi interlocutori, di origine calabrese, fossero a conoscenza del luogo in cui abitasse, prestava maggiore attenzione nei suoi spostamenti”.
Venticinque pagine di motivazioni per spiegare le ragioni delle tre condanne e un’assoluzione nell’ambito di uno stralcio del processo “Rinascita Scott” davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro, ed in particolare per il sequestro dell'architetto Pio Daniele Mizzau che sarebbe avvenuto nell'estate del 2016. I giudici (presidente Alessandro Bravin, a latere Carmela Tedesco) hanno ritenuto non provato il sequestro mentre invece hanno confermato l’esistenza della tentata estorsione: a settembre scorso il presunto boss di San Gregorio d'Ippona, Saverio Razionale (difeso dagli avvocati Giovambattista Puteri e Mario Murone), e Alessandro Iannarelli (difeso dall'avvocato Elisabetta Alessandra) sono stati condannati a 5 anni e 4 mesi per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso; stesso esito per Francesco Carnovale, (che ha optato per il rito abbreviato ed è difeso dall'avvocato Gaetano Tanzi e Gabriele Romanello), condannato a 3 anni e 6 mesi.
Il collegio dei giudici popolari e togati hanno inoltre riqualificato il fatto in tentata estorsione, riconoscendo il metodo mafioso ma escludendo l'agevolazione alla cosca di 'ndrangheta (esclusione dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa ha fatto venir meno la legittimazione attiva delle costituite parti civili): manca un collegamento funzionale dell'iniziativa criminale agli interessi di una delineabile consorteria mafiosa. Assolto Salvatore Valanzise (difeso dall’avvocato Guido Contestabile e Pietro Antonio Corsaro) perché non aver commesso il fatto. Pene ridotte rispetto a quanto chiesto dalla Procura che per Valanzise, Iannarelli e Razionale voleva la condanna a 9 anni, mentre 6 per Carnovale.
Lo stralcio del processo nasce da un capo di imputazione inserito nel processo più ampio in corso d'opera davanti agli stessi magistrati e che registra 14 imputati. E' un troncone dell'Assise di Rinascita Scott, il maxi processo condotto dalla Dda del capoluogo guidata da Nicola Gratteri contro le cosche del vibonese guidate da Luigi Mancuso e che segna oltre 350 imputati davanti al tribunale collegiale di Vibo Valentia. Altri 70 sono stati condannati e 20 assolti in abbreviato lo scorso novembre.
Secondo l'accusa gli imputati avrebbero sequestrato Mizzau allo scopo di conseguire un profitto come prezzo della sua liberazione. Obiettivo della presunta azione criminale sarebbe stata la restituzione della somma di 3 milioni e 200 mila euro di una operazione finanziaria di riciclaggio. Somma mai versata dalla vittima agli uomini grazie alla ferma opposizione della vittima; circostanza che ha impedito la configurazione della consumazione del reato di estorsione ma fermandosi al tentativo. Per i giudicanti il denaro non sarebbe stato riferibile agli imputati e che quindi avrebbero agito per conto terzi. Avrebbero voluto il versamento della somma di denaro, pari a 3 milioni e 125 mila euro, che sarebbe stata impiegata per l'acquisto di un albergo, con sede in San Giovanni Rotondo, nell'anno 2004. Svelata dai giudici di primi grado i motivi per cui la parte offesa sarebbe stata presa di mira: "Era l'amministratore unico della società che risultava aver rilevato l'intero patrimonio della citata società fiduciaria e, dunque, anche la proprietà della struttura alberghiera".
“Il racconto della persona offesa - che trova piena conferma nelle conversazioni telefoniche sopra commentate, intercorse tra lo stesso Mizzau e il Dominici - ha escluso di aver mai conosciuto gli imputati, e di aver mai avuto contatti de visu con gli stessi, affermando di non essere mai stato privato della sua libertà personale”, ragioni che hanno determinato per i magistrati la convinzione di non poter condannare i tre imputati per sequestro di persona.
Un altro è il terreno su cui i giudici hanno mosso i passi per convincersi dell'esistenza del reato di tentata estorsione: "Un'attività persecutoria posta in essere dagli imputati ai danni dell'odierna persona offesa, estrinsecatasi in continue telefonate effettuate ripetutamente da Carnovale e da Iannarelli, già a far data dal mese di luglio 2016 - caratterizzate da violenza verbale - e, da ultimo, da gravi minacce di ripercussioni alla sua incolumità fisica, qualora Mizzau si fosse rifiutato di versare quantomeno un acconto della somma pretesa".
“E' provato- scrivono i giudici di primo grado- che Iannarelli, come anche Carnovale, abbia agito su incarico e sotto la direzione di Razionale, a sua volta delegato al recupero della somma di denaro in contestazione dai titolari, a suo dire, del credito azionato; soggetti questi ultimi rimasti ignoti, dei quali è dato sapere soltanto che trattavasi di persone "importanti di giù" - verosimilmente, attesa la provenienza del Razionale, di origine calabrese, "che comandano a Milano" - quindi, soggetti inseriti in circuiti criminali, posto peraltro che, secondo quanto riferito da Dominici a Mizzau, il mandante di Razionale aveva trascorso ben nove anni in detenzione carceraria".
I magistrati di Catanzaro hanno assolto Valanzise perché "non risulta che lo stesso abbia preso parte al progetto criminoso, dal momento che lo stesso non compare nella fase preparatoria, in quanto assente in ogni conversazione intercettata, non è mai citato dagli altri imputati in maniera funzionale all'azione di recupero".
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